Polli nell’oliveto, anche l’ambiente ci guadagna

polli in oliveto
Grazie alla consociazione con l’allevamento l’impatto della coltivazione dell’olivo si riduce quasi a zero: concimazione e al diserbo vengono “effettuati” dagli animali. E così si risparmia pure sul consumo di suolo

In un precedente articolo (“Polli al pascolo nell’oliveto: risparmio a tutto campo”) pubblicato sul numero 6/2014 di Olivo e Olio, abbiamo discusso i possibili vantaggi ambientali e produttivi di una consociazione tra olivicoltura e allevamento del pollo free range.

Riepilogando, il pollo può essere allevato al pascolo senza effetti negativi sulla produttività dell’oliveto e, anzi, diserbandolo e concimandolo a costo zero, in quanto il costo è già incluso nell’allevamento.

Addirittura, gli stessi costi dell’allevamento diminuiscono rispetto ad un allevamento free range su terreno utilizzato solo per i polli, in quanto il costo d’uso del terreno non va incluso (essendo già calcolato per l’oliveto) e non si incorre in spese per lo smaltimento della pollina. Il pascolo può poi contribuire alla dieta degli animali consentendo dei risparmi e, sotto gli alberi, migliorano le condizioni di benessere degli animali (ombra, riparo dal vento e predatori volatili), mentre i polli consumano le olive cadute precocemente, valorizzandole e contribuendo a distruggere larve di mosca.

Insomma una serie di vantaggi e potenzialità economiche (due produzioni sullo stesso ettaro), a fronte di alcuni svantaggi, soprattutto di tipo organizzativo, in quanto avere degli animali e venderli comporta un impegno quotidiano e conoscenze zootecniche e di mercato notevolmente più elevati.

Sempre nell’articolo citato venivano ipotizzati i vantaggi ambientali della consociazione pollo-olivo, rispetto alle due monocolture separate, assumendo che con due-tre cicli/anno di 1.000 polli/ha si ottiene un diserbo totale dell’oliveto (quindi si risparmiano un paio di sfalci), nonché una concimazione più che sufficiente (100-120 kg di azoto/ha con due cicli; 150-180 con tre). Risparmiare diserbo e concimazione, oltre ai vantaggi economici, comporta dei vantaggi ambientali legati all’uso di macchine e relativi carburanti di origine fossile (non rinnovabile) e di concimi, a loro volta prodotti con energia e materie prime non rinnovabili. Inoltre, come detto, pascolando nell’oliveto i polli non occupano (“consumano” in gergo tecnico) terreno aggiuntivo, in quanto questo è già occupato dagli olivi.

Il consumo di terreno è una delle principali voci di impatto ambientale negli allevamenti free range, rispetto a quelli intensivi, spesso considerati più sostenibili, oltre che per maggiore capacità di conversione dell’alimento, anche proprio per un minore consumo di terra. Risparmiando dunque, con la consociazione, diserbo e concimazione per l’oliveto oltre a terreno, smaltimento della pollina e alimento (grazie al pascolo), si ottengono risparmi notevoli anche in termini di impatto ambientale.

Ma di quanto? Se questo risparmio è intuitivo, quanto vale in termini numerici? Incide in modo significativo sull’impatto ambientale totale dell’olivicoltura e dell’allevamento?

Dare risposte numeriche (quantitative) è importante non solo per capire (sempre importante!), ma anche perché l’agricoltura moderna, almeno in Europa, deve fare i conti con i contributi pubblici che la indirizzano, quando non la obbligano, ad andare in determinate direzioni, particolarmente verso la sostenibilità ambientale.

Dunque i numeri servono anche ai legislatori, da Bruxelles alle nostre Regioni, per decidere in che direzione dirottare l’agricoltura. Se davvero le consociazioni animali-alberi sono vantaggiose dal punto di vista ambientale, oltre che produttivo, forse converrebbe investire in tale direzione con ricerca, sperimentazione, divulgazione e formazione, e con contributi agli agricoltori che investono in tal senso. In questo articolo, abbiamo provato a darei dei numeri!

Metodo di calcolo

L’impatto ambientale viene oggi spesso calcolato seguendo un metodo di valutazione chiamato Life Cycle Assessment (Lca) o valutazione del ciclo di vita.

Si tratta in pratica di calcolare, grazie anche all’utilizzo di appositi database, l’impatto ambientale di un determinato prodotto, nel nostro caso un kg di pollo o di olive, considerando tutte le operazioni e tutti i passaggi necessari per la sua produzione (from cradle to gate cioè dalla culla al cancello aziendale). L’impatto viene calcolato in termini di consumo energetico e di emissioni inquinanti. Abbiamo considerato l’impatto totale di un oliveto tipico del centro-Italia, con o senza polli consociati, così come quello di un allevamento di polli free range, fatti pascolare nell’oliveto piuttosto che in un terreno esclusivamente dedicato al pascolo. Il confronto tra l’impatto del sistema consociato e quello puro offre la possibilità di calcolare il risparmio, in termini di impatto ambientale, dovuto alla consociazione olivo-pollo.

Il metodo di calcolo dell’impatto ambientale attraverso la valutazione del ciclo di vita (Lca) utilizza degli indicatori per quantificare le risorse impiegate nell’intero processo di produzione e le relative emissioni nocive prodotte. Per questo lavoro sono stati seguiti gli standard ISO 14040 e 14044.

Sono quindi stati inclusi nel calcolo fertilizzanti e pesticidi necessari sia per l’oliveto sia per la produzione dei mangimi per l’allevamento, nonché la coltivazione e l’allevamento per sé e tutti i trasporti coinvolti negli spostamenti di tutti i materiali, oltre all’occupazione (consumo in gergo tecnico) di suolo, diretta (allevamento e oliveto) e indiretta (per la coltivazione dei mangimi e la produzione degli altri input). Sono inclusi tutti i processi di coltivazione (lavorazioni, semina, diserbo o sarchiature, prodotti fitosanitari, concimazione, raccolta e trasporto) degli alimenti zootecnici utilizzati e i processi di trasformazioni di questi prodotti nei relativi mangimi e loro trasporto in azienda. Sono state considerate le emissioni inquinanti dovute all’allevamento e al letame prodotto (ammoniaca, metano, azoto e polveri). Non sono stati inclusi il consumo energetico per l’allevamento e gli antibiotici, perché entrambi non necessari nel pollo free range.

Di seguito si descrivono le caratteristiche dell’oliveto e dell’allevamento presi in considerazione.

Caratteristiche dell’allevamento free range

È stato scelto un sistema realistico per il centro-Italia, con polli al pascolo con una densità di 1.000 animali/ha e tre cicli di 90-100 giorni l’uno. I ricoveri sono realizzati con materiali semplici e di recupero (gli animali sono al pascolo e usano il ricovero solo per la notte) e quindi sono stati esclusi dal calcolo dell’impatto, così come le fasi di commercializzazione della carne, che in ogni caso sarebbero uguali per il pollo al pascolo nell’oliveto e il pollo non consociato, cioè su un pascolo esclusivamente dedicato ai polli (senza altro fine produttivo). Il pollo impiegato è un collo nudo, genotipo ad accrescimento lento e adattabile ai sistemi estensivi, che raggiunge 2,8 kg e ha un indice di conversione di 3.3 kg di mangime/kg di peso vivo. È stata utilizzata una dieta standard composta principalmente di mais, soia, fave e grano oltre a tutti gli altri elementi per una dieta bilanciata. La dieta variava come di consueto in base all’età del pollo. L’unica differenza tra i polli nell’oliveto e quelli al di fuori era che nell’oliveto non veniva considerata l’occupazione (consumo) di suolo, in quanto già calcolata per l’oliveto. In pratica si risparmia terreno allevando nell’oliveto anziché ricorrere a un pascolo esclusivamente dedicato ai polli.

Caratteristiche dell’oliveto

È stato considerato un oliveto tipico, sempre del centro-Italia, con 277 alberi/ha, raccolta e potatura manuali (quindi senza impatto), inerbimento permanente e una produzione di 4,5 t/ha. Sono stati quindi considerati due sfalci con trincia sarmenti, una concimazione media annuale con 250 kg/ha di urea, 50 kg/ha di superfosfato triplo e 50kg/ha di solfato di potassio. Sono poi stati considerati 20 kg/ha di solfato di rame in due trattamenti. Nel caso dell’olivo con i polli, sono state escluse le concimazioni e gli sfalci, assumendo che 3 cicli di 1.000 polli siano in grado di effettuare entrambe le operazioni in modo più che sufficiente.

Metodo, database e software

Per ottenere i valori di impatto delle diverse fasi e operazioni è stato usato il database Ecoinvent, seguendo il metodo Eco-Indicator99 che include 11 categorie di impatto, riportate in tabella 1. I dati sono poi stati elaborati usando il software SimaPro 8.0.

Allevamento, i numeri

I valori di impatto per ognuna delle 11 categorie per l’allevamento puro (con pascolo dedicato solo ai polli e non utilizzato ad altri scopi produttivi) sono riportati nella tabella 2. I dati per l’allevamento nell’oliveto sono invece riportati, sempre in tabella 2, come percentuale rispetto ai valori del pollo non consociato all’oliveto. Come si osserva dalla tabella, tra le prime sei categorie di impatto, che riguardano emissioni inquinanti che danneggiano la salute umana e che vengono misurate con la stessa unità di misura (anni di vita persi o spesi con disabilità: Disability-Adjusted Life Years, Daly) e quindi sono confrontabili, i valori più altri sono dovuti alle emissioni di sostanze volatili (respirabili) di natura inorganica e di sostanze con effetto serra, che quindi influenzano il cambiamento climatico. Tra le successive tre categorie (dalla 7 alla 9), che riguardano l’ambiente, la più impattante risulta essere l’uso del suolo. Infine, per le ultime due categorie, che riguardano il consumo di materiali non rinnovabili, l’impatto più alto è a carico dei combustibili fossili.

Guardando ora la colonna relativa all’impatto dell’allevamento nell’oliveto, si nota che i valori sono identici (100%), tranne che per il consumo di suolo, che è l’82% di quello del pollo senza olivi. Questo non deve sorprendere in quanto per definizione le caratteristiche dei due allevamenti (con olivi e senza olivi) sono identiche e l’unica cosa che cambia è la necessità di pascolo aggiuntivo nel caso dei polli non consociati. Utilizzando l’oliveto come pascolo, si elimina il 100% del consumo di suolo dovuto al pascolo, ma non si risparmia il consumo di suolo dovuto alla coltivazione degli ingredienti dei mangimi, che rappresenta l’82% del consumo di suolo totale dell’allevamento free range, che quindi resta anche per l’allevamento nell’oliveto. Dunque, mettendo i polli nell’oliveto si risparmia circa il 18% del consumo di suolo totale dell’allevamento.

I valori di tutte le categorie di impatto possono essere confrontati tra loro, anche quando differiscono le unità di misura, grazie ad un processo di normalizzazione (si relativizza il valore rispetto ad un valore normale di riferimento). Normalizzando i dati, emerge che il consumo di suolo è la voce di impatto più importante per l’allevamento del pollo free range. Dunque, il risparmio del 18% di impatto relativo al consumo di suolo è un risparmio notevole (circa il 12% dell’impatto normalizzato totale).

Oliveto, i valori

I valori di impatto per ognuna delle 11 categorie per l’oliveto puro (senza polli al pascolo) sono riportati nella tabella 3. I dati per l’oliveto con i polli, sono riportati come percentuale rispetto ai valori dell’oliveto puro. In questo caso tra le prime sei categorie di impatto (salute umana) i valori più alti sono dovuti alle emissioni di sostanze volatili inorganiche, seguiti dalle sostanze ad effetto climatico e quelle carcinogeniche.

Tra le successive tre categorie relative all’ambiente, la più impattante risulta essere di nuovo l’uso del suolo. Per le ultime due categorie (consumo di materiali non rinnovabili), l’impatto più alto è ancora a carico dei combustibili fossili. Circa l’impatto dell’oliveto consociato al pascolo dei polli, si nota che i valori sono estremamente ridotti e anzi quasi annullati (meno del 2%) per tutte le categorie, tranne i respirabili organici, comunque molto ridotti (5%).

Il consumo di suolo invece rimane invariato (100%). Questo perché il consumo di suolo, nel caso dell’oliveto, è dovuto solo all’oliveto stesso e non ad altre pratiche (come era la coltivazione degli ingredienti dei mangimi nel caso dell’allevamento) e quindi l’occupazione del suolo è la stessa con i polli o senza. La diminuzione drastica dei valori di tutte le altre categorie di impatto è dovuta all’eliminazione della concimazione e del diserbo meccanico (effettuati dai polli).

Rimangono quindi solo i trattamenti antiparassitari (il rame), che evidentemente hanno un impatto molto minore rispetto al diserbo meccanico e soprattutto alla concimazione. Quest’ultima risulta infatti essere una delle operazioni più impattanti come riportato da molti autori. Dunque, nel caso dell’oliveto, se si esclude l’occupazione del suolo (che è importante ma comunque non inquina di per sé), l’impatto ambientale è principalmente dovuto a concimazione e diserbo e quindi l’impatto viene quasi del tutto annullato utilizzando i polli.

Consociazione vantaggiosa

In conclusione si può riassumere dicendo che consociando l’allevamento free range con l’oliveto si risparmia tutto il consumo di suolo dovuto al pascolo dei polli e si riduce quasi a zero l’impatto ambientale della coltivazione dell’olivo, dovuto principalmente alla concimazione e al diserbo che vengono eseguiti dal pollo (il cui impatto sarebbe lo stesso al di fuori dell’oliveto, perciò non è aggiuntivo).

Inoltre, l’impatto calcolato con la valutazione del ciclo di vita (Lca) ignora del tutto altri vantaggi della consociazione, quali il fatto che la pollina a parità di azoto, fosforo e potassio apporta anche molti altri elementi e sostanza organica con effetto ammendante. L’Lca ignora le interazioni positive tra alberi e animali: gli alberi, infatti, offrono ombra e riparo dal vento e da temperature estreme (migliorando il benessere, la capacità di pascolo e la performance produttiva, quindi con vantaggi anche economici).

Gli animali possono contribuire alla soppressione dei polloni o di alcuni parassiti, come l’oziorrinco. I frutti cascolati possono contribuire a ulteriori risparmi nell’alimentazione degli animali, che appetendoli distruggono anche eventuali parassiti, come la mosca dell’olivo.

Questi risultati, derivati dal caso-studio olivo-pollo, sono facilmente applicabili ad altre combinazioni e indicano che la consociazione animali-colture arboree può essere sfruttata per diminuire l’impatto ambientale dell’agricoltura.

Il pollo ottiene dal pascolo del foraggio utile dal punto di vista della salute e dei microelementi, ma probabilmente poco utile a diminuire i consumi di mangime, perché il pollo non è un erbivoro. In altre combinazioni invece (esempio olivo e ovini), l’erba consumata dagli animali (e anche la potatura dell’olivo!), oltre a risolvere il problema del diserbo, costituisce un vero foraggio che fa risparmiare sulle spese per l’alimentazione degli animali.

In questo caso oltre a diminuire l’impatto ambientale, aumenta di molto anche la produttività del sistema, sfruttando meglio le risorse disponibili. Rimangono valide tutte le considerazioni sulle opportunità e le limitazioni di un tale approccio all’agricoltura, come descritte nell’articolo precedente sopra citato.

Alcuni vantaggi della consociazione alberi-animali sono stati spesso riportati anche in altri lavori, inclusi vecchissimi lavori dei secoli scorsi. Ma i risultati di questo studio fanno luce, per la prima volta con dei numeri, sulle opportunità che questi sistemi consociati, spesso definiti come sistemi agroforestali, offrono in termini di riduzione dell’impatto ambientale.

Considerato che in Europa si allevano circa 5 miliardi di polli da carne e vi sono circa 5 milioni di ettari di oliveti, combinare polli e olivi comporterebbe un carico di soli 1.000 polli per ha, un terzo di quanto qui considerato. Pur nella consapevolezza che una tale consociazione non potrà mai riguardare l’intera superfice olivetata, questi numeri indicano che c’è abbondante spazio per considerare questo modo più sostenibile di produzione.


Studio parzialmente finanziato dal progetto Agforward (Grant Agreement N. 613520), co-finanziato dalla Commissione Europea, Directorate General for Research & Innovation, nell’ambito del 7° Programma Quadro, Tema 2 - “Biotechnologies, Agriculture & Food”

Polli nell’oliveto, anche l’ambiente ci guadagna - Ultima modifica: 2015-11-13T11:08:44+01:00 da Lucia Berti

4 Commenti

  1. Studio molto interessante, però limitato perché non spingi troppo agroforestry, il realtà, in Agroforestry che un architettura agricola complessa a più livelli, non avete tenuto conto che sotto gli ulivi, si può fare crescere un erba che i polli amano, tipo crucifera colza, senape, con gestione recinto, e per andare più lontano un girasole expres in 90 giorni crea chicchi che cadono a terra, la gallina ama l erba e golosa, da 10 anni ho incominciato sistema AGROFORESTERIE e arrivo a produrre 5 cose Pistacchi, lavanda, carne di pecora, miele, per me e diventato un challenge ogni giorno che mi sveglio, sto provando su la linea dei pistacchi a piantare lamponi, ribes, rosa canina etc, per dare da mangiare a me mie future ovaiole che arrivano in primavera guarda il chanel YouTube: Lou Pistachier. O Pistache Luberon

    • Gentile lettore,
      ulteriori approfondimenti li può trovare nell’articolo “La coltura promiscua nel futuro dell’olivicoltura?” pubblicato su Olivo e Olio n. 5/2018 e di cui può leggere la versione online.
      Cordiali saluti

  2. Cari autori,

    Articolo molto interessante! Dove posso trovare il report dello studio LCA? Sarebbe utile vederne i dettagli e le assunzioni fatte.

    Grazie, Davide

    • Gentile Davide,
      si sta cercando di favorire l’accessibilità, la disponibilità e lo scambio gratuito e libero di dati LCA (Life Cycle Assessment / Valutazione del Ciclo di Vita) attraverso lo sviluppo di Banche Dati pubbliche, protette, compatibili, trasparenti ed accreditate.
      Qui di seguito il link a LCA europeo: http://ec.europa.eu/environment/ipp/lca.htm.

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