L’immagine è quella di una sala gremita, delegazioni arrivate da quattro continenti e un clima che va oltre le formalità diplomatiche. Nel cuore dell’Andalusia, in occasione del World Olive Day, 31 Paesi e organizzazioni internazionali hanno dato vita a un passaggio che potrebbe segnare gli equilibri futuri del settore olivicolo: la sottoscrizione della Dichiarazione di Córdoba, un documento che ambisce a diventare il riferimento politico e tecnico per i prossimi anni in materia di sostenibilità, qualità, commercio e cooperazione scientifica.
L’incontro è stato guidato dal ministro spagnolo dell’Agricoltura Luis Planas, affiancato dal direttore esecutivo del Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi), Jaime Lillo. Con loro, ministri, viceministri e rappresentanti dei principali Paesi produttori di olio e olive da tavola, insieme a istituzioni come la Commissione europea e Ciheam. Un consesso internazionale che, come ha ricordato Planas, “dimostra come l’olio d’oliva sia oggi un ponte diplomatico capace di unire culture, economie e visioni strategiche”.

Un patto globale che parte dall’olivo come simbolo universale
La Dichiarazione parte da un richiamo forte: l’olivo come simbolo di pace, saggezza e civiltà, eredità di millenni che oggi si confronta con sfide globali del tutto nuove. «Promuovere un quadro normativo disciplinare comune – ha insistito Jaime Lillo – non è solo una questione commerciale: significa proteggere i diritti dei consumatori, rafforzare la trasparenza e costruire fiducia tra produttori e mercati».
Questa visione multilaterale è il filo rosso del documento, che intreccia dimensione economica, ambientale, sanitaria e culturale, configurando l’olivicoltura come sistema globale e non più come patrimonio esclusivamente mediterraneo.
Standard comuni e tracciabilità: la nuova grammatica del commercio internazionale
Al centro della Carta, la volontà di accelerare verso standard internazionali armonizzati: norme sulla qualità, sulla tracciabilità e sugli aspetti chimici e organolettici che permettano di rendere il commercio più fluido e, soprattutto, più sicuro.
Planas lo ha sintetizzato con chiarezza: «Senza regole comuni non possiamo garantire né la qualità né la fiducia dei consumatori. La cooperazione tecnica è la base per un settore forte e trasparente».
Un messaggio che arriva in un momento in cui il commercio mondiale dell’olio sta vivendo una fase di espansione senza precedenti: +27% di esportazioni nell’ultimo anno e consumi in crescita a doppia cifra in molti mercati.
Oliveti: 11 milioni di ettari che difendono il pianeta
Uno dei passaggi più innovativi della Dichiarazione riguarda il riconoscimento dell’oliveto come infrastruttura ecologica globale. Oggi gli oliveti nel mondo superano gli 11 milioni di ettari e hanno la capacità di assorbire in media 4,5 tonnellate di CO₂ per ettaro all’anno. Numeri che li collocano tra i sistemi agricoli più efficaci nella mitigazione climatica.
Non a caso, il Coi sta portando avanti il Carbon Balance Project, che coinvolge centinaia di aziende in 29 Paesi e che punta a misurare scientificamente l’assorbimento di carbonio degli oliveti e, in prospettiva, a sviluppare un sistema volontario di certificazione dei crediti di carbonio.
Una visione che intreccia ambiente, politica e mercato: in futuro, l’olivicoltura potrebbe diventare una delle prime filiere agricole al mondo con un sistema di carbon credit dedicato.
La salute come pilastro strategico: l’olio d’oliva entra nella politica pubblica
La Dichiarazione insiste anche su un punto fondamentale: la dimensione salutistica dell’olio di oliva, oggi sostenuta da un corpo scientifico vastissimo. Oltre 1.000 studi pubblicati negli ultimi vent’anni dimostrano che il consumo regolare di olio — in particolare extravergine — riduce il rischio cardiovascolare, protegge dal diabete, diminuisce l’infiammazione sistemica e si associa a minori rischi di mortalità.
Il riferimento più citato resta il trial PREDIMED, che ha certificato una riduzione del 30% degli eventi cardiovascolari in una dieta mediterranea arricchita con evo. E non solo: riduzione del rischio di aritmie, diabete e perfino una diminuzione del 62% del rischio di tumore al seno nelle donne in menopausa.
È da questi risultati che nasce la richiesta dei Paesi firmatari di integrare l’olio d’oliva nelle strategie nazionali di salute pubblica.
Dall’Andalusia alla Svalbard Seed Vault, biodiversità e ricerca
La tutela della biodiversità è un altro caposaldo. Dal 1994 il Coi coordina una rete internazionale di banche del germoplasma che conserva più di 1.800 varietà di olivo. Nel 2026 è previsto il primo deposito di materiale genetico dell’olivo nella Svalbard Global Seed Vault, la “cassaforte del giorno del giudizio” che custodisce le risorse genetiche mondiali.
Un gesto simbolico e concreto: proteggere per sempre la base genetica dell’olivo di fronte ai rischi connessi a clima estremo, parassiti emergenti e crisi geopolitiche.
Educazione del gusto: chef, scuole alberghiere e consumatori al centro
Con i consumi fuori casa in aumento in tutto il mondo, la Dichiarazione invita i governi a costruire un’alleanza educativa con chef, ristoratori e scuole di cucina.
L’obiettivo: formare nuove generazioni di professionisti capaci di raccontare l’olio, riconoscerne qualità, origine, caratteristiche sensoriali e corretto utilizzo.
Un modo per dare forza culturale, oltre che commerciale, all’intera filiera.
Córdoba, capitale mondiale dell’olivo
La città andalusa, già sede della 122ª sessione plenaria del Coi, conferma il proprio ruolo di laboratorio internazionale dell’olio. Il presidente della Diputación, Salvador Fuentes, ha accolto così le delegazioni: «Qui celebriamo il lavoro e la memoria delle comunità olivicole del mondo. L’olivo è sviluppo, identità e futuro».
In provincia, con 187 frantoi e quasi 300mila tonnellate di olio in annata, l’olivicoltura non è solo economia, ma paesaggio e cultura.
Un nuovo patto globale che parla anche all’Italia
La Dichiarazione di Córdoba non è una semplice somma di buoni intenti. È un testo politico che cristallizza un orientamento chiaro: l’olivicoltura mondiale deve muoversi insieme, coordinata, scientifica, trasparente.
Parla di clima, di salute, di ricerca, di mercato: tutte dimensioni che richiedono cooperazione e che trovano nell’olivo un punto di convergenza unico nel panorama agroalimentare globale.
Per l’Italia — Paese firmatario e protagonista nel Coi — questo significa avere un ruolo da “regista” nel tradurre standard, innovazione, formazione e conoscenza in politiche e progetti concreti.







