Olivicoltura italiana alla svolta

olivicoltura italiana
I relatori del convegno organizzato da Confagricoltura e Unapol a Roma il 18 febbraio 2025.
Il futuro dell’olio extravergine di oliva italiano passa per innovazione e strategia. Occorre un piano olivicolo nazionale unico che indirizzi gli investimenti e rilanci il settore. È quanto emerso nel convegno organizzato da Confagricoltura e Unapol a Roma

L’olio extravergine d’oliva italiano è da sempre sinonimo di eccellenza, ma la filiera produttiva si trova oggi di fronte a una sfida senza precedenti. In vent’anni, la produzione nazionale ha perso quasi la metà del suo potenziale. Mentre il resto del Mediterraneo cresce e si riorganizza, l’Italia rischia di restare indietro, frenata

  • da una struttura produttiva frammentata,
  • da un’olivicoltura spesso poco competitiva
  • e da una mancanza di strategie coordinate a livello nazionale.

È quanto emerso nel convegno organizzato da Confagricoltura e Unapol a Roma, dal titolo significativo: “Olio di oliva: dalla tradizione al futuro. Prospettive per l’olivicoltura italiana”. Un momento di confronto tra istituzioni e operatori del settore, con un messaggio chiaro: l’Italia deve cambiare passo.

Un settore in crisi o in trasformazione?

La fotografia del comparto olivicolo italiano è fatta di luci e ombre. Il nostro Paese, nonostante il prestigio e la qualità riconosciuta del suo olio extravergine, è ormai il fanalino di coda tra i grandi produttori mondiali. Spagna, Turchia, Tunisia e Grecia trainano il mercato, mentre altri Paesi del bacino del Mediterraneo – come Marocco, Egitto e la stessa Turchia – stanno investendo con decisione in innovazione e crescita produttiva.

A incidere negativamente in Italia sono diversi fattori:

  • il cambiamento climatico, che negli ultimi anni ha reso la produzione sempre più incerta,
  • la scarsa redditività delle aziende
  • e una struttura produttiva ancora troppo frammentata.

«La superficie su cui si coltivano ulivi in Italia ha una produttività bassa. Tutti i Paesi europei stanno aumentando le loro produzioni, tranne l’Italia. Tuttavia, potremmo avere a fine anno un saldo della bilancia commerciale positivo», ha osservato Tiziana Sarnari di Ismea.

Tiziana Sarnari, Ismea.

Il dato conferma che il nostro olio continua a essere molto richiesto, ma non basta. Serve una ristrutturazione del comparto per rilanciarlo. «Il Made in Italy è fatto di sapori e di saperi. Anche la comunicazione può svolgere un ruolo determinante nel raccontare correttamente il mondo dell’olio e contribuire così al suo sviluppo. È solo con l’innovazione e la strategia che possiamo affrontare le sfide del comparto», ha sottolineato Luca De Carlo, presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare del Senato.

Luca De Carlo, presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare del Senato.

Investire, innovare, pianificare: le chiavi per il futuro

«Abbiamo un quadro che impone una riflessione profonda – ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura –. Non possiamo permetterci una visione ideologica della filiera, servono investimenti concreti e una strategia chiara. Se l’impresa non è orientata al mercato, rischiamo di perdere la partita».

La soluzione? Un piano nazionale unico che indirizzi gli investimenti e rilanci il settore. «A dicembre abbiamo istituito il Tavolo olivicolo per mettere in campo un Piano olivicolo nazionale. Stiamo lavorando a delle linee guida, in modo che il Tavolo abbia già una traiettoria da seguire. Obiettivo del piano nazionale sarà fornire una strategia e degli obiettivi precisi per il comparto», ha annunciato il sottosegretario al Masaf, Patrizio La Pietra.

Patrizio La Pietra, sottosegretario al Masaf.

Ma non basta. Serve una ristrutturazione dell’olivicoltura italiana, puntando su modelli più moderni, efficienti e competitivi. Gli impianti ad alta densità, sebbene spesso visti con diffidenza, potrebbero rappresentare una soluzione per aumentare la produttività senza compromettere la qualità.

Valorizzare il prodotto e formare i consumatori

Oltre alla produzione, è fondamentale rafforzare la valorizzazione dell’olio extravergine italiano. Troppo spesso i consumatori fanno scelte basate solo sul prezzo, senza conoscere realmente le differenze qualitative tra gli oli. Per questo, diventa essenziale un maggiore impegno nella formazione, sia nelle scuole che nella ristorazione.

«Oggi a Palazzo della Valle abbiamo riunito tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione. La sfida per l’Italia è quella di tornare un Paese produttore leader. Oggi siamo riusciti a garantire un giusto valore all’olio. Questo traguardo va consolidato, proseguendo nell’impegno di far crescere la cultura dell’olio nei consumatori», ha dichiarato Tommaso Loiodice, presidente di Unapol.

L’olivicoltura: un pilastro strategico per il Paese

L’olivicoltura italiana non è solo agricoltura: è cultura, economia, turismo e salute pubblica. È un settore che intreccia tradizione e innovazione e che, se ben valorizzato, può ancora rappresentare un asset fondamentale per il nostro Paese.

Il mercato globale offre grandi opportunità per l’olio extravergine di qualità, e l’Italia ha ancora un vantaggio competitivo fatto di competenze, biodiversità e tradizione. Ma per mantenere questa leadership, non si può più rimandare: è il momento di scelte chiare e di un piano strategico che riporti l’olio italiano al centro della scena internazionale.

Olivicoltura italiana alla svolta - Ultima modifica: 2025-02-19T10:26:22+01:00 da Barbara Gamberini

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