Oli.va.re, nuova vita per 10mila quintali di scarti

Il progetto, finanziato dalla Regione Veneto e coordinato dalla Rete Innosap, vede il coinvolgimento per la parte riguardante la ricerca delle Università di Padova e di Verona

I residui dell’olio d’oliva in Italia ammontano a 232.000 tonnellate e hanno un rilevante impatto ambientale e con un costo di smaltimento notevole: l'obiettivo è farne cosmetici e integratori

Riutilizzare gli scarti e l'acqua delle olive per fare cosmetici, integratori e prodotti per l'alimentazione animale.

Il progetto, coordinato dalla Rete Innosap, vede alcune aziende di Confagricoltura Veneto, tra le quali il Consorzio produttori olivicoli di Malcesine e il frantoio Bonamini di Illasi, impegnate a fornire 10.000 quintali di scarti tra foglie, residui di nocciolino, polpe, bucce e acqua di vegetazione.

L'iniziativa porta il nome di Oli.va.re (acronimo di olive valorizzazione e recupero) e punta appunto a riusare punta gli scarti della lavorazione per la produzione di olio d’oliva per l’estrazione dei principi attivi di interesse salutistico, cosmetico e farmaceutico.

Progetto da 251 mila euro finanziato dalla Regione

A coordinare il progetto, finanziato con 251.000 euro dalla Regione Veneto attraverso i fondi europei per l’innovazione Porfesr, è la Rete Innosap che si occupa di ricerca e innovazione e conta 107 aderenti tra micro, piccole, medie e grandi imprese, istituzioni e centri di ricerca.

Il gruppo di sperimentazione vedrà all’opera, fino al 2024, oltre ai già citati frantoio Bonamini e Consorzio produttori olivicoli di Malcesine, anche la società agricola Moldoi di Sospirolo (Belluno), la società Agricola Veneto Ovini di Anguillara Veneta (Padova) e, per la parte riguardante la ricerca, le Università di Padova e di Verona.

Percorso di recupero e riciclo degli scarti

«Noi lavoriamo tra i 13.000 e i 15.000 quintali di olive all’anno», spiega Sabrina Bonamini, che con il marito Giancarlo conduce lo storico frantoio, che raggiunge la produzione di 270.000 bottiglie di olio extravergine annue, distribuite in Italia e all’estero. «Già da qualche anno abbiamo avviato un percorso di recupero e riciclo degli scarti: facciamo una lavorazione a due fasi, che consente un risparmio di acqua, e abbiamo acquistato una caldaia speciale che utilizza i noccioli delle olive come fonte per il riscaldamento. L’acqua delle olive e la sansa la vendiamo per le biomasse e le ramaglie le spargiamo sui terreni come compost».

Impatto ambientale e costi di smaltimento da abbattere

In tempi più recenti l'azienda si è posta il problema di non sprecare l’acqua, che rappresenta il 50 per cento delle olive. Ed anche come dare un valore alla polpa delle olive, ricca di polifenoli. Così è nata l'adesione al progetto Oli.va.re, avviato dal professor Stefano Dall’Acqua che dirige il laboratorio dei prodotti naturali del dipartimento di scienze del farmaco dell’Università di Padova.

Un lavoro interessante, visto che gli scarti dell’olio d’oliva, che solo in Italia ammontano a 232.000 tonnellate, hanno un rilevante impatto ambientale, con un costo di smaltimento notevole per le aziende.

Cosmetici e integratori estratti con tecniche green

La società agricola Moldoi, che realizza cosmetici e integratori a base di erbe officinali e spontanee, svolgerà il lavoro di ricerca in collaborazione con le due Università, andando a ottenere estratti con tecniche green, senza l’uso di solventi, che serviranno a realizzare i prototipi di prodotto. E cioè creme, saponi, sciroppi, integratori alimentari e prodotti per l’alimentazione animale.

Obiettivo è mettere a punto delle buone pratiche che, all'insegna della sostenibilità e di un utilizzo responsabile delle risorse, possano avere i presupposti per una trasferibilità su larga scala.

Curare pressione e colesterolo, proprietà antiossidanti e antinfiammatorie

È un universo totalmente inedito per la società agricola Moldoi, che realizza i suoi prodotti con piante dolomitiche come la calendula, la malva, il timo, la menta, il tiglio, la melissa. «Stavolta cambia il materiale di partenza – chiarisce De Zordi -  cioè gli scarti della lavorazione dell’olio d’oliva, che sono molto interessanti in quanto contengono principi attivi specifici per l’abbassamento del colesterolo e della pressione, ma anche proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Un nuovo fronte che andrebbe a sviluppare nuovi prodotti innovativi, sani ed efficaci, che rispondono alla domanda di un mercato sempre più sensibile ai temi dell’ambiente e della biodiversità».

Al progetto ha aderito anche un’azienda agricola padovana, la Veneto Ovini di Anguillara Veneta, che dagli scarti punta a ottenere mangimi animali di qualità e a basso costo. «Avevamo già preso parte a un progetto della Rete Innosap con l’Università di Padova, “Ovino veneto di qualità”, per valorizzare l’intera catena del valore delle carni ovine – spiega Davide Morandi, che con i fratelli Luca e Andrea conduce l’allevamento di circa 1.000 ovini, con lavorazione e produzione di carne e salumi di pecora. Oli.va.re è interessante perché, in un momento in cui i costi delle materie prime per l’alimentazione sono schizzati alle stelle, la sansa dell’oliva può rappresentare un ottimo integratore che potrebbe aiutare a ridurre i costi. Sarebbe il massimo se comportasse anche un miglioramento delle carni».

Oli.va.re, nuova vita per 10mila quintali di scarti - Ultima modifica: 2022-07-30T23:38:08+02:00 da Gilberto Santucci

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