L’olivicoltura da reddito, quella capace di produrre ricchezza e occupazione, potrà affrontare con successo le minacce che rischiano di comprometterne la sopravvivenza, a patto che sappia cogliere le opportunità che si aprono a un comparto dalle enormi potenzialità commerciali.
È l’indicazione operativa emersa dal convegno Olivicoltura da reddito fra minacce e nuove opportunità organizzato da Edagricole/New Business Media ad Agrilevante.
Un’indicazione espressa in primo luogo da Salvatore Camposeo, docente di Arboricoltura generale e colture arboree all’Università di Bari, e confortata dalle esperienze imprenditoriali di alcuni olivicoltori-frantoiani pugliesi: Demetrio De Magistris dell’Azienda agraria Tenuta del Morige di Galatone (Lecce), Giuseppe Savoia della Società agricola F.lli Savoia di Fasano (Brindisi), Piero Leone dell’Oleificio Cericola Emilia di Borgo Incoronata (Foggia) e Alfonso Di Pietro dell’Azienda agricola Di Pietro di Andria.
Una serie di rischi...
«Le minacce allo sviluppo del comparto olivicolo-oleario sono tante – ha sostenuto Camposeo –. La prima è costituita dalle gabbie normative che stanno mummificando parte dell’olivicoltura, impedendo di svellere i vecchi oliveti, fatti salvi quelli con un reale valore paesaggistico, e realizzarne nuovi. La seconda è l’assenza di un vero associazionismo, oltre quello attuale, spesso di facciata. Manca poi una seria politica nazionale a favore del comparto: i Piani olivicoli, benché finanziati, sono rimasti sulla carta».
Tuttavia il comparto, ha aggiunto Camposeo, può contare su opportunità capaci di sostenerlo e infondergli nuove prospettive. «Il progresso tecnico-scientifico consente agli olivicoltori professionali di condurre impianti razionali e ad alta sostenibilità, come autentici frutteti meccanizzati e pedonalizzati. La crescita costante della domanda di olio extravergine di oliva a livello mondiale non può che favorire la realizzazione di nuovi impianti. Infine la scoperta scientifica e il riconoscimento normativo del valore salutistico-nutraceutico dell’olio extravergine d’oliva non possono non imprimere ulteriore slancio ai consumi».
...e le diverse contromisure
Per De Magistris, malgrado la sfortuna di aver visto 1.350 olivi delle varietà tipiche salentine, Cellina di Nardò e Ogliarola, morire perché infettati dal batterio Xylella fastidiosa, «un’opportunità è sicuramente poter contare su una varietà, la Fs-17, resistente al batterio: 20 anni fa ne avevo messo a dimora 650 piante per sperimentarla, ora mi sento fortunato, anche perché è una varietà a raccolta precoce capace di dare oli da concorso, caratterizzati da eccellente fruttato medio, bassa acidità e polifenoli oltre 600».
Una minaccia per Savoia «è certamente l’arrivo della Xylella nella Piana degli olivi monumentali», dove, esattamente a Fasano (Brindisi), gestisce con i figli 60 ha a oliveti secolari rinfittiti. «Sono tuttavia ottimista, non possiamo perdere questo grande bene paesaggistico, che io sfrutto economicamente facendo pagare il biglietto ai turisti che vengono in azienda ad ammirare gli olivi ultrasecolari e a farsi fotografare accanto a essi».
Anche per Leone «le minacce sono molte, ma oggi la scienza ci ha messo a disposizione l’opportunità dell’olivicoltura superintensiva», di cui è stato pioniere nel Foggiano, fino a destinarle 85 ha.
«Questa olivicoltura dà sicuramente reddito, a patto di vendere non le olive ma l’olio. Gli olivicoltori devono essere uniti per avere forza sul mercato, ecco perché ho costituito una cooperativa. Siamo partiti in sette, adesso siamo 80».
Altro pioniere del superintensivo è stato Di Pietro, che gli ha destinato 60 ha ad Andria.
«Non trascuro però altri 300 ha di oliveti intensivi di varietà Coratina: curo e poto questi olivi con dedizione e ogni anno anche essi mi danno reddito».
Leggi tutti gli approfondimenti del convegno su Olivo e Olio n. 6/2019Dall’edicola digitale al perché abbonarsi