Sottoprodotti, miniera di composti bioattivi

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sottoprodotti
Da acque di vegetazione, foglie, sansa solida e umida, nocciolino si possono recuperare sostanze ad alto valore utilizzabili nei più disparati settori, dall’alimentare al farmaceutico. Ricercatori portoghesi hanno dimostrato i loro effetti sulla pelle

La letteratura scientifica è ricca di testimonianze che dimostrano che nel frutto dell’oliva sono presenti numerosi composti e sostanze bioattive di grande interesse. Durante il processo di estrazione dell’olio dalle olive alcuni composti di cui abbiamo ampiamente discusso su queste pagine passano nell’olio ma una gran parte di questi rimangono nei sottoprodotti.

I principali sottoprodotti sono l’acqua reflua di vegetazione, la sansa solida, le foglie nonché i sottoprodotti “più recenti” che derivano dal moderno sistema di estrazione a due fasi (ovvero la sansa umida) e il nocciolino. Questi ultimi rappresentano importanti sottoprodotti dell’industria olearia e sono sorgenti molto promettenti per il loro riutilizzo.

In particolar modo diversi gruppi di ricercatori hanno lavorato negli ultimi decenni sull’uso alternativo di questi residui organici e nella direzione del recupero di sostanze interessanti. La gran parte dei lavori di ricerca sono stati condotti in laboratorio e soltanto alcune esperienze sono state successivamente riportate in scala industriale.

Secondo tali lavori, usando tecnologie adeguate, i sottoprodotti dell’industria olearia possono essere convertiti in fonti di approvvigionamento di sostanze ad alto valore. L’uso alternativo è rappresentato da due possibili applicazioni:

  1. recupero di composti naturali bioattivi;
  2. bioconversione in prodotti utilizzabili.

Il recupero

Di seguito è riportata una breve disamina dei principali composti bioattivi presenti nei vari sottoprodotti.

Composti fenolici

I composti fenolici ritrovati nel frutto dell’olivo si possono raggruppare in diverse classi:

  • acidi fenolici,
  • alcoli fenolici,
  • secoiridoidi,
  • lignani,
  • flavonoidi.

Alcuni di questi composti, come gli acidi ed alcoli fenolici, nonché i lignani e i flavonoidi (flavonoli, flavoni ed antociani) sono largamente rappresentati nel mondo vegetale mentre i secoiridoidi (oleuropeina, demetiloleuropeina, ligstroside e verbascoside) e i loro derivati sono composti specifici dell’oliva, generalmente non presenti in altri frutti, o vegetali, utilizzati normalmente nell’alimentazione umana.

Nelle diverse parti costitutive del frutto, la polpa contiene la più alta concentrazione di polifenoli (>89%), la buccia invece una quantità inferiore al 10%, mentre una minima quantità (1-2%) si ritrova nel seme. Inoltre, oltre che nel frutto, tali composti si trovano anche nelle foglie dell’olivo.

Sono stati eseguiti studi riguardo alla composizione fenolica delle olive, alla distribuzione di enzimi endogeni nelle parti costitutive del frutto, all’evoluzione dei composti fenolici dell’oliva nel corso del processo di estrazione meccanica dell’olio e alla distribuzione dei fenoli nell’olio e nei vari sottoprodotti.

I risultati di tali ricerche evidenziano come gli acidi fenolici e i secoiridoidi siano presenti in tutte le parti costitutive del frutto, anche se in maggior quantità nella polpa, mentre alcuni flavonoidi come la luteolina 7-glucoside e la rutina siano esclusivi delle bucce.

Il seme è, invece, fortemente caratterizzato dalla presenza di lignani, mentre l’oleuropeina, la demetiloleuropeina, l’idrossitirosolo (3,4-didrossifeniletanolo o 3,4-DHPEA) e il tirosolo (p-idrossifeniletanolo o p-HPEA) non sono rilevabili in quantità apprezzabili.

La concentrazione di secoiridoidi è fortemente influenzata dallo stadio di maturazione del frutto, a differenza di flavonoidi, acidi fenolici e fenil-alcoli che non subiscono variazioni di rilievo con la maturazione.

Durante la frangitura si manifestano alcune variazioni, in particolare, nelle paste, si assiste ad un decremento dei secoiridoidi glucosidici (oleuropeina e demetiloleuropeina glucoside), a cui corrisponde un incremento di derivati agliconici (come il 3,4-DHPEA) prodotti per idrolisi catalizzata da glicosidasi endogene, mentre il verbascoside non subisce modificazioni nelle diverse fasi di estrazione dell’olio.

La gramolatura, invece, riduce la concentrazione totale di fenoli sia nell’olio sia nei sottoprodotti rappresentando il primo punto critico nel processo di estrazione meccanica.

L’idrossitirosolo può essere utilizzato come conservante naturale per diverse applicazioni che vanno dall’industria alimentare, a quella farmaceutica fino a quella cosmetica. L’unica criticità che può essere sollevata per questo sistema è rappresentata dall’estrazione del solo idrossitirosolo libero. Infatti, come dimostrato da diversi studi riportati nella letteratura scientifica, le acque sono particolarmente ricche di secoiridoidi nelle forme glicosilate, per cui potrebbe essere utile, in una fase del processo, prevedere una idrolisi completa dei fenoli complessi, per liberare gli agliconi dominanti trasformandoli in forme più semplici (tirosolo e idrossitirosolo).

Squalene e tocoferoli

I composti meno polari, come lo squalene e i tocoferoli presenti nei reflui oleari possono essere efficacemente estratti utilizzando tecniche appropriate e poco inquinanti come l’estrazione supercritica (con anidride carbonica) e per distillazione sottovuoto o in corrente di vapore. L’acqua di vegetazione prodotta dagli impianti a tre fasi, tuttavia, non è il substrato adatto per estrarli, perché è poco ricca di componenti poco polari; diverso è il caso della sansa umida prodotta dagli impianti a due fasi, della sansa tradizionale e degli oli lampanti da raffinare o dei sottoprodotti della raffinazione che sono ricche fonti di squalene e, in misura minore, di tocoferoli.

Triterpeni

Anche le sostanze a struttura triterpenica, come l’eritrodiolo, l’acido maslinico o l’acido oleanolico che hanno manifestato interessanti effetti biologici in vivo o in vitro, come una attività antinfiammatoria o di vasodilatazione, possono essere ottenuti dai reflui oleari. Questi prodotti, che svolgono un ruolo protettivo ed impermeabilizzante dell’oliva sono minimamente solubili in acqua e possono essere efficacemente estratti, con l’ausilio di solventi organici, solo dalle sanse umide (ottenuti negli impianti a due fasi) o dalle sanse tradizionali.

Pectine e oligosaccaridi

Il materiale non solubile in sospensione nell’acqua di vegetazione costituisce un problema nel caso in cui l’acqua di vegetazione costituisca il refluo da conservare in cisterne fino allo spandimento in campo o al conferimento per lo smaltimento. Questo materiale solido, di natura polisaccaridica (pectina e cellulosa) e proteica è difficilmente separabile (filtri a pressa o centrifugazione), ammonta al 15% del totale e forma incrostazioni. Un parziale recupero di tali sostanze anche dall’acqua di vegetazione potrebbe essere ipotizzato, similmente a quanto già proposto per il substrato che ne è più ricco, ossia la sansa.

Mannitolo

Il glucosio è lo zucchero solubile più presente quantitativamente nell’oliva, mentre il mannitolo è il poliolo più rappresentato. Quest’ultimo viene impiegato come eccipiente nell’industria farmaceutica, come dolcificante e come lassativo. Il recupero dalla sola acqua di vegetazione, dove è certamente presente, per essere sostenibile, dovrebbe essere verificato in termini di rese.

Polimerina

Si tratta di un prodotto scuro, solido, di tipo polimerico contenente metalli e una miscela delle sostanze precedentemente descritte come presenti nell’acqua di vegetazione. La polimerina è costituita da polisaccaridi (54.4%), melanine (26.1%), proteine (10.4%) e minerali (11.6%), principalmente potassio. Le sostanze organiche presenti sono fortemente legate, nella struttura polimerica, da legami covalenti e legami idrogeno.

Questo prodotto può essere utilizzato come bioammendante, come integratore di metalli, oppure ancora come sistema per la biofiltrazione di metalli tossici ed ha una struttura comparabile a quella degli acidi umici.

 La bioconversione

L’acqua di vegetazione e le sanse sono state studiate in funzione della loro propensione a prestarsi a vari possibili processi fermentativi per la produzione di sostanze organiche diverse ad opera di funghi, lieviti o batteri. In particolare, gli esopolisaccaridi o i β-glucani, che hanno proprietà farmacologiche interessanti, possono essere ottenuti dall’acqua di vegetazione per estrazione dopo un passaggio di fermentazione. Uno schema dei più importanti processi fermentativi, tratto da una ricerca condotta da alcuni ricercatori spagnoli (Fernandez-Bolanos e collaboratori) e modificato è riportato in tabella 2.

Infine, è interessante riportare nella tabella 3 le informazioni raccolte da alcuni ricercatori portoghesi guidati da Francisca Rodrigues che hanno raccolto in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Industrial Crops and Products i possibili effetti sulla pelle dei composti bioattivi estratti dai sottoprodotti dell’industria olearia.

Sottoprodotti, miniera di composti bioattivi - Ultima modifica: 2015-08-20T14:58:29+02:00 da Lucia Berti

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