Si è discusso di eccellenze della filiera abruzzese nel primo Forum olivicolo a Città Sant’Angelo lo scorso 5 dicembre. Organizzato da Cia-Chieti Pescara con il patrocinio dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio, l’evento ha riunito esperti, agricoltori, ricercatori, rappresentanti delle istituzioni regionali e appassionati interessati ad approfondire le conoscenze e valorizzare l’olivicoltura dell’Abruzzo. Il titolo stesso del convegno “Guardiamo al futuro, con radici profonde”, illustra appieno lo spirito dell’iniziativa, cioè quello dell’aggiornamento su nuove tecniche e conoscenze, ma anche la condivisione di esperienze e la costruzione di rapporti solidi, elementi chiave nella crescita e nello sviluppo dell’agricoltura e nello specifico della comunità olivicola - ha esordito Domenico Bomba, Presidente della CIA Pescara-Chieti. L’identità, la valorizzazione, la sostenibilità sono le parole chiave per l’olivicoltura abruzzese del futuro e su di esse si basa l’iniziativa del Forum olivicolo, che con cadenza biennale proporrà argomenti tecnici ed economici di attualità.
Il Forum è entrato nel vivo con le relazioni sul settore olivicolo, in cui sono state condivise conoscenze, esperienze e prospettive sulle sfide e le opportunità che caratterizzano l’olivicoltura moderna. Il dibattito ha spaziato su vari temi, dalla gestione sostenibile dell’oliveto all’applicazione di tecnologie innovative in frantoio.
Enrico Maria Lodolini, Professore associato dell’Università Politecnica delle Marche, ha sottolineato l’importanza del recupero degli oliveti tradizionali e della coltivazione dell’olivo con varietà locali. Perché è importante recuperare gli oliveti tradizionali in abbandono seppure non sempre redditizi dal punto di vista economico? «Le ragioni sono molteplici. – ha esordito Lodolini – Questi oliveti sono una fonte preziosa di biodiversità varietale, ospitano biodiversità vegetale e vengono visitati da molte specie animali, costituiscono un presidio per la tutela del territorio, svolgono un importante ruolo culturale, per esempio nell’educazione di scolari e studenti, rappresentano una ricchezza insostituibile per lo sviluppo dell’oleoturismo». Eppure, il fenomeno dell’abbandono è ormai dilagante a causa di motivi biologici, sociali ed economici. Gli oliveti tradizionali sono, infatti, contraddistinti da alberi vecchi, spesso policauli, su appezzamenti in pendenza, la cui gestione è difficile da meccanizzare, al confine con boschi e pascoli. In tali ambienti, inoltre, le campagne e i paesi sono spopolati e il ricambio generazionale non avviene perché i giovani sono più attratti da opportunità in città e occupazioni più redditizie. Se dal punto di vista tecnico è possibile rimediare attraverso opportune pratiche colturali, quali la potatura di ringiovanimento, la concimazione organica al suolo, la potatura delle radici, il controllo di patologie e fitofagi, è molto più difficile rimuovere i fattori sociali ed economici che causano l’abbandono e che richiedono un cambio di contesto.
Sul tema dell’abbandono degli oliveti si è soffermato anche Dario Ricci, Coordinatore Tecnico OP, Cooperativa CAPO di Pianella. Il modello produttivo strutturato su piccole aziende, superfici frammentate, redditi scarsissimi o assenti non consente alcun tipo di investimento e quindi di innovazione. Ecco perché la cooperativa ha presentato il progetto della Macrofiliera Innovaolio per migliorare l’organizzazione l’Università D’Annunzio di Chieti e l’Università di Teramo, 15 aziende agricole, due cooperative e una ditta individuale. In breve, le parole d’ordine sono l’aggregazione, la programmazione di comparto, la cooperazione, la promozione della filiera dell’olio abruzzese, l’innovazione.
L’IGP Abruzzo
Dati recenti evidenziano che l’Abruzzo è la quinta regione in Italia per produzione olivicola, con 530 frantoi e una produzione di oltre 250000 quintali di olio, di cui, quasi il 50% si concentra nella provincia di Chieti, mentre l’altra metà della produzione è ripartita nelle province di Pescara (30%), Teramo (16%) e l’Aquila (4%). L’istituzione di un’IGP abruzzese può conferire un valore aggiunto al settore, garantendo che tutte le fasi della filiera siano effettuate in Abruzzo, con benefici economici e paesaggistici.
A seguire l’intervento di Pietro Di Paolo, coordinatore del comitato promotore IGP Abruzzo Olio, che ha presentato l’ambizioso progetto, avviato già da tempo, che mira a rilanciare la produzione e la vendita sul territorio regionale, promuovendo la collaborazione e l’integrazione.
Da dove nasce l’idea per l’IGP Abruzzo e con quali obiettivi?
«L’istituzione delle IGP e DOP nasce nel lontano 1992 con i primi regolamenti UE che spostavano l’enfasi dalle politiche di prezzo a quelle di qualità. Negli anni 1990 l’Abruzzo ottenne la prima DOP per l’olio extra vergine di oliva, la Aprutino Pescarese, seguita un anno dopo dalla DOP Colline Teatine. Oggi le DOP regionali sono tre, ma vi è l’esigenza di tutelare per intero la produzione regionale attraverso un marchio IGP. Gli obiettivi sono di premiare la qualità, evitare la concorrenza sleale, tutelare l’ambito geografico».
A che punto è la istruttoria per il riconoscimento della IGP Olio d’Abruzzo?
«Siamo partiti dal Reg. UE 1151/2012 che semplifica il sistema delle protezioni geografiche che devono avere il requisito della tipicità, cioè, legare il prodotto alla geografia. Per l’iter di riconoscimento tutto è iniziato con il convegno dell’11.10.2022, poi si è costituito il comitato promotore il 21.4.2023, ed intanto si è provveduto a redigere il disciplinare di produzione. La domanda è stata presentata al Masaf il 5.7.2023, ed il 18.11 dello stesso anno abbiamo ricevuto richiesta di chiarimenti su tre punti:
- come sono stati individuati i parametri inseriti nel disciplinare;
- la rappresentatività del partenariato con la richiesta di allargare la maglia;
- documentare dal punto di vista storico l’esistenza del nome Olio di Abruzzo, di cui si fregerà l’IGP».
Qual è l’ipotetica consistenza del prodotto e delle aziende interessate, una volta ottenuto il riconoscimento?
«Da parte delle aziende c’è molto interesse, da diversi anni spingono per avere il riconoscimento della IGP. Ancora oggi una gran parte dell’olio prodotto in Abruzzo, oltre il 70%, è utilizzato per autoconsumo o venduto al di fuori dei canali commerciali. Si punta perciò a far crescere la commercializzazione di olio extra vergine a marchio IGP, cercando di invertire i rapporti».
In una regione che già si fregia di tre DOP, tra cui la più antica Aprutino Pescarese, non si rischia di moltiplicare riconoscimenti e sovrapporre marchi?
«Le Denominazioni DOP e IGP hanno l’obiettivo di tutelare gli standard qualitativi dei prodotti agro-alimentari, salvaguardarne i metodi di produzione, fornire ai consumatori informazioni chiare sulle caratteristiche che conferiscono valore aggiunto ai prodotti. Non credo ci sarà sovrapposizione di marchi in quanto, pur avendo gli stessi obiettivi, con il marchio IGP si lavorerà a promuovere la commercializzazione di un olio di qualità relativo a tutto il territorio regionale. Con le altre DOP si continuerà a valorizzare un prodotto di eccellenza, le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico».
Quali sono i punti caratterizzanti del disciplinare che avete sottoposto al Masaf?
«Innanzitutto, si sono delimitate la base varietale e l’epoca di raccolta: l’Olio di Abruzzo IGP verrà prodotto da varietà abruzzesi per almeno l’80% e la raccolta dovrà essere effettuata entro il 31 dicembre. Poi ci sono i limiti per le caratteristiche qualitative: acidità libera non superiore a 0,5%, numero di perossidi non superiore a 12 meq O2/kg, concentrazione di polifenoli superiore o uguale a 150 mg/kg e valutazione del fruttato superiore a 2».
Il costituendo consorzio come intende amministrare le certificazioni e i rapporti con i produttori?
«La priorità oggi è di ottenere in tempi brevi il riconoscimento ministeriale dell’IGP Olio d’Abruzzo in modo da poter utilizzare la certificazione già dalla prossima raccolta olivicola. Il passaggio successivo potrebbe essere di creare un consorzio regionale al quale vengano riconosciute le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione e informazione del consumatore relativi all’olio d’Abruzzo IGP. La forza del Consorzio sarà costituita dai produttori che sceglieranno di farne parte, con l’obiettivo di far crescere la propria azienda e valorizzare il proprio olio potendo contare sulla forza di una realtà che tuteli il loro prodotto. Con gli stessi produttori si vuole intraprendere un percorso comune che punti ad una crescita nel medio e lungo periodo e al riconoscimento, da parte del consumatore del nuovo marchio olio d’Abruzzo IGP».
Strumenti di valorizzazione
Tommaso Visco, Responsabile ufficio Promozione delle filiere in ambito sviluppo rurale e programmi OP della Regione Abruzzo è intervenuto per illustrare le attività della Regione per la valorizzazione della filiera olivicola e a supporto delle Organizzazioni di Produttori del comparto.
«L’istituzione del marchio Igp è vicino, ma sarà solo un punto di partenza, dobbiamo valorizzare la nostra terra e supportare in maniera strategica la produzione di olio. – ha affermato l’Assessore regionale all’Agricoltura, Emanuele Imprudente – Abbiamo da poco emanato un bando specifico per i frantoi per l’ammodernamento degli impianti di trasformazione, stoccaggio e confezionamento dell’olio extra vergine di oliva, con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità del processo produttivo». Per approfondire questi aspetti abbiamo chiesto a Visco.
Quali sono i numeri strutturali ed economici dell’olivicoltura abruzzese?
«La superficie olivicola abruzzese risulta di circa 37000 ettari dai dati del Censimento dell’Agricoltura del 2020. Tuttavia, in soli 10 anni (2010-20) vi è stata una contrazione del 14% ed oggi vi sono quasi 6000 ettari in abbandono. L’olivicoltura è estremamente frammentata considerato che il 30% della superficie regionale è inferiore a 1 ettaro e il 70% delle aziende ricadono in tale classe. Solo 1,8% delle aziende pari al 17,2% della superficie olivicola hanno superficie superiore a 5 ettari. La gran parte degli oliveti sono di tipo tradizionale con oltre il 50% degli oliveti di età superiore a 50 anni. Solo il 5,4% degli oliveti ha meno di 12 anni di età. Un aspetto positivo è che molti oliveti sono a conduzione biologica.
Quali le misure messe in atto dalla Regione per l’olivicoltura e i frantoi nel CSR 2023-2027?
«La regione si muove su vari binari, supportando anche con strumenti “trasversali” del CSR 23-27 il comparto produttivo regionale e le Op che lo rappresentano. Gli interventi SRG 10 (promozione dei prodotti di qualità) SRG 03, (introduzione dei sistemi di qualità) ed SRG09 (cooperazione per l’innovazione), favoriscono, riferendoci alle specificità regionali, proprio le forme aggregative dei produttori. Questi strumenti supportano lo sforzo commerciale, in Italia e in Europa, dei produttori, e sollecitano il comparto all’ammodernamento.
Elemento anch’esso trasversale ai vari comparti produttivi è il sostegno ai primi insediamenti in agricoltura; col bando chiuso a febbraio 2023 sono stati ammessi tutti i 330 giovani che avevano fatto domanda. In ottobre 2023 è stato approvato un bando regionale per l’ammodernamento dei frantoi oleari con una dotazione finanziaria di 5,1 milioni di euro».
In tale ambito qual è il ruolo delle Organizzazioni di Produttori (OP)?
«Le OP hanno un ruolo fondamentale per l’aggregazione del mondo produttivo abruzzese, ancora troppo frammentato. Tuttavia, le novità normative, che mirano a sostenere OP strutturate e capaci già di concentrare il prodotto, rischiano di penalizzare OP meno strutturate, con scarsa capacità di concentrazione della produzione per la vendita (e basso Valore di Produzione Commercializzata – VPC), e che malgrado ciò operano sul territorio fornendo un supporto fondamentale al comparto, prestando assistenza tecnica e servizi (basti pensare ai servizi di potatura e raccolta) alle imprese Associate; per questo motivo l’Assessore all’Agricoltura della Regione Abruzzo, Imprudente, è intervenuto a livello nazionale, a supporto di OP storiche del meridione perché l’orientamento comunitario e ministeriale di ridimensionare i Programmi Operativi delle Op olivicole, limitando gli stessi al 30% del VPC nel 2023 e nel 2024, al 15% nel 2025 e nel 2026 e al 10% a decorrere dal 2027, rischiano di vanificare queste attività a supporto del comparto che non può paragonarsi all’OCM ortofrutta, che si distingue per alta redditività e grandi produzioni. Nella filiera olivicola regionale solo una piccola parte dei 5433 soci (pari a circa 8000 ettari e il 15% di aziende) delle due OP regionali conferisce il prodotto, mentre nella filiera ortofrutticola tutti i soci conferiscono alla 5 OP in attività».
Come si possono valorizzazione i territori olivicoli abruzzesi, e in particolare le aree interne di grande pregio multifunzionale, ma purtroppo ancora poco considerati in Italia?
«Il riordino operato nel 2023 della normativa regionale di riconoscimento dei Distretti del cibo, a seguito della promulgazione della Legge 09 marzo 2022 n.23 e del Decreto Ministeriale 28 dicembre 2022, riguardante i distretti biologici, ci auguriamo possa favorire la nascita di biodistretti e di altri distretti produttivi, compresi gli olivicoli e quelli di prossimità alle aree urbane, specie nelle aree interne (segnali positivi giungono, ad esempio, dalla Valle Peligna, in provincia dell’Aquila) e siano in grado di dare una risposta per proteggere il mercato locale. Infatti, la prossimità tra produttori e consumatori va difesa evitando di azzerare il mercato vicino in nome della concentrazione dell’offerta perseguita attraverso la crescita delle OP.
Altro aspetto tangibile è il cambio di visione della nuova PAC che ha previsto alcune misure a superficie. Nel caso dell’Abruzzo bisogna poi considerare che il 40% del territorio regionale ricade in aree protette».
Supporto agli olivicoltori
Alfonso Ottaviano, Direttore CIA CH-PE ha illustrato le politiche locali a supporto dell’olivicoltua abruzzese.
A livello locale, province di Chieti e Pescara, quali sono le criticità e le prospettive per l’olivicoltura?
«A livello locale, una delle principali criticità potrebbe essere legata alle condizioni climatiche, come la siccità o il gelo, che influenzano la produzione di olive. Inoltre, problemi fitosanitari come la mosca dell’olivo, potrebbero rappresentare delle minacce. D’altra parte, le prospettive potrebbero essere incentrate sullo sviluppo di pratiche agricole sostenibili, sulla valorizzazione delle varietà locali e sull’incremento del turismo agroalimentare».
Come la vostra associazione agisce per l’olivicoltura delle aree interne, collinari e montane, vi sono azioni o infrastrutture su cui avete investito per l’assistenza agli olivicoltori e produttori agricoli?
«Le associazioni possono svolgere un ruolo chiave nell’assistenza agli olivicoltori, specialmente in aree più difficili da coltivare come quelle interne e montane. Questo può includere la promozione di tecniche di coltivazione adatte a questi terreni. Negli ultimi 3 anni, ad esempio, abbiamo puntato molto sulla diffusione della potatura a vaso policonico, attraverso corsi di formazione a cui hanno partecipato centinaia di iscritti. Inoltre, stimolare ulteriormente la classe politica affinché ponga la giusta attenzione al settore al fine di favorire competitività delle imprese: sostenendo promozione, investimenti e realizzando infrastrutture, sia classiche come strade o sistemi di irrigazione, sia tecnologiche e digitali».
A livello OP e cooperative la base produttiva nelle province di CH e PE è sana o vi sono problemi e di quale natura?
«La base produttiva in queste province può variare. Le cooperative e le OP possono affrontare sfide come la gestione efficiente delle risorse, l’adattamento ai cambiamenti del mercato e la necessità di innovazione tecnologica. I problemi possono includere anche la frammentazione della proprietà terriera e la difficoltà di accesso ai finanziamenti. D’altro canto, possono esistere anche opportunità come la creazione di reti collaborative e l’adesione a programmi di qualità e certificazione».
Tutela del settore
A tirare le conclusioni del Forum è stato Gennaro Sicolo, Vicepresidente Cia Agricoltori Italiani e Presidente Cia Puglia.
«Uno degli obiettivi primari della nostra organizzazione è la diffusione della cultura dell’olio extra vergine che deve servire a raccontare la bellezza e lo sforzo produttivo dei nostri territori, oltre che a far conoscere le caratteristiche organolettiche e salutistiche, la sostenibilità dell’alimento principe della Dieta Mediterranea».
A tal fine e per facilitare il trasferimento di innovazione, Italia Olivicola ha attivato collaborazioni con istituzioni scientifiche e con l’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. Oggi Italia Olivicola commercializza grandi quantità di olio extra vergine in 40 paesi internazionali, ed ha promosso azioni molto significative nell’aggregazione della produzione. Tuttavia, il ruolo di un’organizzazione di produttori non può limitarsi agli aspetti produttivi e commerciali, pur fondamentali, perché bisogna trovare gli strumenti normativi e stabilire le misure economiche per tutelare l’olivicoltura tradizionale delle aree collinari, la biodiversità olivicola italiana e le risorse naturali come l’acqua e il suolo presupposto basilare per la fertilità e la sostenibilità dell’olivicoltura.
Il Forum Olivicolo della CIA Chieti Pescara è stato un passo significativo verso la costruzione di una comunità olivicola resilientemente connessa e orientata al futuro dell’olio d’oliva, fornendo visioni e strumenti preziosi per affrontare le dinamiche in evoluzione del mercato. Il Forum ha offerto anche l’opportunità per un dialogo aperto e costruttivo, incoraggiando lo scambio di idee tra i partecipanti.
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