Rigenerazione olivicola del Salento significa mettere in moto un’olivicoltura da reddito, che riesca a essere competitiva sul mercato internazionale, ai livelli di qualità che questo richiede, e a mantenere il primato della Puglia nella produzione di eccellente olio extravergine d’oliva. Dovrà perciò essere un’olivicoltura basata su un’adeguata dimensione delle aziende, un ampio panorama varietale e un’opportuna intensità della meccanizzazione. Altre soluzioni, come il rinchiudersi in produzioni di nicchia, non sono percorribili se si vuole dare una risposta di prospettiva a un territorio che in pochi anni ha visto pressoché scomparire un patrimonio olivicolo accumulato nel corso degli ultimi secoli.
È questa l’indicazione operativa emersa dal convegno “Il piano straordinario per la rigenerazione olivicola e le altre misure per l’olivicoltura della Puglia” organizzato a Bari in occasione di EnoliExpo.
Rigenerazione olivicola in Salento per emergenza Xylella
L’emergenza fitosanitaria pugliese causata da Xylella è molto complessa e non, come spesso viene semplicisticamente liquidata, omogenea, ha dichiarato Donato Boscia, Responsabile della Sede Secondaria di Bari del Consiglio nazionale ricerche - Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Cnr-Ipsp).
«Perciò, a seconda dell’area interessata, necessita di azioni e interventi diversi. In tale emergenza possono essere distinte tre sottozone:
A) zona devastata, corrispondente alla provincia di Lecce e alla parte orientale delle province di Brindisi e Taranto;
B) zona contaminata, che occupa la parte centrale delle province di Brindisi, con la Piana degli olivi monumentali, e di Taranto;
C) zona sottoposta a misure di quarantena, che comprende le attuali zona contenimento e zona cuscinetto».
Interventi differenziati per in tre diverse aree
Nella “zona devastata”, ha sostenuto Boscia, «è urgente attuare un programma di rigenerazione agricola e paesaggistico-ambientale attuando reimpianti con varietà di olivo dotate di caratteri di resistenza e/o colture alternative come il ciliegio, il mandorlo, le altre drupacee o, ancora meglio, altre immuni al batterio come, ad esempio, la vite, gli agrumi, il noce e specie forestali. Sottolineo, però, la necessità di gestire i nuovi oliveti non secondo i metodi della vecchia olivicoltura, ma facendo ricorso a buone pratiche agronomiche. Nella “zona contaminata”, dove il batterio è ormai endemico, ma con incidenza ancora bassa, gli interventi opportuni sono l’applicazione puntuale di buone pratiche agronomiche negli oliveti già esistenti, la realizzazione di nuovi oliveti con impiego di varietà con caratteri di resistenza, il sovrainnesto preventivo con varietà resistenti di olivi ancora sani di varietà suscettibili al batterio ma caratterizzati da particolare pregio, come quelli monumentali. Nella “zona sottoposta a misure di quarantena” sono già in atto, come prevede il Reg. Ue 1201, il monitoraggio e la rimozione delle piante infette e, in zona cuscinetto, delle piante suscettibili che si trovano nel raggio di 50 m dalle piante infette, il ricorso negli oliveti a pratiche agronomiche come la potatura periodica e la spollonatura estiva anticipata, l’applicazione rigorosa della lotta obbligatoria, meccanica e chimica, al vettore del batterio».