USA e olio d’oliva, i dazi non fermano la Spagna che rilancia

olio di oliva usa
Nonostante i dazi, la Spagna rilancia sulla qualità e sugli accordi globali. Dalle stime della nuova campagna olearia alle strategie di export: cosa ci dice il caso spagnolo e cosa significa per l’Europa e per l’Italia

Nel grande scacchiere dell’olio d’oliva internazionale, gli Stati Uniti restano un mercato cardine, un termometro capace di misurare la salute dell’intero settore. E quando i dazi colpiscono — come accaduto con l’imposta del 15% entrata in vigore lo scorso agosto — la filiera globale trattiene il fiato. Eppure, la realtà ci restituisce un quadro più solido del previsto: nonostante l’inasprimento commerciale, il flusso di extravergine europeo verso gli USA tiene, e nel caso della Spagna arretra appena del 3%. Un segnale che va oltre la cronaca e parla della forza strutturale dell’olio d’oliva, della sua reputazione e della sua capacità di imporsi come bene essenziale in un’economia alimentare in trasformazione.

Per l’Italia e per l’intera Europa, questo rappresenta un campanello strategico: il mercato globale non perdona chi aspetta, ma premia chi innova e presidia.

L’export spagnolo resiste al 15% di dazio USA

Le esportazioni di olio d’oliva spagnolo verso gli Stati Uniti “sono state minimamente influenzate per il 3%” dall’introduzione del dazio del 15% sui prodotti europei, ha dichiarato il ministro spagnolo dell’Agricoltura, Luis Planas, intervenendo alla decima edizione dei premi Evooleum, che celebrano i 100 migliori extravergini al mondo.

Un dato sorprendente se si osserva il trend pre-dazi: fino all’estate, le esportazioni avevano registrato un +27% sull’anno. Poi la frenata, ma senza crolli. «Gli Stati Uniti restano una priorità assoluta», ha ribadito il ministro, sottolineando come l’olio d’oliva abbia mantenuto la propria presenza nonostante l’aumento dei costi.

Una campagna olearia stabile e meglio del previsto

Le recenti piogge hanno raddrizzato una stagione che si preannunciava incerta. Per la campagna 2025-2026, la Spagna — primo produttore mondiale — prevede 1,4 milioni di tonnellate, in lieve aumento rispetto alla precedente stima di 1,37 milioni.

Un risultato che contribuisce a equilibrare un mercato internazionale in cui domanda e offerta restano tese, con oscillazioni di prezzo che impattano in modo sensibile produttori e consumatori.

La Spagna oggi produce il 40% dell’olio d’oliva globale e può contare su 34 denominazioni di qualità, cui si aggiunge l’ultimo ingresso: l’olio d’oliva Somontano, ora Dop riconosciuta.

Qualità, raccolte precoci e biologico: la nuova frontiera competitiva

Planas ha evidenziato un altro trend chiave: la crescente domanda di oli biologici e di extravergini da raccolta precoce, prodotti ad alto valore aggiunto che stanno guadagnando spazio sia sul mercato interno sia su quello internazionale.

La strategia della qualità diventa così un elemento centrale per difendere le esportazioni, soprattutto in un contesto di dazi e di competizione crescente da parte di nuovi produttori extraeuropei.

Prezzi, reddito agricolo e politiche europee

Stabilità dei prezzi” è stata una delle espressioni più insistite dal ministro. In un settore storicamente soggetto a volatilità, l’obiettivo è garantire un reddito adeguato lungo tutta la filiera, dai produttori ai frantoiani, fino agli imbottigliatori, mantenendo allo stesso tempo un prezzo accessibile per il consumatore.

Un equilibrio non semplice, che richiede politiche pubbliche mirate: e non a caso Planas ha ribadito la necessità di mantenere i sussidi diretti agli oliveti — 900 milioni di euro all’anno nell’ambito della Pac — e di rafforzare gli accordi di libero scambio, come quello fra Ue e Mercosur, considerati decisivi per aprire nuovi mercati.

Gli Stati Uniti, un mercato che cambia ma cresce

Negli USA, le famiglie a medio reddito stanno aumentando il consumo di olio d’oliva: un trend che riflette la crescente attenzione alla salute e alla qualità, dove l’immagine dell’extravergine europeo gioca un ruolo determinante.

Per la Spagna — e per l’Italia — la priorità ora è consolidare questa domanda, raddoppiare gli sforzi promozionali e sfruttare la riconoscibilità dell’olio d’oliva come alimento di alta gamma, pilastro della dieta mediterranea e simbolo di uno stile di vita salutare.

Il messaggio strategico per l’Europa

Il caso spagnolo ci insegna che il valore dell’olio d’oliva va ben oltre il prezzo e oltre la geopolitica del momento. Quando un settore costruisce qualità, reputazione e continuità, anche un dazio del 15% diventa un ostacolo superabile.

Il vero punto ora, per l’Italia e per l’intero comparto europeo, è non rimanere fermi. Servono investimenti in qualità, promozione mirata nei mercati strategici e una politica commerciale europea capace di aprire nuove vie e difendere quelle già esistenti.

In un mondo che cambia, l’olio d’oliva resta un ambasciatore formidabile: ma — come ogni ambasciatore — ha bisogno di visione, sostegno e una strategia internazionale all’altezza del suo valore.

USA e olio d’oliva, i dazi non fermano la Spagna che rilancia - Ultima modifica: 2025-12-05T16:55:59+01:00 da Barbara Gamberini

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