Il settore olivicolo italiano conta 1,16 milioni di ettari olivati e comprende 619 mila aziende agricole di cui il 61% hanno una superficie inferiore all’ettaro e 4352 frantoi attivi sul territorio. Con un consumo medio di 8,2 kg/anno pro capite l’Italia detiene il primato come consumatore con 456 mila tonnellate di olio. Nonostante questo, siamo anche il primo importatore (535 mila tonnellate).
Focus sui dati di settore
L’annata 2023 anche se non ancora conclusa prevede un dato positivo con la produzione di 290 mila tonnellate, il 20% in più rispetto al 2022. I dati positivi di questa campagna, non ancora giunta alla conclusione, hanno fatto recuperare al nostro paese la seconda posizione come produttore mondiale di olio scavalcando la Grecia. Il ruolo più importante che giochiamo è sicuramente sul lato delle esportazioni, siamo il secondo esportatore mondiale e insieme alla Spagna copriamo l’80% delle esportazioni di olio di oliva.
I dati sono stati presentati in occasione della conferenza “Olio Extravergine d’Oliva: il fattore IG” presso la sala Cavour del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. La giornata di lavoro promossa da Origin Italia ha visto riuniti molti dei consorzi di tutela e delle associazioni di produttori insieme all’intervento conclusivo del ministro Francesco Lollobrigida.
L’approfondimento sui dati di settore presentato dalla direttrice generale di Ismea Maria Chiara Zaganelli, hanno mostrato come l’olio extravergine sia un settore che necessita di tutele e interventi per la sua promozione e come il fattore IG sia sicuramente uno strumento appropriato.
«Per quanto riguarda i consumi e il ruolo che il nostro paese può giocare nelle esportazioni, il consumo a livello mondiale di olio di oliva è in lenta crescita, ma con grandi potenzialità per quanto riguarda i paesi extra UE che sono molto più disposti a conoscere questo prodotto e dove, quindi, è possibile entrare con questa produzione tutta made in Italy. L’olio di oliva a livello mondiale rappresenta infatti ancora meno del 5% del consumo mondiale di grassi» commenta Maria Chiara Zaganelli.
Il ruolo della produzione di olio certificato IG
Solo il 3-4% della produzione italiana di olio è certificata con indicazione geografica, contando 42 Dop, 8 Igp e 24 consorzi di tutela. È un settore vivace, in crescita che comprende sempre più un numero elevato di produttori e trasformatori. È fondamentale dunque rafforzare il ruolo delle organizzazioni di produttori e delle loro associazioni per contrastare una delle criticità delle nostro settore, cioè l’eccessiva frammentazione delle aziende di produzione.
Per quanto riguarda il prezzo dell’olio extravergine mettendo a confronto i prezzi di Italia, Spagna, Grecia e Tunisia, è possibile vedere come la situazione produttiva eccezionale di questi ultimi due anni ha fatto sì che i prezzi siano molto cresciuti raggiungendo un valore simile nei diversi paesi. Stesso andamento è stato per i prezzi dei prodotti IG, anche se la crescita è stata molto più lenta rispetto al mercato complessivo.
L’andamento dei prezzi dell’olio negli ultimi mesi così come così come lo scenario produttivo europeo degli ultimi due anni hanno messo in luce le crepe del modello spagnolo a cui il settore olivicolo si è sempre rivolto. L’avvicinamento dei prezzi dell’olio Italiano e di quello Spagnolo ha infatti reso il nostro prodotto molto competitivo sul mercato, spiega David Guarnieri presidente Unaprol, sostenendo la necessità di una riforma del settore olivicolo.
Le misure a disposizione per questo settore coniugano una serie di interventi previsti sia nel piano della politica agricola comune sia nell’ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza:
- interventi settoriali (ex OCM) per il rafforzamento delle OP,
- pagamenti diretti di sostegno al reddito come il pagamento accoppiato per le produzioni di olio IG,
- l’eco-schema 3 per la salvaguardia degli oliveti di valore paesaggistico e gli investimenti per l’ammodernamento dei frantoi oleari.
All’incontro sono intervenuti alcuni rappresentanti dei Consorzi di Tutela tra cui:
- Giorgio Lazzaretti, presidente del Consorzio di Tutela dell’Olio EVO Riviera Ligure DOP,
- Fabrizio Filippi presidente del Consorzio dell’Olio EVO Toscano IGP
- e Mario Terrasi, presidente del Consorzio Tutela Olio Evo Sicilia IGP.
Inoltre, erano presenti rappresentati delle associazioni di categoria:
- Davide Granieri, presidente di Unaprol,
- Tommaso Loiodice, presidente di Unapol
- Martino Giuliano, direttore del Consorzio Italia Olivicola
- e Alfredo D’Antimi, vicepresidente dell’Associazione Città dell’Olio.
Interventi per la salvaguardia e la comunicazione
Tutti hanno sottolineato quanto sia necessario un intervento, un piano per il settore olivicolo che salvaguardi il settore a partire dai produttori, incoraggiandoli a produrre oli ad indicazione geografica che siano rappresentativi dei loro territori, contrastando i fenomeni di abbandono e preservando il territorio dal punto di vista paesaggistico così come dal punto di vista varietale, per le oltre 500 varietà che ci distinguono tra gli altri grandi produttori di olio.
L’altro grande argomento che nessuno ha dimenticato di menzionare è stato quello delle comunicazione del valore dell’olio. I dati raccolti da ISMEA per un sondaggio tra i consumatori ha evidenziato quanto lavoro sia ancora necessario per far capire al consumatore il valore di un olio extravergine di qualità. Riportando un punto dell’indagine, “il 10% reputa che non ci sono differenze tra olio d’oliva e EVO”. Per quanto questo aspetto sia un dato su cui riflettere è vero anche che, è stata rilevata una disponibilità ad approfondire le conoscenze riguardo al mondo dell’extravergine da un pubblico con età compresa tra i 25 e i 34 anni. Davanti allo scaffale però il consumatore si sente confuso e indeciso perché non è in grado di reperire informazioni chiare riguardo all’origine, al gusto, alle caratteristiche nutrizionali o al sistema di garanzia e di qualità di un determinato olio, basando spesso la scelta in base al prezzo.
Lo spunto che è stato lanciato alle istituzioni è dunque quello di intervenire anche a livello della GDO che spesso, attraverso le sue politiche commerciali, comunica al consumatore il valore del prodotto in maniera alterata, sia attraverso sconti e promozioni ma anche solo attraverso la disposizione dei prodotti sugli scaffali, senza ad esempio distinguere gli oli con indicazioni geografiche dal resto.