A differenza della precedente annata, la produzione olivicola del 2015 sembra preannunciarsi di buona qualità: il caldo dei mesi estivi, con temperature particolarmente elevate nel mese di luglio decisamente al di sopra delle medie del periodo, ha frenato lo sviluppo delle popolazioni di mosca dell’olivo (Bactrocera oleae) i cui livelli d’infestazione sono rimasti generalmente contenuti; le ripetute piogge di fine estate e di inizio autunno hanno consentito un accrescimento adeguato delle drupe. Le olive alla raccolta sono quindi per lo più sane e non presentano attacchi parassitari rilevanti con una tendenza ad un leggero anticipo della maturazione.
Ma, anche se prossime alla completa maturazione, possono ancora essere suscettibili alle infestazioni di mosca. Considerando che le temperature minime di deposizione si aggirano intorno ai 16-17 °C, le femmine sono in grado di deporre uova fino ai primi freddi invernali anche all’interno di olive completamente invaiate. Le larve continuano indisturbate la loro attività trofica all’interno delle drupe e dopo aver scavato profonde gallerie nella polpa, una volta raggiunta la maturità si impupano all’interno dell’oliva o fuoriescono dal frutto, per cadere a terra da dove cercheranno un riparo per impuparsi. I nuovi adulti sfarfalleranno dalle pupe svernanti nella primavera dell’anno successivo.
Le infestazioni autunnali non sono in grado di provocare gravi perdite di produzione al contrario di quelle conseguenti alle deposizioni di fine estate (2° generazione), ma possono comunque danneggiare dal punto di vista qualitativo la produzione. Le larve che raggiungono la 3° età in prossimità della raccolta sono in grado di provocare modificazioni biochimiche all’interno del frutto creando le condizioni per l’alterazione dei parametri chimico-fisici dell’olio quali, ad esempio, acidità e numero dei perossidi, impedendo nei casi più gravi che la produzione oleicola possa essere commercializzata come extravergine.
Per scongiurare i rischi legati agli attacchi tardivi di mosca, ed evitare i relativi danni, non resta che raccogliere il prodotto ai primi segnali di una ripresa dell’infestazione non appena gli indici di maturazione lo consentano. Per questo motivo i servizi di difesa o le singole aziende olivicole dovrebbero prolungare il monitoraggio dei voli del fitofago e i rilievi sulla percentuale di infestazione fino alla raccolta.
Marciume dei frutti
Le ferite di deposizione di mosca dell’olivo possono favorire la diffusione di infezioni fungine come quelle causate da Camarosprium dalmaticum agente del marciume dei frutti, caratterizzato dalla formazione di tacche brune infossate che nel tempo suberificano provocando uno scadimento qualitativo del frutto con danni gravi nelle varietà da mensa più raramente di rilievo anche nelle varietà da olio.
In corrispondenza delle lesioni dei frutti è possibile a volte osservare lo sviluppo dei picnidi (strutture riproduttive asessuali) del patogeno nella forma di piccoli corpiccioli tondeggianti nerastri visibili anche a piccoli ingrandimenti (10x-20 x). Questo patogeno penetra nei tessuti dell’ospite in presenza di soluzioni di continuità, quali come detto, ferite di deposizione ma anche lesioni da vento e grandine. I conidi di C. dalmaticum possono germinare entro un ampio intervallo di temperatura (20-25°C ottimale), anche in condizioni di bassa umidità relativa (40-50%). La profondità di penetrazione raggiunta dal micelio che si sviluppa nel frutto è in genere di 1-2 mm.
La letteratura scientifica individua nel dittero cecidomide Prolasioptera berlesiana, predatore delle uova di mosca dell’olivo, il principale vettore del fungo. Questo insetto, nella fase di predazione, trasmette involontariamente i conidi di C. dalmaticum attraverso le ferite di deposizione.
Lavori recenti di entomologi spagnoli e francesi hanno messo in dubbio il ruolo fondamentale di questo insetto nella diffusione del marciume dei frutti, rilevando che la presenza di questo dittero predatore sembra essere, piuttosto, un fattore occasionale di trasmissione della malattia. I lavori spagnoli comunque confermano che la maggior parte dei siti di infezione di C. dalmaticum hanno luogo a partire da olive su cui la mosca ha deposto il proprio uovo e la ferita di deposizione rimane al centro della tacca di tessuto imbrunito che caratterizza lo sviluppo del fungo.
Nelle aree olivicole francesi maggiormente colpite si è invece constatato che il problema è grave solo in oliveti di piccole dimensioni condotti in modo non professionale con interventi fungicidi effettuati in maniera non razionale.
Nelle zone in cui il marciume dei frutti è endemico è consigliabile associare all’insetticida, impiegato negli interventi larvicidi per il controllo della mosca, un prodotto fungicida a base di sali di rame, verificata la compatibilità dello stesso con il formulato insetticida. Nel caso in cui l’olivicoltore segua invece strategie di lotta alla mosca con metodo adulticida, possono essere utili interventi fungicidi con prodotti a base di rame nel periodo di deposizione. Sono da evitare invece interventi diretti contro la P. berlesiana, che rappresenta comunque un fattore di contenimento delle infestazioni di mosca dell’olivo.
La lebbra
Il marciume dei frutti non va confuso con i sintomi di lebbra che sono invece caratterizzati da tacche depresse di tessuto marcescente a partire da inizio invaiatura causate dal fungo Colletotrichum gloeosporioides. È un patogeno in grado di infettare, in presenza di umidità e mediante i conidi, gli organi della pianta (foglie, fiori e soprattutto frutti).
Le infezioni sulle drupe possono verificarsi in diversi momenti delle fasi di crescita: si evidenziano inizialmente con delle piccole macchie rotondeggianti sui frutti in accrescimento, successivamente le macchie confluiscono fino a occupare una porzione più estesa del frutto e ancora l’intera drupa che si trasforma in “mummia”; le olive attaccate cadono a terra.
Nei casi più gravi questa malattia provoca come si è visto il deperimento dei frutti, con perdita di gran parte della produzione e conseguenti forti perdite economiche. Le “mummie”, olive infette con aspetto raggrinzito che rimangono a lungo sulla pianta, costituiscono una fonte di inoculo per l’anno successivo.
Margaronia
Nel mese di novembre sono visibili sui rametti i sintomi provocati dall’ultima generazione di margaronia (Palpita unionalis). Questo lepidottero può compiere 4-5 cicli biologici in un anno svernando come larva o come crisalide. I diversi stadi larvali si nutrono a spese delle foglie: inizialmente aggrediscono il parenchima rispettando l’epidermide superiore per poi divorare l’intero lembo.
Possono essere attaccati anche i frutti che subiscono erosioni della polpa. Raggiunta la maturità le larve si imbozzolano all’interno di nidi sericei costruiti sui germogli infestati. Negli oliveti in piena produzione non sono necessari interventi fitoiatrici specifici; frequentemente i trattamenti insetticidi effettuati contro la mosca controllano anche le popolazioni autunnali di P. unionalis.
I danni possono avere rilevanza economica solo nei giovani impianti: in presenza di elevate infestazioni si possono impiegare tempestivamente prodotti fitosanitari a base di Bacillus thuringiensis var. kurstaki in caso di larve in piena attività trofica.
Occhio di pavone
L’ultima parte di questa rubrica viene dedicata all’occhio di pavone, malattia causata dal fungo Spilocaea oleagina, che nel 2014 a causa di un andamento meteorologico stagionale favorevole caratterizzato da inverno mite, estate particolarmente fresca e piovosa (soprattutto nel mese di luglio) ed autunno caldo e a tratti piovoso, ha fatto registrare attacchi particolarmente severi in alcuni comprensori olivicoli soprattutto nel Centro-Nord Italia.
In assenza di adeguata protezione fitoiatrica le piante delle varietà più suscettibili alla malattia sono state quasi completamente defogliate con perdita della produzione per il 2015. Per il controllo dell’occhio di pavone si consiglia di effettuare nei periodi di massimo rischio infettivo (autunno e primavera), irrorazioni con prodotti a base di sali di rame o in alternativa formulati a base di dodina.
In ogni caso è possibile stimare l’entità dell’infezione campionando a caso 200 foglie e verificando la percentuale di quelle con sintomi (valore soglia 30-40%). L’intervento fitoiatrico in post raccolta (fine autunno) consente di proteggere la vegetazione da nuove infezioni e, in parte, di diminuire l’inoculo presente nell’oliveto (i conidi di S. oleagina germinano fino a temperature di circa 8 °C), anche se l’azione eradicante più efficace è quella che si attua in primavera.