Oliveti di collina, recupero e razionalizzazione

oliveti collinari
La Certosa di Calci (Pisa) ha ospitato l’evento organizzato dal Consorzio dell’Igp Toscano.
L’olivicoltura eroica, questo il titolo dell’incontro organizzato dall’Igp Toscano in cui si è parlato del rischio abbandono e delle possibilità di recupero e razionalizzazione degli oliveti collinari e terrazzati

Terrazzamenti naturali o fatti di muretti a secco, oliveti collinari e terrazzati, impervi e inaccessibili dove l’olivicoltura per cause di forza maggiore stenta a innovarsi, olivicoltori stoici che per passione, più che per profitto, fronteggiano, spesso da soli, le difficoltà di produrre un olio di qualità ed espressione del territorio. Questo lo scenario dell’olivicoltura dei monti Pisani, uno scenario comune a molti degli areali dove si fa olivicoltura di collina e la bassa redditività porta anche a un progressivo abbandono. A questo tema l’Igp Toscano ha voluto dedicare un incontro, intitolato “L’olivicoltura eroica”, tenutosi il 21 aprile scorso nella bellissima Certosa di Calci (Pi).

Il sindaco della cittadina, Massimiliano Ghimenti, ha portato i saluti dell’amministrazione e illustrato gli interventi, pur su piccola scala, che il comune ha scelto di intraprendere; dal finanziamento per la ristrutturazione dei muretti a secco alla revisione urbanistica per ciò che riguarda l’accessibilità agli appezzamenti più disagiati, sottolineando il ruolo di manutenzione del territorio, ad esempio anche per la prevenzione degli incendi, che gli olivicoltori ricoprono nell’areale calcesano. Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio, nell’introdurre il convegno ha esposto una panoramica sull’olivicoltura toscana e sul marchio Igp: pur riuscendo a spuntare prezzi in media elevati nel confronto con il mercato nazionale, l’olio toscano continua a essere un settore che necessita di investire e ridurre i costi di produzione. Sulla stessa linea anche l’intervento di Riccardo Gucci, (Università di Pisa) che ha però sottolineato che l’olivicoltura italiana, dovrà sì incrementare la produzione, ma conserva dei punti di forza nella biodiversità, nei numerosi marchi di tutela e nell’elevata produzione di olio da agricoltura biologica. Per le zone marginali i problemi sono ancora più gravi, ma proprio in questi ambiti possono avere un grande impatto anche piccole innovazioni nella pratica agronomica: Giovanni Caruso, (Università di Pisa), ha parlato dei limiti e delle possibilità di intervento sui terrazzamenti e infine delle opportunità offerte dall’agricoltura di precisione anche in zone marginali.

Interessante l’intervento di Ruggero Petacchi (Scuola Superiore Sant’Anna) che ha illustrato gli studi di ricerca al momento in corso sulle popolazioni di mosca olearia e sull’effetto dell’abbandono degli oliveti sull’epidemiologia dell’insetto, soprattutto sulla generazione primaverile che si presenta tra marzo e aprile. Petacchi ha esposto anche i dati più recenti del monitoraggio nell’area toscana, da cui si evince che le temperature fredde dell’inizio di marzo possono aver ridotto drasticamente la prima generazione dell’anno della mosca.

La produzione di olio e la presenza di frantoi ha profondamente segnato l’evoluzione del territorio dei monti Pisani dal punto di vista paesaggistico, sociale ed economico: su questo ruolo storico, ma sempre attuale, si sono soffermati con le loro relazioni la prof.ssa Giuliana Biagioli dell’Università di Pisa e il prof. Rossano Pazzagli dell’Università del Molise, esortando anche alla valorizzazione territoriale di questi elementi storici come supporto alla valorizzazione dei prodotti agroalimentari.

Il prof. Maurizio Servili (Università di Perugia) ha infine concluso la serie di interventi portando il fuoco della discussione sulla qualità, illustrando i benefici delle innovazioni tecnologiche e dei progressi fatti nel campo dell’estrazione olearia: un settore in cui l’abbandono della tradizione in senso stretto (es. frangitori a molazze) porta beneficio alle caratteristiche sensoriali e salutistiche dell’olio extra-vergine. Per Servili, l’aspetto tradizionale da conservare è invece quello relativo alle cultivar locali e in generale alla biodiversità olivicola italiana che consente enormi possibilità di differenziazione dei prodotti sia sul mercato interno, sia su quello internazionale.

Oliveti di collina, recupero e razionalizzazione - Ultima modifica: 2018-05-18T14:59:53+02:00 da Barbara Gamberini

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