La sfida dell’olivicoltura moderna è quella di trovare efficaci soluzioni per mantenere una buona produttività delle colture con il minor impatto possibile, cercando di fronteggiare il cambiamento climatico che ogni anno ci pone davanti a eventi climatici estremi con l’innalzamento delle temperature, la siccità e alluvioni sempre più ricorrenti. I biostimolanti rientrano in quella categoria di prodotti che possono supportare le produzioni nel rispetto dell’ambiente.
Cosa sono i biostimolanti?
È il regolamento UE 2019/1009 (Regolamento europeo sui fertilizzanti) che definisce i biostimolanti come:
“Un prodotto fertilizzante dell’UE con la funzione di stimolare i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal tenore di nutrienti del prodotto, con l’unico obiettivo di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche delle piante o della loro rizosfera:
- efficienza dell’uso dei nutrienti;
- tolleranza allo stress abiotico;
- caratteristiche qualitative; o
- disponibilità di nutrienti contenuti nel suolo o nella rizosfera”.
In Italia i biostimolanti sono normati dal Decreto Legislativo 75/2010, e rientrano nella categoria dei “prodotti ad azione specifica” cioè, “prodotti che apportano ad un altro fertilizzante o al suolo o alla piante, sostanze che favoriscono o regolano l’assorbimento degli elementi nutritivi o correggono determinate anomalie di tipo fisiologico”
Quali sono i biostimolanti in Italia
Secondo l’allegato 6 del D.Lgs 75/2010, i prodotti che presentano attività biostimolante sono:
- idrolizzato proteico di erba medica,
- epitelio animale idrolizzato (solido o fluido),
- estratto liquido di erba medica, alghe e melasso,
- estratto solido di erba medica, alghe e melasso,
- estratto acido di alghe della Famiglia “Fucales”,
- inoculo di funghi micorrizici,
- idrolizzato enzimatico di “Fabacee”,
8a. filtrato di crema di alghe; 8b. Soluzione di filtrato di crema di alghe,
- estratto umico di leonardite;
- estratto fluido azotato a base di alga Macrocystis integrifolia.
Biostimolanti, corroboranti o induttori di resistenza?
Un’altra tipologia di prodotti, diversi dai biostimolanti sono i “corroboranti” e gli “induttori di resistenza”.
Per corroborante si intende una sostanza di origine naturale, che non appartiene alla categoria dei fertilizzanti e, che migliora la resistenza delle piante nei confronti di possibili attacchi di organismi nocivi. Attualmente, i corroboranti ammessi sono elencati nell’allegato 2 del D.M. 6793 del 18 luglio 2018 sull’agricoltura biologica e sono quattordici:
- propolis,
- polvere di pietra o roccia,
- bicarbonato di sodio,
- gel di silice,
- preparati biodinamici,
- oli vegetali alimentari,
- lecitina,
- aceto,
- sapone molle e/o di Marsiglia,
- estratto integrale di castagno a base di tannino,
- soluzione acquosa di acido ascorbico,
- olio vegetale trattato con ozono
- e estratto glicolico a base di flavonoidi.
Gli Induttori di resistenza, invece, sono prodotti che non rientrano nella normativa dei fertilizzanti in quanto contengono fitoregolatori e prodotti fitosanitari che inducono resistenza indotta localizzata o resistenza sistemica acquisita.
Utilizzo in olivicoltura
I biostimolanti possono essere utilizzati nella coltivazione dell’olivo per sostenere l’agricoltore a fronteggiare diverse problematiche, ad esempio,
- quella della minore disponibilità di elementi nutritivi,
- così come quella dell’acqua e della salinità dei terreni;
e, contemporaneamente, avvalersi di sistemi di coltivazione più sostenibili, come promosso dal pacchetto di iniziative della Commissione Europea per la neutralità climatica.
Sono molti gli studi che dimostrano come l’utilizzo di biostimolanti in olivicoltura possa migliorare, ad esempio, l’accrescimento di piante giovani in campo, così come in vivaio, grazie a un migliore assorbimento degli elementi nutritivi. In alcuni casi sono stati anche registrati miglioramenti dal punto di vista della produzione e della resistenza alla salinità.
L’impiego dei biostimolanti è un importante aiuto che negli ultimi anni ha registrato un incremento, e il loro funzionamento è sicuramente da testare considerando le condizioni
- climatiche,
- tecniche
- e agronomiche in cui si opera.