Secondo i dati della dogana giapponese, l’Italia è il primo esportatore di olio di oliva in Giappone (esporta il doppio dei colleghi spagnoli). Ma come viene percepito dal consumatore medio giapponese l’olio d’oliva italiano? Cosa e dove acquistano? E il consumo? Per rispondere a queste domande è stata svolta una ricerca di mercato avente come target i giapponesi residenti in Giappone. La bontà della copertura è stata confermata grazie al confronto con i dati ufficiali statistici della popolazione di riferimento; oltre alla somministrazione del questionario sono state effettuate delle interviste telefoniche per integrare le opinioni e i pareri.
La maggioranza delle persone sostiene di conoscere la differenza tra l’olio d’oliva e l’olio evo, ma dalle interviste è emerso che la conoscenza del consumatore medio è molto caotica. Caos che influenza il momento della scelta: infatti il passaparola convince circa il 27% delle persone nell’acquisto di un prodotto, contro il circa 6% delle riviste e solo il 4% della televisione. Dunque in Giappone l’approvazione di un familiare o di un amico convince di più rispetto ad altre forme di pubblicità. La confusione si riscontra anche nel concetto della qualità: alcuni intervistati la associavano alla leggerezza, altri invece alla corposità dell’olio di oliva, mentre stupisce che qualcuno, seppure in netta minoranza, conosca l’esistenza del monocultivar. Tale dato può essere letto come maggiore interesse e curiosità da parte dei giapponesi e anche il numero degli assaggiatori, amatoriali e non, sta aumentando.
Consumi in crescita
Il consumo dell’olio di oliva è in crescita e l’uso abituale (circa 82% degli intervistati) conferma il dato dell’Ice secondo cui, attualmente, sarebbe in atto il secondo boom ovviamente alimentato dalla cultura culinaria italiana. Non a caso l’uso principale è in cucina (fig. 1), in particolare per la cottura (66%) mentre le persone che lo usano solo a crudo sono circa il 18%. Questo dato è sicuramente collegato alle abitudini culinarie nipponiche, dove non vi è l’usanza di consumare l’insalata cruda e l’olio di oliva viene sostituito da altri condimenti.
La bottiglia preferita è quella da 500 ml e dura minimo un mese (fig. 2). Circa il 10% delle persone diversifica la dimensione della bottiglia in base all’uso. Incrociando i dati emerge che le bottiglie da 1 litro e da 500 ml vengono utilizzate per la cottura, mentre quelle di dimensioni inferiori vengono utilizzate per il condimento a crudo.
Come precedentemente accennato, il mercato giapponese è interessato da un secondo boom. Basti pensare che gli oli aromatizzati non erano presenti sugli scaffali dei supermercati fino a qualche anno fa. La dimensione scelta può essere collegata al momento dell’acquisto: chi opta per il contenitore da 250 ml lo acquista, ad esempio, negli aeroporti, perché se fosse più grande sarebbe difficile da gestire durante il viaggio. In Giappone vi sono bottiglie di varie dimensioni; per facilitare il confronto con i formati italiani sono stati raggruppate in tre categorie: 1 litro, 500 ml e 250 ml.
La metà degli intervistati acquista l’olio di oliva nei supermercati (fig. 3), il 30% circa invece in negozi specializzati in vini e alimenti, il 17% nei negozi specializzati nel cibo italiano e circa il 12% tramite l’uso di internet.
Criteri di scelta
Ma oltre alle opinioni dei conoscenti, su cosa basano la loro scelta i consumatori giapponesi? Sicuramente sull’etichetta (70% afferma di leggerla), in particolare per il Paese d’origine (47%) e le certificazioni (43%). La maggioranza (77%) ha sentito parlare delle certificazioni e il 20% di coloro che non conoscono l’argomento sarebbero anche interessati, ma data la ridotta dimensione dell’etichetta i giapponesi non trovano segnalate adeguate informazioni a riguardo. Incrociando i dati si nota che sono soprattutto le donne giovani, in possesso di laurea, ad essere attente a questi elementi.
Il prezzo ragionevole si aggira da 300 a 1.400 yen, solo circa il 9% è disposto a pagare di più. Doveroso ricordare che vi è un collegamento tra l’uso del prodotto (a crudo o per la cottura) e la qualità, ovvero le persone sono disposte a pagare di più per l’olio che ritengono di qualità superiore e in tal caso molto probabilmente lo utilizzeranno a crudo. Con l’attuale cambio possiamo dunque affermare che il prezzo dell’olio di oliva dovrebbe essere compreso tra 2 e 10 €. Dalle interviste è emerso che il prezzo troppo basso insospettisce i consumatori, in particolare modo le consumatrici.
Nel questionario è stato chiesto (risposta multipla) quali fossero i criteri per l’acquisto dell’olio (fig. 4). Non c’è dubbio, la qualità è stata la risposta più frequente (71%), seguita da prezzo (66%) e Paese d’origine (47%), mentre il design/packaging ha un peso contenuto (21%). La notorietà della marca è la penultima (20%); questo da una parte significa che anche le marche meno note hanno una possibilità di “farsi conoscere”, e dall’altra che non necessariamente il mercato sia in espansione.
Con l’ultima domanda del questionario si chiedeva, a parità di prezzo, quali caratteristiche avrebbero spinto all’acquisto. L’olio deve essere biologico (47%) e 100% italiano (21%), mentre non è stato dato troppo peso a certificazioni come il Dop e Igp (circa 8%) e monocultivar (circa 7%).