La relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta, a firma dell’On. Colomba Mongiello, rappresenta la sintesi delle audizioni ed i principali fenomeni di frode del settore oleario: deodorazione, illecite miscelazioni e contraffazione dei marchi Dop e Igp tra quelli più temibili per il comparto, anche dal punto della sleale concorrenza di mercato.
Senza contare che, dal punto di vista commerciale, il rischio frode (e in particolare l’italian sounding) frena i consumi e i servizi giornalistici del CBSnews-style (ma prima ancora il “suicidio” dell’olio extravergine celebrato dalla nota vignetta del New York Times) certamente non aiutano.
Quali prospettive di intervento per la tutela del settore? Il settore olivicolo è rappresentativo e strategico per il Made in Italy (150 milioni di piante su un milione di ettari coltivati ad olivo e una produzione 2014 al ribasso, causa il pessimo andamento climatico, di 483mila tonnellate) ma in ogni caso rimane il primo importatore mondiale di olio d’oliva con un’offerta interna che è strutturalmente carente, tanto più dopo l’impatto della Xylella fastidiosa sugli oliveti pugliesi.
Le criticità del settore
Per quanto riguarda la bilancia domanda/offerta infatti, stando ai dati Assitol forniti alla Commissione d’inchiesta, emerge, anche in considerazione della produzione media e dei consumi interni, la necessità di importare circa 600.000 t/anno di olio. Un settore che, soltanto a livello della trasformazione, vale circa 3 miliardi di euro/anno per un valore aggiunto positivo di circa 400-600 milioni di euro. Un settore che tuttavia, stando ai risultati della Commissione, pare minato da fenomeni di frode, che mettono a rischio un settore significativo per il made in Italy.
(...)
L’articolo completo è disponibile su richiesta presso la redazione di Olivo e Olio