Stabilire il giusto apporto di elementi minerali all’olivo, primo tra tutti l’azoto, è particolarmente importante per mantenere una buona produttività, cioè un’elevata attività fotosintetica, della chioma; tuttavia si sa che concimazioni eccessive possono interferire con l’equilibrio vegeto produttivo della pianta, provocando un rigoglio vegetativo sproporzionato ai danni della produzione. Ma non è il solo effetto negativo: l’alto contenuto di azoto nelle foglie è generalmente un fattore di rischio anche in termini di suscettibilità agli agenti patogeni fungini.
Proprio su questo aspetto, e in particolare sulla relazione tra fertilizzazione azotata e gravità dei sintomi dell’occhio di pavone, malattia causata dall’agente Fusicladium oleagineum (sinonimo di Spilocaea oleaginea) che provoca le tipiche lesioni fogliari fino a estese defogliazioni, si è concentrato il lavoro di alcuni ricercatori dell’Università di Cordoba (Spagna), di recente pubblicazione (Roca et al. 2018).
Nello studio, giovani piante di Picual, varietà suscettibile alla malattia, sono state sottoposte, in una serie di esperimenti in idroponica e in vaso, a due diverse concentrazioni di azoto, una elevata (eccesso di azoto) e una bassa. Uno degli esperimenti ha riguardato piante mature (20 anni) in pieno campo, in cui nel corso di due anni sono state confrontati alberi sottoposti a una dose in eccesso di urea con alberi senza apporto di azoto nella concimazione.
Sugli olivi sono stati misurati l’accrescimento vegetativo e le concentrazioni fogliari di azoto e clorofilla; a seguito dell’inoculo artificiale di F. oleagineum, la gravità dell’infezione sulle foglie è stata valutata sulla base della percentuale di superficie interessata dalle tipiche lesioni del fungo.
In tutte le prove condotte, nelle piante sottoposte alla dose elevata di azoto, i ricercatori hanno osservato un aumento della crescita vegetativa, intesa sia come lunghezza dei germogli che di altezza delle piante, corrispondente ad un evidente aumento del tenore di azoto nei tessuti fogliari e di concentrazione di clorofilla. Tuttavia, allo stesso tempo, è proprio nei trattamenti ad alto azoto che si sono registrate le intensità della malattia più elevate: ad esempio per le piante allevate in pieno campo fertilizzate con urea in eccesso, l’indice di infezione da F. oleagineum, che rappresenta la gravità dei sintomi della malattia, è risultato maggiore del 67% rispetto a quello misurato sulle piante in cui era stato sospeso l’apporto di azoto.
I risultati ottenuti dai ricercatori spagnoli confermano quindi l’effetto negativo dell’eccessiva di concimazione azotata sullo stato fitosanitario della chioma e in particolare sulla sua suscettibilità all’attacco del patogeno agente dell’ occhio di pavone. Chiaramente non basta limitare la concimazione azotata per evitare i danni da occhio di pavone, ma una gestione adeguata della fertilizzazione può rendere, appunto, meno suscettibili le piante.
Per evitare, quindi, di produrre effetti opposti a quelli desiderati dalla concimazione (rinvigorimento della chioma, aumento della produttività) è essenziale basare l’apporto dell’azoto nell’oliveto sull’effettiva necessità della pianta, a partire dal calcolo delle asportazioni e con l’ausilio di periodiche analisi fogliari.
Bibliografia:
Roca, L. F., Romero, J., Bohórquez, J. M., Alcántara, E., Fernández-Escobar, R., & Trapero, A. (2018). Nitrogen status affects growth, chlorophyll content and infection by Fusicladium oleagineum in olive. Crop Protection, 109, 80-85.