Le migliori olive da tavola perdono ogni valore alimentare e commerciale se non adeguatamente trasformate, conservate e confezionate. Occorre perciò riporre la massima cura nei processi di lavorazione necessari per far esprimere alle olive da tavola le specifiche potenzialità e trasferirle dal campo alla tavola dei consumatori. È quanto ha evidenziato Marco Poiana, docente ordinario presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, in occasione della settima giornata di studio (Conservazione, packaging, tracciabilità, commercializzazione delle olive da tavola) del corso di formazione sulle olive da tavola organizzato nell’ambito del progetto Alive in collaborazione con l’Ordine nazionale dei biologi e il Consiglio dell’Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali.
Olive da tavola, gli obiettivi della conservazione
«Gli obiettivi di un processo di conservazione/trasformazione di olive da tavola sono sicuramente tre:
- l’apprezzamento, cioè rendere edibili le olive, riducendo o eliminando le caratteristiche amare delle drupe appena colte;
- la sicurezza, cioè farle diventare sicure al consumo;
- la conservabilità, cioè estendere il periodo di conservazione.
Le olive da tavola, come tutti i prodotti alimentari, se non opportunamente conservate, tendono a deteriorarsi, quindi da un lato i loro parametri di qualità si modificano e dall’altro esse possono diventare pericolose per il consumatore. Occorre perciò allungarne la shelf life, cioè il periodo di tempo che corrisponde, in determinate condizioni di conservazione, a una tollerabile diminuzione della qualità dell’alimento. La shelf life è correlata al concetto di qualità dell’alimento, in questo caso le olive da tavola, che ne deve prevedere anche l’idoneità al consumo (un requisito obbligatorio) considerando gli aspetti che concorrono a definirlo: microbiologici, chimico-fisici ed enzimatici».
L’estensione della shelf life delle olive da tavola
L’estensione della shelf life delle olive da tavola consiste quindi, ha spiegato Poiana, nella riduzione del loro deterioramento, mantenendone però l’idoneità alimentare. «Queste finalità sono perseguibili attraverso l’eliminazione/riduzione della crescita microbica che normalmente popola le olive da tavola, dell’attività degli enzimi naturalmente contenuti in un substrato come le olive, delle reazioni chimiche di alterazione e delle modifiche fisiche».
I microrganismi per il loro sviluppo necessitano di molecole essenziali per il metabolismo, cioè zuccheri, vitamine, aminoacidi e altri elementi, e di caratteristiche ottimali del substrato in cui si sviluppano: temperatura, luce, acqua e acidità (pH).
«Pertanto, è su tali fattori che occorre agire per conservare in maniera adeguata le olive da tavola, adottando, secondo una strategia a ostacoli, una serie di diverse tecniche che impediscano l’alterazione e la perdita qualitativa. La conservabilità delle olive da tavola è quindi affidata:
- se devono subire un processo di fermentazione, all’assenza di sostanze fermentabili da parte di microrganismi indesiderati;
- se le olive sono poste in salamoia, alla presenza di cloruro di sodio, una sostanza che può contrastare lo sviluppo microbico;
- alla produzione di acido lattico da parte dei batteri lattici che, co-responsabili della fermentazione delle olive, creano un pH acido;
- alla presenza di particolari costituenti delle olive (polifenoli) che rendono difficoltoso lo sviluppo di microrganismi non voluti;
- infine, a microrganismi capaci non solo di effettuare una corretta fermentazione, ma anche di produrre metaboliti antimicrobici (biocine) che bloccano lo sviluppo di microrganismi non desiderati».
Trasformazione e stabilizzazione
In sostanza, ha sottolineato Poiana, la fermentazione aumenta l’acidità, riduce il pH, consuma i nutrienti per microrganismi alteranti. La salamoia e il sale assorbito all’interno delle olive riducono la disponibilità di acqua per svolgere alcune funzioni (tra cui sviluppo microbico e di alterazioni) nelle olive e nella salamoia stessa. Alcune preparazioni tipiche prevedono una disidratazione in forno delle olive, anche questa operazione contribuisce a ridurre la disponibilità di acqua e, conseguentemente, a stabilizzare il prodotto.
«I processi di trasformazione che, se condotti correttamente dovrebbero dare un prodotto sicuro e stabile. Purtroppo l’operatore non è sempre sicuro del buon fine del processo. Ad esempio, nel metodo sivigliano, a volte la fermentazione può essere stentata, difficoltosa, non produce una quantità di acido lattico sufficiente e richiede una correzione dell’acidità. Nel metodo californiano il prodotto ottenuto è instabile, infatti ha un pH alto (superiore a 4,3). Anche le olive fermentate al naturale, le meno toccate da un punto di vista chimico, possono non raggiungere un pH di sicurezza e stabilità. Le olive alla soda, dolcificate con il sistema Castelvetrano, hanno un valore di pH molto elevato, notevolmente al di sopra di 4,3, e quindi manifestano una conservabilità molto difficile. Occorre perciò che chi lavora nella conservazione delle olive da tavola operi con accortezza, seguendo con accuratezza le tecniche di fermentazione, addizionando sostanze acidificanti entro le soglie di legge e applicando trattamenti, soprattutto termici, di stabilizzazione che riducono la carica microbica sotto un livello di sicurezza. Operi, quindi, in maniera da rispettare le norme commerciali, con precisi limiti di carica microbica, pH, acido lattico, ecc., imposte dal Consiglio oleicolo internazionale».
I materiali di confezionamento delle olive da tavola
Per realizzare un’efficace conservazione delle olive da tavola, ha evidenziato Poiana, assumono particolare rilievo le caratteristiche generali richieste ai materiali di confezionamento, cioè l’idoneità alimentare e l’idoneità funzionale (barriera all’ossigeno, resistenza al trattamento termico di sterilizzazione o pastorizzazione, barriera ai raggi ultravioletti, resistenza a grassi e oli quando le preparazioni prevedono che il liquido di governo sia costituito da olio.
«Attualmente i principali materiali di confezionamento sono il vetro, la banda stagnata/cromata, le materie plastiche, flessibili e rigide. I prodotti in scatola metallica sono percepiti dal consumatore come di bassa qualità e di lunga durata, inoltre hanno due svantaggi: l’alimento non è visionabile e la confezione non è richiudibile; alcuni Paesi stanno eliminando la banda metallica perché sospettata di cessione di particelle in presenza di sostanze acide come è, appunto, una salamoia. Invece i prodotti in vaso di vetro sono percepiti dal consumatore come di qualità medio-alta e di lunga durata, inoltre hanno due vantaggi: la confezione è trasparente e il vaso è richiudibile. Per consentire al consumatore di osservare il contenuto della confezione è possibile utilizzare materiali plastici di vario tipo, come LDPE-Polietilene a bassa densità, HDPE-Polietilene ad alta densità, PP-Polipropilene, PET-Polietilentereftalato e altri ancora, nonché le recenti bioplastiche, cosiddette a basso impatto ambientale. In particolare le confezioni plastiche flessibili presentano numerosi vantaggi: minor peso della confezione, infrangibilità della confezione, nessun rischio di tagli e/o ferite, minor costo di trasporto, minor ingombro di magazzino, possibilità di produrre il contenitore all’atto del riempimento, utilizzo per il trattamento termico efficace con riduzione dei tempi».
I possibili sviluppi nelle tecnologie per la stabilizzazione e conservazione delle olive da tavola, ha concluso Poiana, «sono molto interessanti e aprono nuovi orizzonti operativi. Tali sviluppi sono: creazione di nuovi prodotti come snack asciutti costituiti da olive, messa a punto di “nuove” confezioni, stabilizzazione mediante nuove tecnologie a basso impatto termico: alte pressioni idrostatiche, riscaldamento ohmico, campi elettrici pulsati».