Consociare l’oliveto con foraggi/pascolo e colture può aumentarne la produttività totale e il reddito. È l’indicazione operativa proposta da Adolfo Rosati, ricercatore del Crea - Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura (Crea-Ofa), sede di Spoleto (Pg), nel seminario “Metodi alternativi di produzione olivicola, nell’ottica di maggiore sostenibilità economica ed ambientale”, il primo di un ciclo di quattro seminari a distanza telematici dedicati alla filiera olivicolo-olearia e organizzati dall’Accademia nazionale dlel'olio e dell'olio per l’autunno 2025.
Monocoltura dell’olivo e produzione olivicola consociata

Che cosa si può fare nell’oliveto per renderlo più biodiverso e diversamente produttivo? Rosati ha risposto a questa domanda ricordando che in passato gli oliveti erano tipicamente consociati.
«Invece nel secolo scorso si è passati alla specializzazione colturale, cioè alla monocoltura dell’olivo, tuttavia con gravi conseguenze:
- erosione del terreno,
- perdita di biodiversità,
- perdita di carbonio e quindi di fertilità,
- emissioni di carbonio contribuenti al riscaldamento globale.
Attualmente in Europa solo il 10% degli oliveti viene pascolato/consociato con altre colture. Per rimediare si è fatto ricorso in maniera sempre più frequente all’inerbimento, peraltro previsto dall’Ecoschema 2, ma anche indirettamente dall’Ecoschema 5. Perché, allora, non valorizzare economicamente l’inerbimento? Ad esempio con colture da reddito. Oppure con animali da reddito che mangiano l’erba, piuttosto che sfalciarlo meccanicamente consumando gasolio».
Foraggio, leguminose e ortaggi a breve ciclo

Nell’oliveto, per valorizzare il cotico erboso, spontaneo o seminato, è possibile, oltre a utilizzare le specie spontanee eduli, coltivare foraggio o specie a ciclo autunno-invernale-primaverile, quando sono disponibili piogge:
- leguminose (fave, piselli, ceci, ecc.)
- oppure ortaggi a breve ciclo che lasciano libero il terreno per le operazioni di raccolta e potatura.
«L’erba da foraggio cresce spontaneamente ma è anche facilmente seminabile. Della specie foraggiera si utilizza tutta la pianta, in più anche le erbe infestanti. Si può falciare/eliminare con flessibilità, evitando la competizione idrica con l’olivo. Questa flessibilità di specie e gestione consente di ottimizzare il sistema, riducendo al massimo la competizione e massimizzando i vantaggi:
- concimazione,
- soppressione delle infestanti,
- controllo dell’erosione.

In breve il potenziale foraggiero di un oliveto è grande, perché offre diverse fonti di foraggio:
- erba (5 t/ha di sostanza secca)
- sansa denocciolata (1-2 t/ha di sostanza secca)
- potature (parte appetita: 0,5 t/ha di sostanza secca)
- olive cadute prima, durante e dopo la raccolta e non raccolte.
Utilizzare queste risorse, invece di sprecarle, aumenta e diversifica la produttività totale dell’oliveto. Peraltro con benefici anche per gli animali e i consumatori, perché i prodotti antiossidanti presenti nella frasca di olivo e nella sansa delle olive si ritrovano nelle carni e nei formaggi».
Il progetto olivo-asparago-pollo

In un progetto di ricerca Rosati ha integrato l’olivo, l’asparago selvatico e l’allevamento del pollo a terra.
«L’asparago selvatico è una nuova coltura, ma gode di un mercato già esistente. Può spuntare un prezzo interessante (15-30 €/kg) e costituisce un mercato di nicchia e di qualità, con prezzi alti, per il fresco, la ristorazione e l’agriturismo, ma anche per la grande distribuzione organizzata. Asparago e olivo si combinano bene per più ragioni:
- hanno esigenze pedoclimatiche simili
- hanno entrambi bisogno dell’habitat e del clima mediterranei
- tollerano la siccità estiva
- necessitano di inverni miti
- si adattano allo stesso tipo di terreno
- tollerano terreni superficiali e/o sassosi
- l’olivo vuole il sole e l’asparago vive bene all’ombra o alla penombra creata dall’olivo.
In sostanza dove cresce un olivo può crescere anche l’asparago, aumentando la resa totale per ettaro. I risultati della consociazione olivo-asparago:
- la produzione olivicola non cambia
- la produzione dell’asparago si riduce del 30% per ettaro, ma è di qualità superiore perché i turioni cresciuti all’ombra dell’olivo sono più teneri.
L’unico problema è che la vegetazione spinosa può interferire con i teli per la raccolta delle olive, ma con la raccolta moderna con scuotitori il problema non si pone».
Polli, ovini, ecc. per diserbare olivo e asparago
Ma diserbare un’asparagiaia nell’oliveto richiede impegno.
«Perciò abbiamo chiesto ai polli di aiutare a diserbare l’olivo e l’asparago, ma possono andare bene anche gli ovini o altri animali. Nel progetto citato abbiamo utilizzato i polli con tre cicli all’anno, con circa 1000 polli/ha. Abbiamo scelto la razza adatta, di un pollo che si muove molto, si sposta e mangiando erba, piantine, ecc. diserba.
Riassumendo un ettaro coltivato a olivo, asparago selvatico e integrato con il pollo permette di ottenere le produzioni di 1 ha di olivo, 0,7 ha di asparago e 1 ha di pollo a campo libero (free range), con il vantaggio ulteriore di ridurre costi e impatto ambientale».
Consociare animali all’olivo
Consociare gli animali all’olivo non offre vantaggi solo in termini di produzione di foraggio.
«L’oliveto all’animale offre:
- riparo e ombra,
- protezione dai predatori,
- habitat naturale che ne asseconda l’etologia,
- stimolo al pascolo.
Anche gli animali sono utili all’oliveto perché garantiscono:
- il diserbo delle erbe infestanti,
- la concimazione (i tre cicli di pollo, con 1000 polli/ha, apportano 180 kg/ha di azoto e 220 kg/ha di P2O5, più che sufficienti per l’oliveto),
- il controllo dei parassiti (ad esempio consumando le olive cadute, contenenti larve o pupe della mosca delle olive)
- e persino lo spollonamento, come abbiamo verificato con il progetto olivo-asparago-pollo.
Quando gli animali concimano e diserbano l’oliveto, si riduce l’impatto ambientale sia della coltura sia dell’allevamento».
Produzione olivicola consociata, vantaggi e difficoltà
In conclusione, ha detto Rosati, «consociare l’oliveto con foraggi/pascolo e colture può aumentarne la produttività totale e il reddito:
- ottenendo prodotti aggiuntivi all’olio d’oliva
- senza diminuire la produzione olivicola
- riducendo gli input (ad esempio concimazione, gasolio, diserbanti) e quindi i costi di produzione e l’impatto ambientale
- migliorando il benessere animale.
Tuttavia ci sono alcune difficoltà da superare:
- maggiore impegno (tempo, conoscenze)
- gestione tecnica complessa, da mettere a punto per risolvere problematiche come la competizione per l’acqua e i nutrienti, danni agli alberi e alle colture consociate, contaminazione dei frutti e degli animali, ecc.
- difficoltà socioeconomiche nel combinare animali e colture
- politiche agricole a volte non adeguate, come l’Ecoschema 2 che finanzia gli agricoltori per inerbire, ma li costringe a trinciare l’erba meccanicamente, vietando il pascolo
- mancanza di supporto (ricerca e assistenza)».