Le varietà minori di olivo, espressione della grande biodiversità olivicola esistente in Italia, possono garantire un grosso contributo alla diversificazione dell’offerta di oli extravergini di oliva di qualità.
È il caso, in particolare, di quattro regioni profondamente olivicole, Abruzzo, Calabria, Puglia e Sardegna, alcune delle cui varietà minori di olivo sono state illustrate nel corso di un seminario organizzato all’interno del progetto S.O.S. – Sustainability of the Olive oil System.
Abruzzo
Esempi del grande potenziale delle varietà olivicole abruzzesi minori sono la Gentile dell’Aquila e la Tortiglione, ha informato Federica Flamminii, della Facoltà di Bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali dell’Università di Teramo.
«Abbiamo impostato un lavoro sperimentale finalizzato a valorizzare le varietà di olivo autoctone della regione Abruzzo attraverso lo studio delle caratteristiche chimico-tecnologiche delle olive e dell’olio durante la maturazione.
Il piano sperimentale è stato fondato su:
- scelta delle cultivar, localizzazione degli appezzamenti, selezione di 10 piante per ogni cultivar, raccolta scalare a diverse epoche durante la maturazione;
- analisi su olive: contenuto in acqua, °Brix, contenuto in olio, contenuto fenolico totale, attività antiossidante;
- estrazione olio e analisi: acidità, numero di perossidi, contenuto fenolico totale, attività antiossidante, profilo acidi grassi, profilo aromatico.
Il lavoro di ricerca e i risultati ottenuti hanno messo in evidenza il potenziale agronomico e tecnologico di due cultivar minori abruzzesi finora poco studiate, appunto Gentile dell’Aquila e Tortiglione.
La composizione chimica delle olive e dell’olio è strettamente influenzata dalla cultivar e dall’epoca di maturazione. La conoscenza della biodiversità olivicola in termini qualitativi di prodotto permette di razionalizzare la raccolta in base all’optimum specifico per ciascuna cultivar in relazione alle esigenze del produttore».
Calabria
Il contributo di Tonda di Filogaso, Ciciarello e due cloni di Ottobratica (Calipa e Cannavà) nell’innovazione dell’olivicoltura calabrese è stato presentato da Rocco Mafrica del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.
«Con uno studio specifico abbiamo valutato in modo integrato e completo le potenzialità produttive di quattro entità poco conosciute del germoplasma olivicolo calabrese. Le quattro accessioni studiate si caratterizzano per avere dinamiche di sviluppo e maturazione dei frutti abbastanza diverse sia tra loro sia con la cultivar di riferimento. In tutte le accessioni gli oli prodotti a ottobre possedevano i parametri chimici per essere classificati come oli extravergini di oliva.
Solo la cultivar Tonda di Filogaso si è caratterizzata per un significativo scadimento qualitativo degli oli con il progredire della maturazione; invece le altre accessioni hanno mostrato di poter produrre oli di buona qualità anche nel mese di novembre.
I due cloni di Ottobratica si caratterizzano per produrre oli con caratteristiche peculiari, in grado di innalzare il livello qualitativo rispetto a quello prodotto dal tipo attualmente più diffuso, l’Ottobratica standard».
Puglia
Le potenzialità della biodiversità olivicola pugliese, attraverso lo studio delle varietà Bambina e Oliva rossa, sono state presentate da Giacomo Squeo del DiSSPA dell’Università di Bari.
«Secondo la tradizione popolare, tramanda soprattutto grazie alla testimonianza verbale degli agricoltori più anziani, l’olio estratto dalle drupe della varietà Bambina, diffusa nel territorio di Gravina in Puglia (Bari), era il più adatto alla nutrizione degli infanti, grazie alle note poco intense di amaro e piccante: da tale peculiarità il nome di Bambina.
La conferma è venuta da uno studio delle caratteristiche degli oli di Bambina in diverse annate, dal quale è emerso che il contenuto di polifenoli, in particolare di oleocantale e oleaceina, che esprimono più di altri il sentore amaro e quello piccante, è abbastanza basso.
Invece l’olio di Oliva rossa, diffusa nel territorio di Putignano (Bari), presenta un contenuto più elevato di polifenoli, soprattutto di oleocantale e oleaceina, e di tocoferoli rispetto a quello dell’olio di Bambina».
Sardegna
La riscoperta di varietà minori, come Semidana, Corsicana da olio e Sivigliana, per la valorizzazione degli oli extravergini di oliva sardi è stata presentata da Antonio Montinaro di Laore Sardegna-Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura e Antonio Piga dell’Università di Sassari.
«Numerose sono le cultivar sarde, caratterizzate da una forte biodiversità genetica, ma fra queste voglio ricordare Semidana, Corsicana da olio e Sivigliana – ha informato Montinaro –.
Semidana è una varietà coltivata tradizionalmente soprattutto in provincia di Oristano. L’impiego ordinario è nell’industria olearia, ma viene impiegata anche come oliva verde da tavola. Ha una maturazione medio-tardiva (da qui il sinonimo di Terza), la drupa è piccola (circa 2,5 g), è di forma obovata e presenta un caratteristico umbone. I suoi pregi particolari sono l’elevata produttività e il profumo di fruttato dell’olio.
Corsicana da olio è una varietà particolarmente vigorosa, discretamente autofertile con drupe di piccola dimensione, a maturazione mediamente precoce, da destinare all’oleificazione. Le piante presentano buona produttività e scarsa alternanza. In compenso la resa in olio è nettamente inferiore alla Bosana. Negli oliveti si trova sia in forma sparsa sia a delimitare naturalmente il perimetro degli appezzamenti (confine).
Sivigliana è una varietà coltivata in forma sparsa negli oliveti di Bosana, soprattutto in provincia di Sassari, per garantire sia una produzione familiare di olive da mensa sia una migliore impollinazione della Bosana, varietà eletta per la produzione di olio di qualità. È una varietà a duplice attitudine, per la discreta resa in olio e per la morfologia della drupa. Fra i suoi pregi vanno segnalate la resistenza alle manipolazioni meccaniche, l’elevato rapporto polpa-nòcciolo e la facilità di distacco della polpa. La drupa è grande, 5-5,5 g, di forma ellittica, con resa in polpa del 75%, la maturazione è intermedia. Presenta difformità di pezzatura in base alla carica».
I risultati ottenuti dallo studio presentato da Piga sono i primi in assoluto relativamente alle tre varietà raccolte in diversi stadi di maturazione.
«I dati analitici ottenuti hanno permesso di stabilire il momento ottimale della raccolta, che è coinciso fra il terzo e il quarto campionamento per la varietà Semidana, al terzo per la Sivigliana e fra il secondo e il terzo per la Corsicana, in linea con quanto attualmente fatto dagli olivicoltori. I dati analitici degli oli ottenuti rientrano in pieno nei limiti imposti dal disciplinare per la Dop Sardegna».