Fin dall’antichità il legame tra alimentazione e salute ha interessato l’uomo, basti pensare che, alcune medicine antiche come quella cinese e indiana attribuiscono grande valore al cibo e affermano che ogni alimento è appropriato per un determinato organismo.
L’Associazione italiana ricerca sul cancro (AIRC) stima che un terzo dei tumori nascono a tavola. Il cibo è in grado di dialogare con il nostro corpo attraverso il Dna, cioè il nostro codice genetico.
Negli ultimi decenni, il legame tra cibo e geni ha influenzato molti aspetti della salute e della società moderna, tanto da determinare la nascita di una nuova disciplina scientifica chiamata nutrigenomica, con l’obiettivo di identificare degli interventi nutrizionali che permettano al medico di creare delle vere e proprie diete personalizzate allo scopo di prevenire la comparsa delle malattie e mantenere uno stato di salute ottimale. La nutrigenomica, quindi, studia il ruolo dei nutrienti e dei componenti attivi del cibo sull’espressione dei nostri geni.
La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che l’obesità, la sedentarietà e un comportamento alimentare scorretto possano aumentare il rischio di sviluppare un tumore, nonché la mortalità collegata a questa patologia.
L’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha identificato ben 13 tumori legati all’obesità, tra cui quello dell’esofago, del colon, della mammella, del fegato e del pancreas. Purtroppo, non solo l’obesità è strettamente collegata allo sviluppo dei tumori, ma i soggetti obesi e con un tumore già diagnosticato hanno molte più complicanze chirurgiche e rispondono alla chemioterapia in modo peggiore rispetto ai pazienti normopeso.
Alimentazione e patologie metaboliche
In generale, stili di vita sani e una dieta varia, che apporti al corpo sostanze nutritive diverse, fanno sì che il nostro organismo abbia le caratteristiche necessarie per bloccare lo sviluppo della malattia fin dalle prime fasi della patologia. Si diventa obesi a causa di un errato stile di vita.
Una dieta eccessivamente ricca di carboidrati e l’assenza di un’attività fisica utile a bruciare gli zuccheri in eccesso possono tradursi in una produzione eccessiva di grasso che può determinare l’insorgenza di una patologia chiamata Sindrome Metabolica.
Questa patologia è caratterizzata da alterazioni metaboliche associate a un aumento del rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari. In particolare, i soggetti metabolici possono presentare alterazioni del metabolismo degli zuccheri (dall’intolleranza al glucosio fino al diabete mellito di tipo 2), dislipidemia (aumento dei livelli di trigliceridi e riduzione dei valori di colesterolo-HDL), ipertensione arteriosa e obesità di tipo “centrale” (ossia aumento della circonferenza vita). La misurazione della circonferenza vita nei soggetti obesi rappresenta un indice di adiposità viscerale e un marcatore che correla con il rischio cardiovascolare. La Sindrome Metabolica si associa, inoltre, a differenti patologie che si potrebbero definire dei “compagni di viaggio” della malattia, come la steatoepatite, i calcoli della colecisti, l’aumento dell’uricemia, la sindrome delle apnee ostruttive notturne, la sindrome dell’ovaio policistico e le disfunzioni sessuali; inoltre correla con l’aumento del rischio di trombosi e di neoplasie.
Numerosi studi hanno dimostrato che l’aderenza alla dieta Mediterranea sia in grado di proteggere dal rischio di patologie cardiovascolari e dal cancro.
In particolare, lo studio della European Prospective Investigation into Cancer and nutrition, comunemente chiamato EPIC, ha studiato il ruolo della dieta nello sviluppo di patologie come i tumori, dimostrando, ad esempio, che una dieta povera di sodio e ricca di potassio è in grado di ridurre la pressione arteriosa o che una dieta ricca di fibre protegge dal carcinoma del colon-retto.
Questo studio ha dimostrato che l’aderenza alla dieta Mediterranea può ridurre l’insorgenza dei tumori e che evitare di fumare e bere alcolici, fare attività fisica e mangiare regolarmente frutta e verdura aumenta mediamente l’aspettativa di vita di 14 anni. Inoltre, una ricerca spagnola del 2016 ha analizzato l’incidenza di tumore al seno in donne di età compresa tra i 60 e gli 80 anni, dimostrando che l’aderenza alla dieta mediterranea riduce il numero di casi di tumore al seno. In particolare, le donne che seguivano una dieta mediterranea ricca di olio extravergine d’oliva presentavano un rischio più basso di sviluppare tumore al seno.
La Dieta Mediterranea
Per dieta mediterranea si intende un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni Paesi del bacino mediterraneo (come l’Italia meridionale, la Spagna e la Grecia) negli anni cinquanta del XX secolo, riconosciuta dall’Unesco come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità nel 2010.
Il regime alimentare si basa sul consumo abituale di alimenti come cereali, frutta, verdura, semi, olio extravergine d’oliva, rispetto a un più raro uso di carni rosse e grassi animali, e a un consumo moderato di pesce, carne bianca (pollame), legumi, uova, latticini, vino rosso, dolci.
Il concetto di dieta mediterranea è stato introdotto e studiato inizialmente dal fisiologo statunitense Ancel Keys, il quale ne ha indagato gli effetti sull’incidenza epidemiologica di malattie cardiovascolari in una celebre ricerca su sette nazioni, il Seven Country Study.
La dieta Mediterranea, grazie all’elevato contenuto di grassi insaturi, fibre, vitamine e oligoelementi, ha un importante potere anti-infiammatorio e anti-ossidante.
Un piatto a base di cereali integrali, accompagnato da alimenti ricchi di fibre, rappresenta il piatto tipico della dieta mediterranea.
Extravergine come alimento funzionale
Uno dei principali componenti della dieta mediterranea è l’olio extravergine di oliva (Evo), il quale è considerato un alimento funzionale, cioè in grado di svolgere un’azione benefica per il nostro organismo.
Nel 2018, l’extravergine di oliva è stato promosso a “farmaco” per prevenire l’infarto e le altre malattie del cuore dalla Food and Drug Administration (Fda). L’agenzia statunitense ha stilato una serie di suggerimenti per la sua corretta somministrazione, ossia bisogna assumere olio extravergine d’oliva ogni giorno ed entro 12/18 mesi dall’estrazione (data di imbottigliamento del prodotto), inoltre, si consiglia di consumare due cucchiai di olio Evo, poiché questo quantitativo è in grado di abbassare il livello di trigliceridi nel sangue e aumentare la capacità del nostro organismo di sciogliere il grasso viscerale.
Questo alimento non deve mai entrare in contatto con l’ossigeno, va conservato a una temperatura compresa tra i 14 e i 18 °C in contenitori di vetro (opaco o scuro), porcellana e acciaio inox.
Secondo la normativa europea, l’olio extravergine di oliva deve essere estratto a freddo dalle olive (cioè a temperatura controllata inferiore almeno ai 28 °C), con soli metodi meccanici e con la caratteristica di un basso grado di acidità.
Questo alimento è caratterizzato dalla presenza di acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e dai cosiddetti costituenti minori, rappresentati da metaboliti ad azione antiossidante e protettiva sulle membrane cellulari, definiti volgarmente polifenoli.
L’olio Evo contiene alti livelli di acido oleico (70-80%), e una serie di composti fenolici come l’idrossitirosolo che contribuiscono a renderlo un alimento con notevoli effetti benefici per la salute. Diversi studi hanno dimostrato come l’assunzione di olio extravergine d’oliva può ridurre la pressione sanguigna nei pazienti ipertesi, l’ossidazione di lipidi e DNA e migliorare il profilo lipidico, l’insulino-resistenza, l’infiammazione e la disfunzione endoteliale, proteggendo così da malattie cardiovascolari.
Inoltre, l’olio Evo ha effetti sulla progressione tumorale grazie alle sue capacità di modificare la composizione della membrana cellulare, le vie di trasduzione del segnale, i fattori di trascrizione e gli oncogeni.
Olio e prevenzione dei tumori
Questo prezioso alimento, grazie al rapporto ottimale tra gli acidi grassi essenziali omega-6 e omega-3, risulta essere un valido alleato nella prevenzione del tumore all’intestino.
Lo studio, condotto dal gruppo barese del prof. Antonio Moschetta, ha dimostrato che in assenza di acido oleico nella dieta e in condizioni di ridotta produzione endogena, si crea infiammazione a livello intestinale che può portare allo sviluppo di neoplasie dell’intestino.
Inoltre, studi di ultima generazione hanno analizzato il rapporto tra olio extravergine d’oliva e geni del nostro organismo, studiando le cellule infiammatorie circolanti (PBMC o cellule mononucleate del sangue periferico, fondamentali per la risposta dell’organismo agli stimoli esterni) al fine di evidenziare i meccanismi molecolari attivati dall’olio extravergine d’oliva, utili nella prevenzione di patologie metaboliche. I ricercatori hanno identificato i cambiamenti dell’espressione dei geni in seguito all’assunzione in acuto di olio Evo nei PBMC di soggetti sani e di pazienti con sindrome metabolica.
L’assunzione di olio Evo ricco di polifenoli è in grado nei soggetti sani di migliorare la glicemia e la sensibilità all’insulina e di promuovere la trascrizione di geni coinvolti nelle risposte anti-infiammatorie e anti-tumorali.
È interessante osservare che questi effetti benefici si manifestano in maniera ridotta nei pazienti con sindrome metabolica, sottolineando che un ottimale stato di salute è di fondamentale importanza per massimizzare gli effetti benefici di questo alimento.
Ulteriori studi sono necessari per definire quali sono le cultivar e le combinazioni nutrizionali attraverso le quali ottenere il massimo effetto dell’olio extravergine d’oliva.
L’articolo è disponibile per i nostri abbonati su Olivo e Olio n. 2/2019
Sfoglia l’edicola digitale e scopri le diverse formule di abbonamento alla rivista