L’Antitrust chiede che la sansa d’oliva non possa più godere degli incentivi per la produzione di energia da biomasse e tutte le più rappresentative associazioni dei frantoiani e dei produttori insorgono con un documento congiunto firmato Aifo, Assofrantoi, Cno, Unaprol e Unasco.
Nel suo parere pubblicato a marzo 2015 l’Autorità ha indicato l’inclusione, tra le materie destinatarie di incentivi economici per la produzione di energia rinnovabile e biocarburanti, della sansa di oliva come generatrice delle rilevanti distorsioni sui mercati dei prodotti per i quali si utilizza la sansa come fattore produttivo. La sansa, secondo l’Autority, è infatti un sottoprodotto della lavorazione dell’olio di oliva con impiego alternativo a quello energetico, ad esempio per la produzione dell’olio di sansa. Gli incentivi economici per l’utilizzo della sansa a fini energetici potrebbero comportare una crescita artificiosa dei prezzi della sansa, turbando le condizioni di approvvigionamento degli altri settori industriali, soprattutto quello alimentare, che ricorrono alla stessa materia prima.
Gli incentivi alla sansa di oliva sono previsti dal decreto 6 luglio 2012 che attua il D.Lgs n.28 del 2011, a sua volta di recepimento della direttiva 2009/28/CE. La sansa è tra le materie incentivate con il meccanismo del double counting: il contributo dei biocarburanti prodotti da rifiuti e sottoprodotti è equivalente all’immissione in consumo di una quantità pari a due volte l’immissione in consumo di altri biocarburanti. Mentre per la produzione elettrica i sottoprodotti (sanse, sanse di oliva disoleata) sono esplicitamente citati tra quelli utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas per l’accesso agli incentivi.
Quanto affermato è privo di fondamento: basti ricordare che il prezzo di mercato della sansa è fatto dalla domanda per usi agroalimentari e non dagli usi per produzioni di energia da biomasse. Il mercato della sansa ottenuta dalla molitura delle olive vale mediamente circa 100 milioni di € se si considera il prezzo che viene pagato ai frantoiani dagli impianti di produzione energia per il ritiro e l’utilizzo della sansa. Inoltre l’intervento dell’Antitrust non ha tenuto conto del fatto che l’utilizzo delle sanse esauste come biomassa per la produzione di energia ha risolto il grave problema dell’eliminazione di un rifiuto inquinante che prima avveniva quasi esclusivamente attraverso lo spargimento sui terreni.
Il parere appare chiaramente finalizzato a difendere la posizione dei sansifici che ritirano dai frantoi la sansa non esausta per la successiva utilizzazione e sfruttamento per ottenere olio di sansa alimentare e altri prodotti, per poi cedere agli impianti che utilizzano biomasse, la sansa esausta. I sansifici industriali operano in una vera e propria posizione oligopolistica: sono pochi anche nelle regioni maggiormente olivicole come Sicilia e Puglia per cui corrispondono ai frantoiani un prezzo simbolico per la sansa ritirata o, meglio, consegnata nei loro stabilimenti con spese di trasporto a carico dei frantoiani stessi. Dal momento in cui per lo smaltimento delle sanse è stata prevista anche la cessione a un impianto di produzione di energie da biomasse, si è avviato il circuito diretto tra frantoi e impianti di utilizzo di biomasse. Il flusso è stato favorito dal fatto che lo smaltimento risolve problemi di natura ambientale e soprattutto dal fatto che la sansa viene pagata circa 60 €/q: finalmente un’entrata per i frantoiani.
Sembra evidente, quindi, che allorquando l’Antitrust parla di alterazione del mercato si riferisce a quello dei sansifici che ora devono pagare la sansa a un prezzo congruo.
Ciò è stato posto chiaramente in evidenza nel documento delle Associazioni dove si afferma che “assolutamente fuorviante appare fondare la competenza ad intervenire nel merito fondandosi, come fa l’Autorità, su una possibile crescita artificiosa del prezzo di mercato della sansa, evento questo solo ipotetico ed al momento non comprovabile né a proposito della sua concretezza, né per quanto concerne le eventuali cause, che possono ipotizzarsi anche diverse da quelle della utilizzazione per fini energetici (ad esempio come sta avvenendo per la rarefazione del residuo di lavorazione in quanto minore è la quantità delle olive trasformate a causa di un cattivo raccolto).”