Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il disciplinare proposto per la denominazione Igp “Olio di Puglia”, all’esame della Commissione Europea, è stato riconosciuto conforme al regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (Reg. Ue 1151/2012). Nei prossimi tre mesi, questo il termine previsto dal regolamento, la Commissione potrà ricevere, e trasmettere all’organismo che ha richiesto la registrazione dell’Igp, eventuali opposizioni motivate pervenute da autorità o persone fisiche degli Stati membri o di paesi terzi. Tale procedura è dunque l’ultimo passo per il riconoscimento ufficiale del marchio Igp.
Punti chiave del disciplinare
La denominazione potrà essere utilizzata solo dagli oli le cui fasi di produzione e raccolta delle olive, di trasformazione sono effettuate all’interno del territorio amministrativo della Regione Puglia. Ma gli oli dovranno anche essere imbottigliati in regione; tale misura viene affermata nel disciplinare come uno strumento necessario «sia per salvaguardare i requisiti qualitativi e in particolare la caratteristica tipizzante l’Igp “Olio di Puglia”, identificabile nella concentrazione di biofenoli, sia e soprattutto per garantire il vero autentico olio extra vergine di Puglia e la tracciabilità del prodotto ed assicurare il controllo».
La limitazione per gli oli a marchio delle operazioni di confezionamento alla stessa zona di produzione dovrebbe infatti ridurre il rischio di decadimento qualitativo del prodotto non confezionato (dovuto alle condizioni e ai tempi di trasporto in autocisterne); in questa specifica vi è, inoltre, un tentativo di rendere più efficace la tracciabilità e ridurre il rischio di frodi.
Cultivar e parametri qualitativi
L’utilizzo della denominazione Igp “Olio di Puglia” sarà riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto da olive provenienti da cultivar molto diffuse a livello regionale: Cellina di Nardò, Cima di Bitonto (o Ogliarola Barese, o Ogliarola Garganica), Cima di Melfi, Frantoio, Ogliarola salentina (o Cima di Mola), Peranzana e Coratina. Nella lista sono infine presenti le due varietà Favolosa (o Fs-17) e Leccino, al momento le uniche autorizzate per i reimpianti nella zona infetta da Xylella.
Tutte le varietà elencate possono essere presenti da sole o congiuntamente negli oliveti, in misura non inferiore al 70%; sono ammesse inoltre altre varietà, fino ad un massimo del 30 %.
I parametri chimici elencati nel disciplinare riguardano l’acidità (< 0,4%), il numero perossidi (≤ 10 mEq O2/kg), gli esteri etilici (≤ 20) ed infine i biofenoli totali che dovranno essere presenti in concentrazioni maggiori o uguali a 300 mg/kg (di cui fenoli bioattivi ≥ 250 mg/kg). Sulle caratteristiche organolettiche, gli oli Igp dovranno ottenere al Panel test un punteggio compreso tra 2 e 8 per il “fruttato di oliva”, tra 2 e 7 per i descrittori “amaro” e “piccante”.
Unaprol, produzione Dop e Igp ancora bassa
A seguito della pubblicazione del disciplinare, riconoscendo quello dell’Igp della Puglia come «un passo importante nel processo di valorizzazione del comparto olivicolo italiano», David Granieri, presidente di Unaprol, Consorzio olivicolo italiano, ha ricordato i dati nazionali delle produzioni che utilizzano lo strumento delle denominazioni.
«La produzione di olio extravergine Dop/Igp è ancora bassa in Italia, circa il 3% del totale in quantità che raggiunge il 6% in termini di valore (dati Ismea 2019). Percentuali che non corrispondono alle potenzialità di un settore che per vincere la sfida sul mercato deve puntare su qualità e distintività. - spiega Granieri - Il riconoscimento della denominazione Igp è uno strumento che va a vantaggio delle aziende aggiungendo valore e aumentandone la competitività.
L’Italia con 46 oli extravergine certificati è leader in Europa, seguita da Grecia e Spagna che vantano 29 riconoscimenti a testa. Il brand IGP olio di Puglia è un’importante opportunità, da tempo sollecitata dal territorio. Il disciplinare dimostra chiaramente che la direzione scelta è quella della qualità in una regione che fornisce circa il 50% dell’olio italiano. L’obiettivo è garantire migliori condizioni di reddito agli olivicoltori».