È possibile valorizzare e convertire i sottoprodotti della molitura delle olive in fonti energetiche “verdi” e “sostenibili”? A tale obiettivo sta lavorando l'unità operativa del Dipartimento di Agraria dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria, impegnata nell'ambito del Progetto S.O.S. nelle attività inerenti la digestione anaerobica di tali sottoprodotti.
L’importanza dell’industria olearia nel Mediterraneo
L’industria olearia riveste un importante ruolo per l'intero bacino mediterraneo, dove si concentra il 97% della produzione mondiale di olio di oliva.
«Questa industria genera, durante il ciclo produttivo, sottoprodotti che per quantitativi, natura e caratteristiche variano in funzione delle tecnologie estrattive adottate – rileva Bruno Bernardi, docente dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria –.
Nel sistema a due fasi vi è una sola tipologia di residui, cioè la sansa a elevato tenore di umidità. Invece il sistema a tre fasi, che prevede un maggiore impiego di acqua, genera importanti quantitativi di acque di vegetazione.
Questi sottoprodotti contengono diverse sostanze complesse che non sono facilmente degradabili per il loro contenuto in carbonio organico, la cui parte più importante è costituita dai componenti aromatici, come ad esempio i polifenoli e i tannini. Se non adeguatamente condotta, la loro gestione può comportare anche rischi ambientali non trascurabili.
Le acque reflue olearie sono caratterizzate da elevata domanda chimica di ossigeno (COD), alta domanda biochimica di ossigeno (BOD) e forte concentrazione in solidi sospesi (SS); inoltre registrano tenori variabili della frazione lipidica e fenolica che, se associati all’elevato rapporto carbonio/azoto (C/N) e al basso pH, compromettono i processi di degradazione biologica.
Ulteriore problematica è la stagionalità delle produzioni, che genera una produzione repentina di grandi quantitativi di questi sottoprodotti, accentuando così i problemi di natura tecnico-gestionale, economica e ambientale».
La digestione anaerobica per produrre biogas
«Ebbene, – spiega Bernardi – la digestione anaerobica è un processo atto a convertire la materia organica proveniente da una vasta e diversificata gamma di biomassa, come appunto i sottoprodotti della molitura delle olive, in biogas.
Il biogas è costituito principalmente da una miscela di metano e di anidride carbonica, generando dalla matrice “originaria” un digestato stabile più adatto allo spandimento sui terreni come ammendante o fertilizzante.
Tale processo avviene in condizioni di anaerobiosi, cioè in assenza di ossigeno a opera di un insieme di microrganismi in grado di convertire, con un’azione congiunta, macromolecole complesse in altre a peso molecolare più basso, come metano, anidride carbonica, acqua e ammoniaca».
Biogas per alimentare appositi cogeneratori
In particolare, puntualizza Bernardi, «durante la digestione anaerobica i polisaccaridi e i polifenoli vengono trasformati, grazie all’azione dei batteri anaerobi, nei loro rispettivi monomeri (monosaccaridi e fenoli); successivamente questi ultimi vengono convertiti in acidi organici come gli acidi acetico, lattico e formico con l’azione dei batteri acetogenici. Infine, i batteri metanigeni, fortemente caratterizzati per la loro sensibilità alle variazioni del pH, convertono gli acidi organici in biogas. La funzione attuale del biogas è di alimentare appositi cogeneratori, in grado di generare energia elettrica e termica».