Dopo un avvio di anno un po’ zoppicante, gli scambi internazionali hanno ripreso la loro progressione arrivando a chiudere il 2012 con un +5% in volume, a fronte di un meno che proporzionale +4% dei valori, da imputare anche alla generalizzata flessione dei listini alla produzione fino a giugno 2012.
Nel 2012 non si sono avute particolari modifiche alla graduatoria dei principali Paesi importatori. Prima l’Italia, seguita dagli Stati Uniti. Scorrendo tale classifica, peraltro, si registrano situazioni piuttosto variegate che vanno dalla lieve flessione dell’Italia, al deciso aumento degli Usa fino alla netta progressione della Spagna e al leggero passo indietro della Germania.
Limitando l’analisi al complesso Ue, considerando quindi solo gli scambi con i Paesi terzi, si evidenzia un +44% della domanda in volume, soddisfatta per lo più dalla Tunisia (+72%) che, non solo si conferma il primo mercato di approvvigionamento comunitario, ma raggiunge una quota pari all’87% dell’intero paniere della domanda Ue.
Nel 2012 la Ue ha comprato fuori dai propri confini 115mila t di olio di oliva e sansa, contro le 80mila del 2011. L’olio di oliva, sia di pressione che raffinato, fa come sempre la parte del leone con una quota che supera il 92%. All’interno di questo, è il segmento dell’extra e del vergine ad essere maggiormente rappresentato con 64mila t (+29%) e un +16% in valore, mentre il lampante, attestato a 39mila t, ha mostrato una progressione del 48% rispetto allo stesso periodo del 2011.
In termini di spesa si evidenzia un aumento per quest’ultimo segmento del 52%. Dei tradizionali Paesi fornitori, il Marocco è quello che ha subito una decisa riduzione delle richieste Ue (-39%), mentre il Cile, dopo una prima parte dell’anno in assoluta progressione ha chiuso l’anno con 2300 t, appena l’1% in più su base annua.
Continua, intanto, la crescita dell’export dei Paesi Ue verso gli extra Ue: +12% in volume, per un totale di 624 mila t, a fronte di un +10% degli introiti per complessivi 1,8 miliardi di euro.
Tra i principali importatori, a parte la flessione della domanda italiana, vale la pena analizzare gli Stati Uniti, la cui richiesta di olio estero nel 2012 ha raggiunto le 323mila t, con un incremento dell’11% in volume e del 10% valore, mettendo così a segno un risultato ottimo e inaspettato, per i Paesi fornitori, tenendo soprattutto in considerazione un avvio di anno piuttosto stentato.
La domanda Usa è stata particolarmente attiva soprattutto verso il prodotto di origine spagnola che ha raggiunto le 90mila t segnando un incremento pari al 34%. L’Italia, comunque, con una buona performance, resta leader tra i Paesi fornitori del mercato statunitense con una quota del 49% del totale e un volume che supera le 150mila t. Di rilievo il risultato della Tunisia che, con quasi 40mila t, ha incrementato le consegne sul fronte dei volumi del 62%, mentre sono crollate quelle del Marocco (-77%). Buono il risultato anche di Grecia (+20%) e Cile, che ha più che raddoppiato le proprie esportazioni negli Usa. Da tenere in considerazione che negli ultimi anni, sebbene non ci siano stati particolari spostamenti nella graduatoria dei fornitori Usa, ci sono invece stati importanti variazioni delle quote appannaggio dei singoli fornitori. Basti considerare il quasi perfetto effetto sostituzione tra Italia e Spagna. È pur vero che il mercato Usa è cresciuto ma in soli sei anni l’Italia è passata dall’avere il 58% dei volumi al 49%, mentre la Spagna è passata dal 18 al 28%.
Tra i Paesi “nuovi consumatori” si registra l’ottimo risultato del Brasile che ha visto salire le proprie importazioni di olio del 15% fermandole a 76mila t. In ottima ripresa anche la Cina la cui domanda è cresciuta del 28% in volume e del 25% in valore. La Spagna, sempre più leader indiscusso del mercato cinese con 28mila t, ha incrementato del 36% i volumi spediti nel 2012. Sempre in tema di nuovi Paesi si evidenzia il +12% della Russia.
Per quanto riguarda i mercati emergenti come Cina e Russia c’è da mettere in evidenza un punto di debolezza dell’Italia, soprattutto rispetto alla Spagna. Quest’ultima infatti è la leader indiscussa in questi Paesi.
L’Italia sembra quindi rincorrere gli spagnoli, e peraltro stando a molta distanza, nei Paesi non tradizionalmente consumatori mentre resta leader in quelli più consolidati, ma perdendo qualche quota di mercato. Fa un po’ eccezione la Germania dove dall’Italia arriva oltre il 70% dell’olio importato.
Passando dall’analisi della domanda a quella dell’offerta si evidenzia, in un generale aumento degli scambi internazionali, la battuta d’arresto proprio della Spagna. Il Paese iberico, infatti, dopo una discreta performance fino all’estate ha visto scendere le proprie esportazioni in volume a causa della scarsa produzione 2012/2013, chiudendo il 2012 a 880mila t, il 5% in meno rispetto all’anno prima. Resta indiscussa la leadership della Spagna tra i Paesi fornitori. Sul fronte dei valori, invece, grazie all’aumento repentino e significativo dei listini proprio durante l’estate e confermato anche nei mesi successivi, si registra sì una lieve flessione (-3%), ma meno che proporzionale rispetto ai volumi.
Di contro per l’Italia si evidenzia una crescita dei volumi del 4% in volume e del 3% degli introiti. In decisa ripresa l’export greco (+16%), mentre per il Marocco si può parlare di caduta libera (-54%). Bene, di contro, Portogallo e Turchia con una crescita delle esportazioni in volume rispettivamente del 20% e dell’86%.
Ma è la Tunisia la vera rivelazione 2012 (+68%) con oltre 140mila t esportate. Si consolida così come primo esportatore mondiale non comunitario e recupera le quote di mercato perse nel 2011.
Archiviati gli scambi con l’estero del 2012, veniamo a considerare cosa sta accadendo nel mercato all’origine. In aprile, Italia a parte, i prezzi internazionali dell’extravergine hanno subito un lieve passo indietro a partire da quelli iberici. Le quotazioni medie, infatti, sono passate da 2,87 a 2,84 €/kg. Del resto con prezzi che hanno raggiunto livelli che non si vedevano da sei anni è chiaro che il mercato abbia un pausa di riflessione. Peraltro la produzione spagnola sembra ancor più bassa di quella che ci si era aspettati.
Anche per il lampante spagnolo è tempo di frenate. Ad aprile, infatti, questo prodotto è sceso a 2,55 dopo essere salito fino a 2,67 €/kg in febbraio, raggiungendo il massimo degli ultimi anni.
La lieve flessione del mercato spagnola ha fatto scendere anche quello di Grecia. L’extra iberico è sceso a 2,66 dai 2,67 €/kg di marzo 2013. In controtendenza l’extra tunisino che, invece, è salito da 2,58 a 2,59 €/kg di aprile.
Un centesimo in più anche per l’extra italiano che passa da 3,08 € a 3,09. Certo non si può parlare di aumenti che, peraltro, sono stati rilevanti tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, mentre la primavera sembra portare più riflessione. Sulla scia del prodotto spagnolo, invece, anche il lampante italiano è sceso di qualche centesimo attestandosi in aprile a 2,24 €/kg contro i 2,31 di marzo.
(*) Ismea
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