Il mercato dell’olio di oliva vive ancora una fase molto complessa caratterizzata da rialzi dei listini in ogni fase della filiera e questo se da un lato sembra soddisfare la parte agricola, dall’altra lascia ampio spazio alle perplessità rispetto alla tenuta del sistema e soprattutto dei consumi. E poi c’è sempre da fare i conti con l’aumento dei costi che non sempre permette, nonostante questi livelli dei prezzi, di avere dei redditi soddisfacenti. Ma andiamo con ordine.
Produzione mondiale
Intanto la produzione mondiale secondo le ultime stime della Commissione Ue potrebbe essere la più bassa degli ultimi dieci anni nonostante la lieve ripresa della Spagna e l’aumento dell’Italia. A tale proposito le ultime stime Ismea sulla base dei dati dei registri potrebbero far propendere l’ago della bilancia su un terreno ancor più favorevole rispetto alle prime stime fatte a novembre.
Ma anche con l’Italia che potrebbe attestarsi abbondantemente oltre le 300 mila tonnellate, le disponibilità mondiali non sembrano spostarsi dai 2,4 milioni di tonnellate, in flessione del 5% rispetto alla campagna precedente.
Flessione che si consuma interamente nei Paesi extra Ue (-14%) e determinante è il -45% stimato per la Turchia non abbastanza controbilanciato dal +11% stimato per la produzione tunisina.
Nella Ue, alla luce delle nuove stime dell’Italia, potrebbe esserci un lieve segno positivo ma si aspetta l’aggiornamento dei dati iberici fermi a 767 mila tonnellate (+15%), mentre il calo della Grecia sembra consolidato (-49%). In un contesto, quindi, in cui come lo scorso anno si ripropone la mancanza di prodotto è inevitabile che i listini alla produzione abbiano ripreso indisturbati nel loro trend crescente.
Andamento dei prezzi
Solo a novembre, infatti, è sembrato che si fosse arrivati ad una certa stabilizzazione dei prezzi e per tutti gli operatori sembrava una situazione abbastanza prevedibile che con i frantoi a pieno regime, o quasi, le quotazioni si abbassassero un po’ tenendo anche conto delle previsioni produttive e del fatto inevitabilmente si continuasse a delineare un calo degli acquisti soprattutto nei canali della Gdo. Ma questa situazione è durata ben poco e già da dicembre Ismea ha rilevato una ripresa sia dei prezzi italiani che esteri.
La quotazione media dell’olio extravergine italiano in gennaio ha segnato record totalmente inimmaginabili solo pochi mesi fa. A gennaio e febbraio 2024, infatti, le medie hanno superato i 9,55 euro al chilo con il Nord della Puglia che ha sfiorato i 9,70 euro al chilo mentre nel Sud della regione si è arrivati a 9,30 euro al chilo. Sulla soglia dei 9,70 euro anche in Calabria.
In questa situazione di notevole rialzo dei listini sono due gli elementi da sottolineare:
- la riduzione del divario tra l’Evo di origine italiana e quello proveniente dagli altri competitori del bacino del Mediterraneo
- e l’assottigliarsi delle differenze di prezzo tra il prodotto convenzionale e il bio o il Dop dello stesso territorio.
L’aumento dei prezzi alla produzione ha provocato, con una differenza temporale dovuta al rinnovo dei contratti tra imbottigliatori e Gdo, anche ad aumenti sostanziali dei prezzi al consumo, con una decisa accelerazione proprio nell’ultimo trimestre dell’anno, accompagnati da flessioni degli acquisti.
Nuovi sbocchi
Questa tempesta “imperfetta”, che ha rivoluzionato in maniera importante la struttura dei prezzi, apre comunque delle importanti riflessioni. Se da una parte c’è una fetta di consumatori non disposto a spendere così tanto dall’altra ci sono consumatori che, pur con tanti distinguo, hanno acquistato anche a prezzi mai visti. A questo punto ci si chiede se con un divario ridotto di prezzi ci sia una parte di consumatori disposta a spendere comunque un po’ di più e avvicinarsi a prodotti considerati fino ad ora di nicchia o comunque in un segmento superiore che per loro natura ha una minor variabilità sia sul fronte produttivo sia su quello delle quotazioni. Da un certo punto di vista potrebbe essere un’opportunità sicuramente per i produttori ma anche per i consumatori che potrebbero essere incuriositi.
Alla flessione dei consumi interni, intanto, fa l’eco anche una domanda estera non certo brillante. Nei primi undici mesi del 2023, infatti, sono state esportate 300 mila tonnellate di olio di oliva a fronte di un introito pari a 1,9 miliardi di euro (+12,4%). Proprio per come è strutturata l’industria di imbottigliamento italiana non stupisce che anche l’import sia diminuito. Le quantità importate, infatti, sono state pari a 402 mila tonnellate, il 28% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a fronte di una spesa pari a 2,2 miliardi di euro (+15%). È evidente che in termini di valori sia dell’import che dell’export il 2023 ha segnato record assoluti.
L’articolo è pubblicato su Olivo e Olio 2/2024
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Euro/ kg | Prezzo minimo | Prezzo massimo |
Olio extravergine di oliva alla produzione (1) | ||
Bari | 9,50 | 9,85 |
Brindisi | 8,80 | 9,30 |
Catanzaro | 9,60 | 9,80 |
Chieti | 10,00 | 12,00 |
Cosenza | 9,60 | 9,80 |
Foggia | 9,40 | 9,45 |
Palermo | 8,70 | 9,00 |
Pescara | 10,00 | 12,00 |
Ragusa | 10,00 | 11,30 |
Reggio Calabria | 9,60 | 9,90 |
Taranto | 8,80 | 9,30 |
Trapani | 8,90 | 9,10 |
Olio extravergine di oliva di origine nazionale all’ingrosso (2) | ||
Genova | 9,55 | 9,55 |
Imperia | 9,55 | 9,55 |
Olio extravergine di oliva di origine nazionale all’ingrosso (2) | ||
Genova | 8,40 | 8,40 |
Imperia | 8,40 | 8,40 |
Olio vergine di oliva alla produzione (1) | ||
Brindisi | 7,70 | 8,70 |
Catanzaro | 8,30 | 8,60 |
Cosenza | 8,30 | 8,60 |
Lecce | 7,60 | 8,70 |
Rossano | 8,10 | 8,60 |
Taranto | 7,60 | 8,70 |
Olio lampante alla produzione (1) | ||
Brindisi | 6,90 | 7,10 |
Catanzaro | 6,70 | 7,10 |
Cosenza | 6,90 | 7,10 |
Gioia Tauro | 6,80 | 7,00 |
Lecce | 6,90 | 7,10 |
Rossano | 6,90 | 7,10 |
Taranto | 6,90 | 7,10 |
1) prezzi alla produzione, Iva esclusa, franco frantoio, in cisterne 2) prezzi all’ingrosso; prodotto in cisterne, franco arrivo imbottigliatore Fonte: dati Ismea - Aggiornati al 27/02/2024 |