Nello scorso numero di Olivo e Olio (4/2018), la rubrica ha ospitato una panoramica della legislazione e degli enti normativi sulla qualità degli oli di oliva. Una regolamentazione complicata e pressoché unica nell’agro-alimentare, con parametri di purezza e relativi limiti sottoposti ad una frequente ridiscussione, come per il caso dell’acido linolenico. Altri esempi sono forniti in questa seconda nota.
Il continuo evolversi delle tecniche analitiche consente la messa in evidenza di nuovi composti da un lato e la possibilità di dosare in maniera affidabile concentrazioni sempre più basse di determinati analiti importanti per la classificazione commerciale degli oli di oliva e l’eventuale individuazione di frodi
È il caso degli stigmastadieni, il cui limite, in fase di approvazione del metodo venne stabilito pari o inferiore a 0,15 mg/kg, valore un po’ elevato, ma in accordo con le prestazioni dei laboratori che iniziavano all’epoca a familiarizzarsi con il metodo di analisi, in seguito, il valore venne ridotto a 0,10 mg/kg e più recentemente, tenuto conto che la maggior parte dei laboratori monitorati dal Coi (sono circa un’ottantina) era in grado di misurare con esattezza e con una elevatissima riproducibilità valori di 0,02 o 0,03 mg/kg, il limite venne ulteriormente ridotto a 0,05 mg/kg.
Questa modifica però è attualmente criticata dalle aziende confezionatrici che mettono in evidenza come per problemi di cross contamination in fase di imbottigliamento, possa essere difficile rientrare in questo limite, mentre sarebbe possibile rimanere intorno a 0,06-0,07 mg/kg.
Eritrodiolo, verso la modifica
Un’altra ipotesi di modifica riguarda la misurazione del contenuto di eritrodiolo, questo parametro, previsto dalla legge italiana dai primi anni 1970, fu introdotto per discriminare gli oli di pressione da quelli estratti dalle sanse di oliva.
Il metodo di calcolo del contenuto degli eritrodioli (somma di eritrodiolo ed uvaolo), però, è basato sulla percentualizzazione dell’area dei picchi di questi composti in rapporto alla somma delle loro aree e di quelle degli steroli, in questo modo, se le aree degli steroli diminuiscono, il valore percentuale relativo degli eritrodioli aumenta.
È del tutto evidente che si tratti in realtà di un falso aumento, dovuto alla diminuzione dell’area degli steroli, il fenomeno può essere rilevante per gli oli d’oliva in quanto in fase di raffinazione una aliquota di steroli può essere rimossa dall’olio, si tratta di piccole quantità, sufficienti, tuttavia a portare il contenuto percentuale di eritrodioli ad eccedere il limite di 4,5%.
Ricordiamo che non esistono tolleranze ed un olio con, ad esempio 4,6% di eritrodioli non può che essere classificato come non conforme allo standard degli oli di pressione e dei loro derivati (gli oli raffinati derivano comunque dai lampanti che sono estratti per pressione).
Da molti anni le industrie di raffinazione italiane utilizzano come parametro il contenuto assoluto di eritrodiolo, espresso in mg/kg, in quanto si tratta di una grandezza non relativa, non soggetta a variazioni legate a quelle di altri parametri, come appunto, la concentrazione degli steroli.
Nel 2017, in ambito Coi, si è ottenuto che si prendesse in considerazione la possibilità di sostituire il contenuto percentuale degli eritrodioli con il valore assoluto del solo eritrodiolo, tralasciando nel computo il contributo dell’uvaolo, sia perché di limitata entità, sia perché nel tracciato gas cromatografico è presente un picco con tempo di ritenzione intermedio tra eritrodiolo ed uvaolo che spesso viene scambiato per quest’ultimo, con conseguenti dati non corretti.
È stata organizzata una sperimentazione collaborativa che ha dato ottimi risultati ed il metodo che prevede il calcolo assoluto è stato approvato, ora si è nella fase di stabilire dei limiti ed a tal fine il Coi sta raccogliendo dati e suggerimenti, pertanto si spera di potere, quanto prima, modificare questo parametro, eliminando il limite per il dato percentuale, sostituendolo con il contenuto assoluto di eritrodiolo.
Parametri non completamente normati
In questi casi, comunque, si sta parlando di parametri per la cui misura esistano metodi standardizzati e validati secondo le norme, dedicati a determinati analiti e dei quali si conoscano i margini di confidenza, esistono però parametri prescritti dalla normativa per i quali i metodi esistenti non sono adeguati: è il caso di quanto previsto dal Reg(Ce)432/2012 relativo agli “health claim”: nel caso degli oli d’oliva, il “claim” riguarda i polifenoli e fa riferimento testualmente a «Questa indicazione può essere impiegata solo per l’olio d’oliva che contiene almeno 5 mg idrossitirosolo e suoi derivati (ad esempio, complesso oleuropeina e tirosolo) per 20 g di olio d’oliva».
In questo caso siamo di fronte ad una inadeguatezza della legislazione: la verifica del requisito, infatti, non può essere fatta in quanto l’unico metodo validato per l’analisi dei polifenoli è quello adottato dal Coi che riporta i margini di precisione per la somma di tutti i biofenoli e non selettivamente per quelli citati dal regolamento suddetto.
Peraltro, va detto che la formulazione del Regolamento (e precedentemente dell’opinione dell’Efsa) non è del tutto corretta da un punto di vista chimico, non essendo il tirosolo un derivato dell’idrossitirosolo, mentre per l’oleuropeina, potrebbe semmai essere corretto il contrario, essendo l’idrossitirosolo una parte di quest’ultima molecola.
La considerazione che negli oli freschi la concentrazione di idrossitirosolo e tirosolo liberi, diversi ricercatori (Mulinacci, Purcaro, Rovellini, Brenes) hanno proposto alcuni metodi che realizzano l’idrolisi delle forme legate di idrossitirosolo e di tirosolo, anche se non dichiaratamente dedicati a fornire risultati utili alla certificazione della corrispondenza a quanto previsto dall’health claim.
La situazione attuale vede un gruppo di lavoro del Coi che si sta occupando della realizzazione di un ring test per la validazione del metodo, la pubblicazione di alcuni articoli di disanima della questione (Aparicio, Tsimidou) mentre il metodo proposto da Rovellini è stato sottoposto a una validazione (full validation) tramite una sperimentazione collaborativa che ne ha valutato ripetibilità e riproducibilità, secondo quanto previsto dalle norme ISO; attualmente è stato approvato come norma UNI e probabilmente verrà presentato in sede ISO nel meeting di Settembre.
Quindi in questo momento, c’è una norma europea che consente (non obbliga) di corredare un olio con una indicazione sulla sua composizione, ma manca un metodo ufficiale per potere verificare la rispondenza del prodotto alla norma in oggetto, va peraltro precisato che a parte il metodo Coi ed il metodo UNI, attualmente non esistono altri metodi validati per l’analisi quantitativa dei polifenoli.
Panel test sì, panel test no
Negli ultimi tempi son sempre maggiore insistenza, soprattutto su riviste online, sono state diffuse voci tese a sostenere che il Coi fosse in procinto di cancellare la valutazione sensoriale degli oli vergini di oliva, nota come panel test.
In realtà, si è trattato di discussioni avvenute presso la sede del Coi, nell’ambito di riunioni che sono state colà ospitate, ma che non hanno nessun nesso con le posizioni del Coi rispetto al panel test, obbligando il Coi stesso a diffidare chi diffondesse notizie non veritiere in tal senso.
Sono state espresse critiche alla affidabilità del panel, ma in ambito Coi ed Ue si è sempre sostenuta, semmai, la necessità di rafforzare il panel test, anche affiancandolo con tecniche strumentali, tanto è vero che nell’ambito del progetto Ue “Oleum”, un intero gruppo di lavoro è impegnato su questo fronte.