La produzione olivicola nazionale sta calando inesorabilmente dagli anni ‘90, con una certa accelerazione nell’ultimo decennio. Dal 2020 al 2023 si sono avute produzioni in un intervallo tra le 273.000 e 329.000 t di olio, livelli ben lontani dalle 500-600.000 t che si producevano 30 anni or sono. Anche per l’annata 2024/25 le stime sono al ribasso e non si supereranno i volumi prodotti nell’ultimo quinquennio.
L’Italia esporta olio extravergine di oliva in 164 paesi, per un valore complessivo di 1,7 miliardi di euro. I primi cinque mercati valgono il 64% dell’export (graf. 1).
I mercati più importanti per la produzione italiana, oltre quello interno, sono
- gli Stati Uniti (551 milioni di euro),
- la Germania (234),
- la Francia (150),
- il Canada (86)
- e il Giappone (83).
Il prezzo medio dell’olio italiano extra vergine di oliva esportato all’estero è di 7, 25 euro al litro, con differenze più o meno rilevanti a seconda dei mercati mentre le variazioni sono ovviamente maggiori di anno in anno. L’olio italiano è molto apprezzato dai consumatori esteri che lo preferiscono a quello spagnolo, greco o di altra origine. Secondo una recente survey (analisi di mercato) realizzata da Nomisma, negli Stati Uniti il 58% dei consumatori intervistati scelgono extra-vergine italiano, in Germania il 43%.
Oli Dop e Igp
La filiera olivicolo-olearia annovera attualmente 42 Dop e 7 Igp. La quantità di olio certificato per l’origine è ancora esigua (il 4% della produzione nazionale nel 2022), ma in aumento nell’ultimo decennio (nel 2013 era solo il 2%). Confrontando con la tendenza calante della produzione, i volumi certificati per l’origine si sono mantenuti costanti (graf. 2).
Considerato che aderiscono alle certificazioni circa 24.000 operatori per una superficie olivicola di oltre 174.000 ettari questo segmento della filiera già oggi ha dei numeri importanti, ma in prospettiva queste cifre possono aumentare considerevolmente anche alla luce delle nuove Igp che stanno completando l’iter autorizzativo.
Dal punto di vista quantitativo le indicazioni geografiche di maggiore importanza sono
- la Dop Terre di Bari che nel 2023 ha prodotto il 35% del volume complessivo certificato Dop/Igp in Italia,
- l’Igp Toscano (15%),
- la Dop Val di Mazara (11%)
- e l’Igp Sicilia (11%).
Esiste un rapporto inverso tra la consistenza in quantità certificata e il prezzo unitario del prodotto, anche se questa relazione non è “automatica”: ad esempio, sebbene il Riviera Ligure certifichi annualmente la medesima produzione dell’olio Umbria, riesce a spuntare un prezzo all’origine superiore del 36%, grazie anche alla sinergia con il turismo, un fattore in grado di dare valore a questa tipologia di prodotti.
I prezzi medi più alti sono appannaggio della
- Dop Brisighella (25 euro al litro),
- Dop Garda (16,7 euro al litro),
- Chianti classico (15 euro al litro),
- Riviera ligure (15 euro al litro),
- Dop monti Iblei (11,9 euro al litro)
- e Igp toscano (11,1 euro al litro).
In media, comunque, i prezzi degli oli a denominazione di origine venduti sugli scaffali della Gdo (grande distribuzione organizzata) sono più alti di oltre 4 euro al litro rispetto all’olio evo 100% italiano (9,5 euro al litro) o di quello comunitario (8,2 euro al litro).
Anche per quanto riguarda il canale commerciale si distinguono nettamente rispetto al 100% italiano e agli oli comunitari in quanto solo il 3% dell’offerta di olio Evo presente nella Gdo riguarda oli Dop e Igp (graf. 3).
Le esigenze dei consumatori
Un motivo di ottimismo è dato dal crescente interesse da parte dei consumatori verso gli oli certificati per l’origine. Gli oli Dop/Igp sono quelli più in crescita nelle vendite in Gdo insieme al 100% italiano, mentre calano i consumi del prodotto comunitario. Sempre da un’indagine realizzata da Nomisma (graf. 4), emerge che i consumatori italiani sono attenti a quanto riportato in etichetta e soprattutto all’origine. Gli intervistati controllano:
- Il 31% il luogo di origine delle olive,
- il 25% la località di produzione,
- il 20% la qualità,
- il 9% la marca,
- il 7% la data di scadenza,
- il 5% le informazioni nutrizionali.
Per quanto riguarda le aspettative dei consumatori gli intervistati affermano che
- l’olio è soprattutto un ingrediente per la cucina (22%),
- lo scelgono perché fa bene alla salute (20%).
Il ruolo salutistico ed organolettico dell’extra vergine è sempre più importante nelle scelte dei consumatori e rende questo prodotto unico rispetti ad altri grassi. Insieme all’importanza dell’origine, che pure pesa sulla qualità finale del prodotto queste tendenze in atto lasciano ben sperare per lo sviluppo delle produzioni Dop/Igp.
Le strategie di sviluppo
Se in partenza ci sono buoni presupposti è inutile illudersi che lo sviluppo delle produzioni certificate Dop/Igp sia un fenomeno ineluttabile ed automatico. In realtà è vero il contrario e del resto si è già visto in passato che non basta concludere le procedure di autorizzazione perché senza azioni incisive sui mercati non si ottengono risultati.
In primo luogo, certificare l’olio deve essere un processo attrattivo per i produttori, che vedono nel percorso di certificazione un elemento di crescita della propria azienda. Allo stesso tempo un olio a certificazione di origine deve essere attraente per i consumatori che vedono nella certificazione da parte di enti terzi l’aspetto distintivo rispetto ad altre produzioni. L’acquisto di una bottiglia di olio certificato porta con sé inevitabilmente la considerazione di aver portato a casa un prodotto di elevata qualità e di sicura provenienza per il quale si è disposti a pagare un premio di prezzo.
Tuttavia, il prodotto deve essere disponibile su vasta scala, ovvero sebbene rappresenti una piccola percentuale della produzione mondiale degli oli di oliva, il prodotto non può rimanere di nicchia, cioè con volumi talmente piccoli da divenire introvabile sul mercato. L’eccessiva frammentazione in Dop di piccole e piccolissime dimensioni nel passato ha costituito una dei motivi principali del fallimento di molti marchi di origine, la cui produzione è di fatto trascurabile o inesistente per i consumatori.
Come già noto, la produzione certificata vende non solo il prodotto, ma promuove un territorio nel senso più ampio del termine, cioè in tutti gli aspetti sociali, culturali, ambientali e paesaggistici. Al tempo stesso l’olio certificato deve saper veicolare messaggi di sostenibilità e modernità in sinergia con la comunicazione operata dal settore turistico ed eno-gastronomico.