Il percorso alla scoperta dei territori olivicoli italiani e delle varietà autoctone ci porta in Campania, che si colloca al sesto posto tra le regioni olivicole italiane con il 6% circa del totale nazionale; qui la filiera olivicola rappresenta uno dei segmenti più importanti dell’economia, non solo per il numero di operatori occupati e per l’indotto economico che movimenta, ma anche per l’entità delle superfici interessate, per gli strettissimi rapporti con il paesaggio e la difesa del suolo e per l’inscindibile legame con la storia, la tradizione e la cultura regionale. In particolare, andiamo a scoprire la porzione meridionale, in cui si sviluppa gran parte dell’olivicoltura.
Dalla penisola Sorrentina, dove si concentra il 75% dell’olivicoltura della provincia di Napoli, scendiamo nelle colline Salernitane in cui gli oliveti, che insistono prevalentemente nella fascia collinare, rappresentano circa la metà del totale provinciale ed il 30% di quella regionale, fino a raggiungere il Cilento, nell’area del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, caratterizzata dalla presenza di olivi secolari che costituiscono l’elemento dominante del paesaggio, dove l’olivicoltura rappresenta circa il 30% del totale regionale ed il 50% della provincia di Salerno. (…)
L’olivo nella storia e cultura del territorio campano
L’introduzione della coltivazione dell’olivo nella Campania meridionale è datata millenni. Fenici e Greci contribuirono ad una cospicua diffusione, portando la coltura in tutti i territori colonizzati, per la produzione di olio non solo a scopo alimentare, ma anche per unguenti e profumi ad uso estetico, o per essere bruciato in omaggio alle divinità. A Napoli vige ancora la tradizione del dono annuale di olio da olive alla lampada perpetua di San Gennaro, patrono della città.
L’attenzione per l’olivo e l’olio proseguì in epoca romana, così come documentato dai mirabili affreschi rinvenuti nelle ville di Pompei, con diverse scene riguardanti l’olivicoltura. Alla stessa epoca risalgono numerosi esemplari di frantoi a vite rinvenuti in varie zone della regione, insieme ai doli, grandi anfore in terracotta che, interrati nelle cantine, venivano utilizzati per la conservazione degli oli e dei vini. (…)
Nel Cilento recenti ricerche archeo-botaniche documentano la presenza dell’olivo già nel VI secolo a.C.; la tradizione vuole che le prime piante siano state introdotte dai Focesi. L’olivo era certamente presente tra i templi di Paestum e le rovine di Velia.
Il percorso varietale
Nella penisola Sorrentina la varietà maggiormente rappresentata è la Minucciola, che costituisce l’80-90% delle piante localmente coltivate. Diversi i sinonimi: Ogliarola, Cicinella, Olivo da Uoglio, Oliva di polpa.
La varietà si adatta alle condizioni ambientali della Penisola pur essendo esigente in cure colturali. È molto apprezzata per produttività elevata e costante e per la resa in olio, oltre che per la buona resistenza alla siccità e ai freddi invernali. È sensibile agli attacchi di mosca, meno a quelli di rogna, mentre è tollerante all’occhio di pavone.
La varietà è autosterile con piante di vigoria medio-elevata e portamento assurgente. Il frutto è piccolo, di forma ellissoidale corta, con piccolo umbone; il colore con la maturazione passa dal verde con lenticelle piccole e numerose, al rosso vinoso, fino al nero. L’invaiatura è precoce e scalare; anche la maturazione è precoce.
Nelle colline Salernitane il legame con il passato è garantito da un patrimonio varietale ricco e originale, nell’ambito del quale prevalgono le varietà Rotondella e Carpellese. (…)
Leggi l’articolo completo su Olivo e Olio n. 5/2019
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