La coltivazione dell’olivo è antichissima e sin dall’inizio gli olivi erano consociati ai seminativi e al pascolo. La consociazione, permettendo di produrre più alimenti e materiali dallo stesso terreno, rispondeva meglio della coltura specializzata alle esigenze dell’agricoltore, rivolte per lo più all’autosufficienza. Per questo la consociazione è rimasta prevalente per millenni, sino al secolo scorso. Secondo il Morettini, nel 1936-38 l’olivicoltura promiscua si estendeva su 1.351.500 ha, mentre quella specializzata su 821.000 ha.
Nel secolo scorso, però, l’agricoltura è cambiata tanto radicalmente quanto velocemente, sia dal punto di vista tecnico, con particolare riguardo alla meccanizzazione di diverse operazioni colturali (lavorazione, raccolta), sia da un punto di vista socio-economico, con calo degli addetti in agricoltura e produzione sempre più rivolta al mercato e non più all’autoconsumo. Anche l’oliveto si è specializzato sempre di più: nel 1970, sempre secondo il Morettini, l’olivicoltura promiscua era già scesa a 974.000, mentre quella specializzata era salita a 1.280.000 ha. Questo trend è continuato velocemente e se pure è difficile dare dei numeri precisi sull’entità dell’olivicoltura promiscua ad oggi, si può certamente affermare che la sua estensione è ormai molto ridotta. Ci sono però ragioni per ritenere che questo trend possa cominciare ad invertirsi. Infatti, il modello agricolo specializzato e industriale comincia a manifestare dei limiti, sia ambientali che economici […].
Consociazione e utilizzo foraggero

La consociazione dell’oliveto con altre colture e/o allevamenti può portare a produrre di più con meno risorse, se queste diverse produzioni sono complementari tra loro in termini di uso delle risorse naturali. Naturalmente non tutte le consociazioni sono possibili o convenienti e vanno studiate consociazioni compatibili dal punto di vista tecnico, così come dal punto di vista ambientale ed economico. Non si possono semplicemente ripescare le pratiche del passato. È difficile immaginare che si torni a coltivare il grano nell’oliveto: la competizione tra le due colture sarebbe troppo forte con i sesti di impianto dei moderni oliveti e non ci sarebbe spazio sufficiente per la mietitrebbia. Vanno studiate nuove forme di consociazione compatibili con i moderni oliveti, con le attuali possibilità di mercato e con le condizioni socio-economiche correnti […].
L’utilizzo di vegetazione, spontanea o coltivata, come foraggio, calibrando lo sfalcio anche in funzione dell’andamento stagionale, potrebbe ridurre il problema della competizione per l’acqua. L’utilizzo foraggero dell’oliveto, quindi, è probabilmente una delle pratiche più promettenti. Tanto più che gli erbivori in genere (ovini, caprini, bovini, ma anche equini e conigli) appetiscono non solo l’erba che cresce nell’oliveto, ma anche foglie e rametti provenienti dalla potatura, oltre che la sansa esausta e denocciolata […].
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