Dal progetto “Molti” spunti per il rilancio dell’olivicoltura italiana

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Tutte le soluzioni messe a punto dalla ricerca Crea per dare nuovo slancio agli oliveti tradizionali e intensivi. Lo sviluppo del comparto olivicolo-oleario può passare attraverso l’impiego di diversi modelli colturali, che possono integrarsi l’uno con l’altro in modo da prevedere “olivicolture” differenti

Recuperare il divario esistente fra l’olivicoltura italiana e quella dei Paesi concorrenti, offrendo ai produttori le conoscenze e le tecniche per una olivicoltura più moderna, competitiva e sostenibile. Questo è stato l’obiettivo al quale ha lavorato il progetto biennaleMOLTI - Miglioramento della produzione in oliveti tradizionali e intensivi”, finanziato dal Mipaaf e realizzato da tre centri di ricerca del Crea (Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura come capofila, Agricoltura e Ambiente, Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari), i cui risultati conclusivi sono stati presentati in una “due giorni” fra Spoleto (Perugia) e Roma.

Gaudio: «Un comparto con molti punti di forza»

Carlo Gaudio
Carlo Gaudio

Il comparto olivicolo-oleario italiano è tra i più importanti al mondo, ha introdotto il presidente del Crea Carlo Gaudio. «La produzione italiana incide per il 15-18% su quella mondiale ed è la seconda dopo quella spagnola. L’Italia è il secondo Paese esportatore, dopo la Spagna, e il primo importatore di olio d’oliva. Gli Italiani sono primi consumatori al mondo del condimento principe della dieta mediterranea e della cucina italiana. L’Italia vanta 1 milione di ettari di superficie olivetata, gestiti da 827mila aziende agricole, localizzate principalmente in Puglia, Calabria e Sicilia, ma anche in Campania, Abruzzo, Lazio e Umbria. L’olivicoltura italiana si distingue per gli elevati standard qualitativi (42 Dop e 7 Igp per oli extravergini di oliva e 4 Dop per olive da mensa) e la forte caratterizzazione territoriale (oltre 500 varietà). Eppure il comparto olivicolo-oleario italiano accusa ancora molti limiti e ritardi».

Gaudio: «Ma anche con molti punti di debolezza»

Infatti, ha proseguito Gaudio, nonostante l’eccellenza dell’olio extravergine di oliva italiano, esaltata da un patrimonio ambientale, paesaggistico e storico unico nel suo genere e dal carattere di multifunzionalità dell’olivicoltura, «il nostro comparto olivicolo-oleario si trova in forte ritardo rispetto alla concorrenza di altri Paesi olivicoli e ha bisogno di essere rilanciato attraverso il rinnovamento, l’innovazione e l’ampliamento delle produzioni, con un approccio che tenga in giusto conto la variegata realtà olivicola nazionale. Le difficoltà sono numerose:

  • dall’elevata polverizzazione delle proprietà (oltre il 60% delle imprese sono piccole e medie a conduzione familiare),
  • alla collocazione in ambienti collinari (più difficili per la meccanizzazione),
  • alla predominanza degli oliveti tradizionali (circa i tre quarti del totale), con densità inadeguate, sesti irregolari, alberi spesso vecchi, grandi e/o con più fusti, spesso meno produttivi e limitanti nell’uso delle macchine».

Lodolini: «Dal progetto MOLTI pluralità di risposte»

Enrico Maria Lodolini
Enrico Maria Lodolini

Ebbene, il progetto MOLTI, ha informato Enrico Maria Lodolini, ricercatore del Crea Olivicoltura, Frutticoltura e Olivicoltura e coordinatore scientifico del progetto stesso, «è stato incentrato in primo luogo sul recupero degli oliveti tradizionali in diversi areali italiani (Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio e Umbria) e con le principali varietà locali (rispettivamente Nocellara del Belice, Carolea, Cima di Bitonto, Leccino e Moraiolo). In tali oliveti è anche possibile una riduzione graduale dei costi, grazie a una gestione funzionale della potatura e a una diminuzione degli apporti esterni, a condizione che il suolo sia gestito in modo conservativo e con pratiche agroecologiche, in grado di incrementare la sostanza organica e la biodiversità e sostenere il recupero produttivo degli alberi.

Per gli oliveti intensivi, invece, sono stati studiati il comportamento vegetativo e produttivo e l’adattabilità di alcune varietà di olivo italiane all’allevamento in parete in differenti condizioni pedoclimatiche, l’utilizzo di pratiche per forzare la crescita e la produzione in impianti giovani nonché l’impiego di strategie di potatura e di gestione dell’acqua irrigua. Si tratta di tecniche funzionali per controllare l’equilibrio vegetativo e produttivo, assicurando così produzioni costanti negli anni. I risultati mostrano che alcune varietà italiane possono adattarsi a modelli colturali ad alta o altissima densità».

Lodolini: «Rilancio comparto con più modelli colturali»

Il rilancio del comparto olivicolo-oleario, ha concluso Lodolini, «può passare attraverso l’impiego di diversi modelli colturali, che possono integrarsi l’uno con l’altro in modo da prevedere “olivicolture” differenti, gestite con tecniche agronomiche coerenti rispetto al modello prescelto».

Dal progetto “Molti” spunti per il rilancio dell’olivicoltura italiana - Ultima modifica: 2022-04-07T13:02:36+02:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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