Nanotecnologia e Xylella, nanoparticelle per ridurre la carica batterica

nanotecnologie xylella
Il progetto “Demetra” sta sperimentando le nanotecnologie per trattamenti fitoiatrici contro Xylella fastidiosa
Primi risultati positivi dal progetto “Demetra”, che confermano gli esiti già osservati dall’applicazione di nanotecnologie su piante modello in serra. Ma sono da prendere con debita prudenza, perché non ancora avvalorati statisticamente in maniera significativa

Riduzione in due oliveti sperimentali della concentrazione della carica batterica di Xylella fastidiosa nelle tesi trattate con nanoparticelle di carbonato di calcio sulle quali è stato adsorbito timolo. Sono i primi risultati dell’attività di ricerca con nanotecnologia del progetto “Demetra”, interessanti perché confermano gli esiti già osservati su piante modello in serra. Si tratta di dati da prendere, ovviamente, con debita prudenza, perché non sono ancora avvalorati statisticamente in maniera significativa. Tuttavia è un fatto che nelle condizioni sperimentali date si osserva una riduzione della carica del batterio.

Il progetto “Demetra”

Il progetto “Demetra”, che ha durata biennale (è partito a gennaio 2019 e si concluderà a febbraio 2021), è stato finanziato dalla Regione Puglia, Por Puglia Fesr-Fse 2014-2020 Asse prioritario 1 – Ricerca, sviluppo tecnologico, innovazione – Azione 1.4.b “Supporto alla generazione di soluzioni innovative a specifici problemi di rilevanza sociale” – Bando Innolabs.

Del progetto fanno parte numerosi partner di ricerca attivi sul territorio pugliese: Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e la tecnologia dei materiali (Instm) dell’Università del Salento, Politecnico di Bari, Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp) Cnr di Bari, Centro di ricerca, sperimentazione e formazione in agricoltura (Crsfa) “Basile Caramia” di Locorotondo (Bari), Tct Nanotech, Agro.Biolab Laboratory, Lab Instruments, Ebf Euro Bio Fert.

Nanotecnologia per combattere la Xylella

Giuseppe Ciccarella
Giuseppe Ciccarella, docente dell’Università del Salento e coordinatore scientifico del Progetto “Demetra”

«L’obiettivo del progetto “Demetra” è stato ottenere protocolli fitoterapici per contrastare il disseccamento di olivi causato da Xylella, caratterizzati dall’applicazione di prodotti nanostrutturati con elevata biodisponibilità, rilascio controllato nel tempo, massima efficacia e bassissimo impatto ambientale – ha introdotto Giuseppe Ciccarella, docente del Dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali di Unisalento e coordinatore scientifico del progetto –. Perciò ha previsto la prototipazione e la sperimentazione di nuove tecnologie per affrontare questa emergenza fitosanitaria. L’attività sperimentale è stata effettuata in due campi prova in provincia di Lecce per valutare l’efficacia, nei confronti del batterio, di nanoparticelle di carbonato di calcio, impiegate o da sole o con timolo adsorbito su esse».

Vantaggi della nanoformulazione

La nanoformulazione permette di impiegare quantità minori di composto rispetto all’applicazione libera, massimizzandone l’efficacia, ha sottolineato Alessandra Truppi dell’azienda Tct Nanotech di Brindisi.

«Ci siamo occupati della produzione industriale di un nanoagrofarmaco per il contenimento di Xylella. Abbiamo scelto come agrofarmaco il timolo (o acido timico), ottenuto dagli oli volatili del timo, che presenta un forte potere antisettico, sulla base di precedenti studi condotti dal professor Ciccarella sulla sua efficacia.

Nella validazione del metodo di produzione industriale ci siamo focalizzati sulla preparazione di nanoagrofarmaci sfruttando la tecnologia dell’incapsulamento in nanocarrier di carbonato di calcio, il quale è un materiale atossico, ecocompatibile, poco costoso, caratterizzato da una superficie porosa, in grado di assorbire e quindi rilasciare il timolo.

Prima della produzione industriale, abbiamo preliminarmente effettuato test di efficienza e capacità di caricamento insieme con l’Instm. Abbiamo quindi ottenuto un prodotto con un rapporto 1:1 fra carbonato di calcio e timolo».

Due campi sperimentali

Enza Dongiovanni
Enza Dongiovanni, direttore del Crsfa di Locorotondo (Ba)

La sperimentazione, ha informato Enza Dongiovanni, direttore del Crsfa, è stata preceduta dalla ricerca di appezzamenti idonei per le finalità previste.

«Abbiamo cercato campi uniformi, con piante non eccessivamente grosse, perché l’attività sperimentale doveva essere di passaggio fra prove preliminari condotte in vaso in serra e prove definitive in campo. Abbiamo individuato due campi a Surbo e a Gallipoli.

Il primo, che ha avuto finalità curative, conteneva piante infette da Xylella e sintomatiche, che sono state sottoposte a diversi trattamenti per valutare l’evoluzione dei sintomi e della carica batterica nel tempo.

L’altro appezzamento ha avuto finalità preventive: nella primavera 2019 abbiamo impiantato astoni di olivo di sei mesi di età non infetti, prelevati dall’areale indenne da Xylella, sottoposti in seguito all’azione dei vettori del batterio e all’applicazione di trattamenti per valutare le differenze nel tempo della loro efficacia».

Campo sperimentale con finalità curativa

laboratorio
Laboratorio del Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (Instm) dell’Università del Salento

A conclusione delle prove sperimentali è stata osservata una riduzione della concentrazione della carica batterica sia nel campo ad attività curativa sia in quello ad attività preventiva, per la tesi in cui è stato impiegato il timolo in miscela con il carbonato di calcio applicato in nanoparticelle.

«Questa differenza è stata osservata in termini numerici, ma non è avvalorata da una statistica significativa – ha puntualizzato Dongiovanni –. Nella prova in cui sono state effettuate valutazioni con finalità curativa, stranamente anche la tesi in cui è stato impiegato nanocarbonato da solo ha dato una riduzione della concentrazione della carica batterica, ma anche in questo caso il risultato non si è differenziato statisticamente. Invece la tesi con timolo impiegato da solo in entrambi i campi non si è diversificata né numericamente né statisticamente dal testimone non trattato.

Se si considera l’evoluzione dei sintomi, nel campo ad attività curativa, in cui ci siamo messi nelle condizioni peggiori possibili per vedere gli effetti del prodotto in presenza elevata del batterio, lo sviluppo della malattia è stato abbastanza rapido: all’inizio dell’attività sperimentale quasi tutte le piante erano infette, mentre al suo termine il 100% delle piante è risultato infetto ed è stato osservato anche un incremento della evoluzione della severità dei sintomi, senza nessuna differenza significativa fra le tesi trattate. Quindi abbiamo osservato una riduzione della carica batterica, ma a essa non è stata associata una riduzione della severità dei sintomi, e non si sono osservate differenze fra le tesi trattate e non trattate».

Campo sperimentale con finalità preventiva

Nel campo sperimentale in cui sono state svolte attività di tipo preventivo, all’inizio nessun astone impiantato era infetto, ha proseguito Dongiovanni.

«Le piante sono state ingabbiate singolarmente e in ciascuna pianta è stato inserito un numero predeterminato di vettori infetti, per tre inoculazioni consecutive eseguite nel 2019. Poi le piante sono state sgabbiate e sottoposte a trattamenti, nello scorso febbraio, a cadenza di 15-20 giorni, infine sono state esposte alle infezioni naturali del vettore. In questo campo abbiamo rilevato una riduzione della carica batterica a seguito dell’impiego della miscela di carbonato di calcio e timolo, e attualmente non si osservano sintomi, né nelle piante trattate né in quelle non trattate.

Sarà interessante verificare se i trattamenti eseguiti potranno avere un’influenza sulla comparsa dei sintomi e sulla loro severità. Lo appureremo la prossima primavera o in tarda estate al massimo. Poiché stiamo partecipando a un altro progetto in cui valuteremo le nanoparticelle in miscela con altre sostanze, vogliamo proseguire questo tipo di valutazione per più anni, in modo da osservare il comportamento delle piante e delle molecole e capire che cosa accade».

Risultati da prendere con prudenza

Il grande valore del progetto, al di là dei risultati delle sperimentazioni, è stato mettere insieme vari enti di ricerca, uno sforzo sinergico per la lotta alla Xylella, ha concluso Ciccarella. «I risultati presentati da Dongiovanni vanno ovviamente presi con debita prudenza, perché la statistica è tiranna, tuttavia ci consentono di dire che nelle condizioni sperimentali sopra esposte si osserva una riduzione della carica batterica. Il progetto “Demetra” sta per terminare. Ma il Crsfa è presente, insieme con altri soggetti, in un altro progetto Pon del Ministero dell’università e ricerca che terminerà a novembre 2022: quindi per altri due anni sarà possibile osservare meglio gli esiti dell’applicazione di nanoparticelle nel contrasto a Xylella».

Nanotecnologia e Xylella, nanoparticelle per ridurre la carica batterica - Ultima modifica: 2021-01-18T11:15:35+01:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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