Ormai da diversi anni l’olivicoltura italiana mostra un forte ritardo e una perdita di competitività rispetto alla concorrenza internazionale, con produzioni che si stanno attestando in maniera drammatica e costante intorno alle 200mila tonnellate di olio di oliva.
Le difficoltà dell’olivicoltura italiana sono riconducibili a diversi fattori: ridotte dimensioni aziendali, collocazione in ambienti collinari e predominanza di oliveti tradizionali caratterizzati da sesti irregolari, densità inadeguate, alberi vecchi, grandi e/o policauli che, in generale, presentano limitazioni nell’ottenimento delle massime produzioni e nell’uso delle macchine.
Progetto MOLTI
È dunque chiaro che il comparto olivicolo-oleario italiano ha bisogno di un rilancio che deve passare sia per la valorizzazione degli elevati standard qualitativi e la forte differenziazione territoriale sia per l’incremento delle produzioni attraverso il recupero di oliveti abbandonati e l’aumento delle superfici olivate con impianti moderni e meccanizzabili. Questo per consentire il rilancio di uno dei settori più rilevanti dell’agricoltura italiana e poter rispondere alla sempre più crescente domanda internazionale di olio di oliva e olive da mensa.
Proprio a tale fine, nel 2016, è stato redatto un piano di settore olivicolo-oleario (Dm 3048 del 22 luglio 2016) in cui la Direzione Generale del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo (Mipaaft) ha incaricato il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) di presentare una serie di proposte progettuali per sviluppare linee di ricerca d’interesse.
Tra i progetti di ricerca finanziati nell’ambito del piano olivicolo nazionale si sviluppa il progetto triennale MOLTI “Miglioramento della produzione in oliveti tradizionali e intensivi” (Dm 13938/7110/2018 del 24/04/2018), coordinato da E. M. Lodolini, ricercatore presso il Crea - Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, sede di Roma.
Il progetto MOLTI, giunto al primo anno di attività, ha come obiettivo l’incremento dell’offerta produttiva implementando una serie di ricerche su oliveti tradizionali e ad alta densità.
Oliveti tradizionali
L’obiettivo è la messa a punto di tecniche innovative e sostenibili per il recupero della capacità produttiva di oliveti che spesso si trovano in una condizione di semi-abbandono. Le attività di ricerca sono in svolgimento in cinque differenti località italiane (Umbria, Lazio, Puglia, Calabria e Sicilia) e su varietà rappresentative degli areali individuati (rispettivamente Moraiolo, Leccino, Cima di Bitonto, Carolea e Nocellara del Belice) per fornire, alla fine del progetto, indicazioni pratiche e spendibili sul territorio circa le modalità di rilancio di tali oliveti.
In ciascun oliveto sono in corso attività di ricerca sulla potatura di riforma e/o di ringiovanimento al fine di recuperare la funzionalità e l’organizzazione della chioma e semplificare la struttura scheletrica in modo da predisporla ad un possibile utilizzo di attrezzature meccaniche per la raccolta (agevolatori manuali, scuotitori a tronco o a branca).
Oltre all’intensità di potatura, per capire i tempi e le modalità di recupero della forma a vaso, sono allo studio due diverse gestioni del suolo, conservativa (inerbito/trinciato) e non (lavorato), per valutare l’effetto singolo o combinato dei trattamenti di potatura e/o di gestione del suolo sul recupero della funzionalità della chioma e sulla produzione di frutti.
L’alta densità con germoplasma italiano
Gli obiettivi sono il rinnovamento e l’ampliamento della produzione attraverso la realizzazione di nuovi impianti ad alta densità utilizzando varietà italiane idonee e la messa a punto di protocolli gestionali efficienti per una rapida entrata in produzione di impianti in fasWe di allevamento e per assicurare la costanza produttiva in impianti adulti, applicando soluzioni coerenti con le specifiche condizioni dell’ambiente considerato.
Le attività di ricerca su impianti ad alta densità in fase di allevamento sono in corso in diversi areali (Toscana, Umbria, Lazio, Calabria e Sicilia) e stanno focalizzando l’attenzione sulle tecniche di forzatura della crescita per ridurre il tempo di entrata in produzione.
In particolare, sono allo studio diversi sistemi di controllo delle infestanti nel sottofila per ridurre le competizioni e di gestione della potatura, dell’irrigazione e della nutrizione per accelerare l’accrescimento vegetativo nei primi anni, in modo da ottenere pareti produttive al secondo-terzo anno dall’impianto a cui possa essere applicata una raccolta meccanica in continuo (con scavallatrice o raccoglitrice laterale in continuo).
In oliveti ad alta densità in piena produzione in Toscana, Marche, Puglia e Sicilia sono invece allo studio protocolli di gestione della potatura per il controllo vegeto-riproduttivo (intensità, epoche e posizioni differenti sulla chioma e in combinazione con interventi meccanizzati) e la messa a punto di strategie irrigue con somministrazioni in deficit idrico controllato, utilizzando sensori per il monitoraggio dei parametri eco-fisiologici delle piante e in modo da fornire un supporto alle decisioni dell’imprenditore olivicolo.
I risultati attesi del progetto MOLTI rientrano perfettamente negli obiettivi del Piano di settore olivicolo-oleario 2016 e aiuteranno a rispondere alla crescente necessità di implementare schemi di coltivazione specifici per differenti areali olivicoli italiani, preservando il germoplasma nazionale e valorizzando la qualità delle produzioni locali.
Inoltre, le attività di ricerca nell’ambito del progetto permetteranno di acquisire conoscenze utili per il recupero di impianti tradizionali e la loro razionale coltivazione e per promuovere il rinnovamento dell’olivicoltura attraverso la realizzazione di nuovi impianti ad alta densità con varietà italiane gestiti con soluzioni tecniche ad hoc per le specifiche condizioni pedo-climatiche.
Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Roma
L’articolo è pubblicato su Olivo e Olio n. 5/2019
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