Le olive da tavola (Olea europaea L.) rappresentano l’alimento fermentato più consumato nel bacino del Mediterraneo (Timpanaro et al., 2021). La fermentazione è un metodo per conservare nel tempo gli alimenti e, in alcuni casi come per le olive, è necessaria per rendere edibile il prodotto che appena raccolto presenta un sapore amaro. La fermentazione delle olive è un processo spontaneo guidato dal microbiota autoctono delle olive, che dipende da vari fattori intrinseci ed estrinseci con l’ottenimento di un prodotto finale di qualità variabile. Oggi le olive da mensa vengono consumate anche per l’elevato contenuto di composti bioattivi e benefici per la salute (Boskou, 2017), quali fenoli, fibre e vitamine (Pino et al., 2019). Infatti, sono sempre più richiesti alimenti con caratteristiche nutrizionali ottimali, caratteristiche funzionali e a ridotto contenuto di additivi di sintesi.
Nelle olive da tavola prodotte tramite fermentazione naturale, il processo di deamarizzazione è affidato esclusivamente a microrganismi naturalmente presenti sulle drupe, attraverso l’attività di due enzimi, la beta-glucosidasi e l’esterasi (Bianchi, 2003). Pertanto, per abbreviare e standardizzare la fase di deamarizzazione delle olive da tavola fermentate naturalmente è opportuno l’utilizzo di colture starter che, oltre a mantenere il pH sotto i livelli di sicurezza (inferiori a 4,5) attraverso la rapida produzione di acido lattico, accelerano il tempo di deamarizzazione grazie alla loro attività beta-glucosidasica (Tataridou e Kotzekidou, 2015). È auspicabile l’utilizzo di colture microbiche opportunamente selezionate per sopravvivere e moltiplicarsi nelle salamoie, che presentano sostanze inibenti per molti microorganismi. Infatti, nelle industrie olivicole la principale innovazione biotecnologica per la fermentazione delle olive è l’uso di colture starter microbiche selezionate (Bonatsou et al., 2017).
La selezione degli starter
Le colture starter possono essere costituite da un unico ceppo o da una miscela di ceppi preventivamente selezionati in base a caratteristiche tecnologiche specifiche tra cui
- l’omo- ed etero-fermentazione,
- la produzione di acidi organici,
- la tolleranza al sale,
- lo sviluppo del flavour,
- l’intervallo di temperatura,
- la capacità di idrolizzare i composti fenolici e in particolar modo dell’oleuropeina,
- la produzione di batteriocine.
Tra le specie di batteri lattici (LAB), i ceppi appartenenti alla specie Lactiplantibacillus plantarum sono spesso selezionati come colture starter (Hurtado et al., 2012) per la loro elevata versatilità, la tolleranza a condizioni di stress in salamoia, la capacità di crescere e cooperare con lieviti autoctoni fino alla fine del processo di fermentazione e la loro capacità di far fronte ai composti fenolici inibitori.
Anche alcuni lieviti si sono dimostrati potenziali starter per la loro capacità di migliorare il profilo sensoriale del prodotto (Lanza et al., 2021) e le sue proprietà antiossidanti (Foti et al., 2023). I ceppi autoctoni, isolati da drupe, a differenza dei ceppi commerciali, essendo ben adattati alle condizioni della carposfera, possono facilmente guidare il processo di fermentazione dominando il microambiente delle olive (Aponte et al., 2012).
I ricercatori del Crea-Ofa, nell’ambito del progetto Innolitec, hanno effettuato studi inerenti all’applicazione biotecnologica di ceppi batterici autoctoni isolati dalla superficie di drupe della varietà Carolea. La fermentazione con starter è stata applicata su olive pigmentate della cv. Nocellara messinese.
Le olive a piena maturazione sono state trattate con diverse colture starter sia commerciali che isolate da drupe, e sottoposte ad analisi chimiche e microbiologiche. Inoltre, le olive a fine fermentazione sono state sottoposte ad analisi sensoriale, secondo il metodo del Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi), per la valutazione dei descrittori cinestetici, del gusto e per l’identificazione di eventuali difetti. (…)
L’articolo completo con l’analisi di tutta la sperimentazione
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Tabella 1 - Fermentazioni sperimentali | |
Tesi | Trattamento - Inoculo |
A | Lactiplantibacillus plantarum (DSM 20205), batterio lattico commerciale di collezione |
B | Wickerhamomyces anomalus (DSM 6766), lievito commerciale di collezione |
C | Batteri lattici autoctoni isolati da olive (L1, L2, L3) e identificati come tre ceppi di L. plantarum |
D | Mix con i microrganismi delle tesi A, B, C |
E | Controllo senza inoculo |
Studio realizzatato nell’ambito del progetto “Innovazioni tecnologiche nella filiera dell’oliva da olio e da mensa” – Innolitec, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf, ex Mipaaf).
Gli autori dell'articolo sono del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura (Crea-Ofa), sedi di Acireale (CT) e Rende (CS) e del Centro di ricerca Foreste e Legno, sede di Rende (CS)