Durante la conservazione, l’olio extra-vergine di oliva (Oevo) va incontro ad una perdita delle sue tipiche caratteristiche sensoriali. La principale causa della perdita di qualità dell’olio durante la conservazione è, come noto, lo sviluppo di reazioni ossidative, che possono essere di natura enzimatica, foto-ossidativa o auto-ossidativa.
La velocità con cui procedono queste reazioni dipende da una serie di fattori. Sicuramente, di fondamentale importanza sono i parametri compositivi dell’olio. La suscettibilità all’ossidazione aumenta, infatti, all’aumentare del grado di insaturazione degli acidi grassi che costituiscono i trigliceridi dell’olio. Fin dal 1947 gli studi di Holman & Elmer (1947) dimostrarono che il linolenato risulta essere 2,4 volte più reattivo del linoleato che a sua volta è 40 volte più reattivo dell’oleato. L’olio di oliva è caratterizzato da una composizione in acidi grassi con un elevato rapporto monoinsaturi/polinsaturi. Questo gli conferisce una maggior stabilità all’ossidazione rispetto ad altri oli vegetali presenti sul mercato. Esso, inoltre, contiene tocoferoli e polifenoli, in concentrazione variabile a seconda della cultivar, che contribuiscono ulteriormente ad aumentarne la stabilità durante la conservazione.
Accanto a questi fattori compositivi, la velocità di ossidazione è, come noto, fortemente influenzata dalla concentrazione di ossigeno disciolto nell’olio e di quello presente nello spazio di testa della confezione. La quantità di ossigeno disponibile dipende sia dalle condizioni utilizzate in alcune operazioni tecnologiche, quali centrifugazione, decantazione e filtrazione, che dalle modalità di confezionamento, come il rapporto tra superficie di olio a contatto con lo spazio di testa e il volume dell’olio stesso, o l’utilizzo di gas inerti nello spazio di testa.
Di fondamentale importanza è anche il materiale utilizzato per il confezionamento del prodotto. Infatti, i materiali plastici tendono ad avere una maggior permeabilità all’ossigeno rispetto al vetro.
Stabilità durante la conservazione
Tutte le sopracitate caratteristiche sono in qualche modo quantificabili e “controllabili” durante le fasi di processo ed imbottigliamento del prodotto. Più difficile è, invece, tenere sotto controllo le variabili ambientali a cui il prodotto è soggetto durante la conservazione, in primis la temperatura. Come per tutte le reazioni chimiche, la temperatura di conservazione influenza notevolmente la velocità di ossidazione: all’aumentare della temperatura la velocità aumenta con una relazione che è stata molto spesso descritta con la ben nota equazione di Arrhenius. Non sempre, tuttavia, tale relazione viene rispettata e sono state descritte deviazioni dall’andamento atteso sia per temperature di conservazione inferiori alla temperatura di cristallizzazione dell’olio, sia per temperature elevate, oltre i 60 °C.
Infine, altro importante fattore è la possibile esposizione del prodotto a fonti luminose, che causa foto-ossidazione tramite l’eccitazione di sostanze fotosensibili. Quest’ultimo fattore diventa di primaria importanza durante l’esposizione delle bottiglie sugli scaffali dei supermercati. Per ridurre l’impatto della luce sulla qualità del prodotto, la scelta del packaging è fondamentale. L’utilizzo di semplici accortezze, quali conservare l’olio in bottiglie di vetro scuro o in contenitori di alluminio, consente di ridurre significativamente la velocità di ossidazione.
Ne deriva che la conoscenza delle condizioni di conservazione a cui l’Oevo viene mantenuto durante le fasi di trasporto, magazzinaggio ed esposizione dei punti vendita, sono di fondamentale importanza per stimarne la stabilità.
Sono quindi numerosi i fattori compositivi ed ambientali che influenzano la stabilità dell’olio confezionato. Poiché l’olio è un prodotto il cui consumo può essere parcellizzato in un ampio intervallo di tempo, va ricordato che all’apertura della bottiglia si assiste ad un aumento della disponibilità dell’ossigeno con conseguente accelerazione delle reazioni di ossidazione favorendo così una precoce perdita di qualità del prodotto (Nicoli e Calligaris, 2018).
Da quanto detto risulta evidente che riuscire a ridurre al minimo lo sviluppo delle reazioni ossidative durante le fasi di produzione e conservazione dell’Oevo è una sfida impegnativa per tutti i produttori e i venditori, ma che può consentire di fidelizzare il consumatore salvaguardando la reputazione aziendale. Tutto ciò fa comprendere l’importanza da parte delle aziende produttrici di Oevo di mettere in atto protocolli affidabili di stima della vita di scaffale che possano diventare strumenti essenziali in un contesto di mercato globale e altamente competitivo.
Va, infatti, ricordato che all’interno della Ue, i parametri di qualità che possono essere influenzati dalla conservazione non corretta (Tabella 1) sono fissati per legge, ovvero un olio etichettato come extra-vergine deve rispettare i limiti imposti dalla normativa per tutto il periodo della sua commercializzazione. In caso contrario, esso viene considerato non conforme alle norme di legge, con tutte le conseguenze del caso (frode in commercio).
Parametri di qualità* che possono modificarsi durante la conservazione | |
Parametro | Valore max nella normativa |
Numero di perossidi | ≤ 20 meq O2 / kg olio |
K232 nm | ≤ 2,50 |
K270 nm | ≤ 0,22 |
Sensoriale | Mediana dei difetti = 0 |
Mediana del fruttato > 0 | |
* Fissati dalla normativa dell’olio extra-vergine di oliva (Reg Cee 2568/91 e Reg. Del. Ue 2015/1830). |
Esperienze non pubblicate sviluppate tempo addietro presso il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Udine (Conte e Marega, 2014), riportate nei grafici 1 e 2, hanno confermato che l’esposizione alla luce per 8 ore al giorno a temperatura ambiente di un olio confezionato in vetro chiaro influenza drammaticamente i valori di due indici di qualità: numero di perossidi ed assorbimento nell’UV a 232 nm (K232), fino ad eccedere i limiti di legge.
Shelf life e termine minimo di conservazione
Il termine shelf life, che letteralmente significa “vita da scaffale”, è molto utilizzato e spesso abusato. In una definizione generale, per shelf life si intende l’intervallo di tempo dopo la produzione durante il quale l’alimento raggiunge il limite di accettabilità in definite condizioni di conservazione. Il termine shelf life, tuttavia, non compare come tale nella normativa di riferimento vigente. Secondo il Reg. Ue 1169/2011, sull’etichetta dei prodotti alimentari deve essere riportato il termine minimo di conservazione (Tmc) definito come “la data fino alla quale un prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione”. Il Tmc viene sostituito dalla data di scadenza per alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico che potrebbero pertanto costituire, dopo un breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana.
Questa definizione è alquanto vaga e lascia quindi alle aziende la responsabilità di definire cosa significhi “proprietà specifiche” dell’alimento. Queste ultime possono essere definite come il livello qualitativo che rende l’alimento non più idoneo per la commercializzazione e/o il consumo.
L’olio, un caso a parte
Per quanto riguarda l’Oevo, queste caratteristiche specifiche possono essere ritrovate nella normativa vigente che definisce le caratteristiche qualitative di un olio extra-vergine di oliva (Reg Cee 2568/91 e Reg. Delegato (Ue) 2015/1830). In particolare, tra tutti i parametri riportati nella normativa, quelli potenzialmente utilizzabili come limiti di accettabilità in studi di shelf life dell’Oevo sono quelli, riportati in tabella, che possono cambiare durante la conservazione in seguito allo sviluppo di reazioni di ossidazione.
Alcune indicazioni possono essere ritrovate nella Norma Commerciale del Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi/T.15/NC No 3/Rev. 11 Luglio 2016) che impone di riportare in etichetta il “best before” (Tmc) non specificando se la sua stima debba essere fatta a partire dal momento della raccolta delle olive, dalla loro spremitura o dall’imbottigliamento, sebbene sia lecito supporre a partire da quest’ultimo. La Norma del Coi, però non dà al consumatore indicazioni chiare riguardo le condizioni di conservazione dell’olio, mentre il Reg. di esecuzione (Ue) n. 29/2012 all’art. 4 fa riferimento, nelle norme sull’etichettatura, alla necessità di conservare il prodotto al riparo dalla luce e da fonti di calore.
Monitorare la vita di scaffale dell’olio
Dopo aver definito il limite di accettabilità, si può procedere con il vero e proprio studio di shelf life che implica il monitoraggio dell’evoluzione, in condizioni ambientali definite, dell’indicatore dell’alterazione prevalente. Nell’Oevo, gli indicatori da seguire sono essenzialmente quelli riportati in tabella e tra questi andrà definito quello più precoce, cioè quello che viene superato per primo nello studio di shelf life. È importante ricordare che gli studi di shelf life possono essere condotti applicando due approcci:
- test in condizioni di conservazione che simulino quelle reali (real time shelf life testing) e
- test in condizioni di conservazione tali da accelerare l’evento alterativo (accelerated shelf life testing).
Real time shelf life testing
La prima strategia è teoricamente applicabile a tutti i prodotti alimentari e prevede la conservazione del prodotto in condizioni simulanti quelle che si realizzano durante la commercializzazione del prodotto. Queste condizioni vanno attentamente selezionate e controllate durante il test al fine di non incorrere in pericolose sovrastime della shelf life. Questo approccio risulta particolarmente efficace soprattutto per prodotti refrigerati, con una vita commerciale breve.
Accelerated shelf life testing
Al contrario, quando l’oggetto dello studio è un alimento con shelf life medio-lunga, come l’Oevo, i tempi richiesti per lo studio potrebbero non essere compatibili con le necessità aziendali. In questo caso, si può ricorrere a test di invecchiamento accelerato che prevedono la conservazione dell’alimento in condizioni di conservazioni tali da accelerare la cinetica dell’evento alterativo prevalente. Conoscendo la relazione matematica tra la velocità di reazione e il fattore accelerante sarà possibile prevedere la shelf life del prodotto nelle normali condizioni di conservazione, anche se il test è stato condotto in condizioni accelerate. Questo approccio può apparire complesso e laborioso, tuttavia può diventare un potente strumento da utilizzare nella validazione periodica della shelf life.
Dall’osservazione alla stima della shelf life
Va notato che, per quanto riguarda l’Oevo, la letteratura scientifica è ricca di studi di stabilità (studio dell’evoluzione degli indicatori qualitativi nel tempo), ma povera di studi di shelf life. Del Nobile et al. (2003) hanno valutato l’effetto del materiale di confezionamento e della sua forma e dimensione sulla degradazione ossidativa dell’olio. Il modello predittivo ottenuto, comunque, non teneva in considerazione gli effetti di temperatura e radiazione luminosa durante la cinetica di ossidazione.
Successivamente, Coutelieris e Kanavouras (2005) hanno studiato la variazione della concentrazione di esanale durante la conservazione di Oevo a diverse temperature, stimando l’energia di attivazione delle reazioni ossidative. Gli stessi autori (Kanavouras e Coutelieris, 2006), hanno valutato altri aspetti della degradazione dell’olio durante lo stoccaggio. Inoltre, Mancebo-Campos et al. (2008) svilupparono uno studio cinetico per stimare la potenziale shelf life dell’olio di oliva, mentre Aparicio-Ruiz et al. (2008) utilizzarono come marker dell’invecchiamento dell’olio di oliva la degradazione delle pirofeofitine. Un modello empirico è stato proposto da Guillaume e Ravetti (2016), che utilizza il tempo di isomerizzazione degli 1,2 digliceridi, la concentrazione di pirofeofitina A e la concentrazione degli acidi grassi liberi per predire la shelf life.
La valutazione dei diacilgliceroli e quella delle pirofeofitine, proposte in tempi differenti da Serani (2001) e da Gertz e Fiebig (2006) con lo scopo di identificare oli termicamente trattati, sono ritenuti parametri utili a fornire informazioni integrative sulla freschezza del prodotto, quindi in qualche modo relazionabili alla shelf life, ma non sono stati giudicati sufficientemente affidabili per essere adottati come parametri ufficiali dalla Ue e dal Coi, anche se alcune norme li hanno adottati (standard Australiano e standard della California).
Sperimentazioni in atto
Sebbene in letteratura sia possibile trovare molto materiale riguardo la realizzazione di modelli per predire la shelf life di numerose tipologie di alimenti, poco è stato fatto finora per quanto riguarda l’olio extra-vergine di oliva. Nei lavori reperibili, i molteplici fattori, sia ambientali che compositivi, vengono generalmente trattati in modo disgiunto e manca un lavoro organico che tenga in considerazione allo stesso tempo l’effetto di entrambe le variabili.
A partire da queste considerazioni, il lavoro attualmente in atto presso il Dipartimento di Scienze Agro-Alimentari, Animali e Ambientali dell’Università degli Studi di Udine ha lo scopo di mettere a punto modelli di previsione della shelf life di Oevo che possano essere utilizzati dalle aziende come strumento per prevedere l’evoluzione dei parametri qualitativi dell’olio durante la conservazione. A tale scopo, oli diversi per composizione e modalità di confezionamento verranno sottoposti a test di invecchiamento accelerato, utilizzando temperatura e luce come fattori acceleranti. I risultati cinetici consentiranno infine di ottenere modelli integrati di previsione della shelf life.
Gli autori appartengono al dipartimento di Scienze Agro-Alimentari, Animali e Ambientali, Università degli Studi di Udine.
La bibliografia completa è disponibile su richiesta.