Tutti dicono “fa bene”, ma è davvero così?

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Perché tra tanti oli extra vergini di oliva, ottimi condimenti, solo alcuni riducono il rischio cardiovascolare

Il consumatore dichiara, con sempre maggiore frequenza, di voler acquistare solo alimenti di qualità, ma spesso non è in grado di definirla né di sceglierla, perché non dispone di informazioni adeguate e non è pienamente consapevole di ciò che trova esposto sullo scaffale.

Questa situazione si traduce spesso in una discrepanza tra ciò che l’acquirente desidera e ciò che effettivamente mette nel carrello della spesa.

La qualità percepita vs. la qualità reale: la complessità dell’olio extra vergine

Il fenomeno è particolarmente evidente nel settore dell’olio di oliva, dove il concetto di qualità può assumere almeno quattro diverse accezioni:

  • dalla qualità merceologica (extra vergine di oliva, olio di oliva, olio di sansa di oliva),
  • a quella sensoriale (il giusto equilibrio tra profumi e gusto),
  • fino agli aspetti nutrizionali e salutistici (relativi al contenuto di polifenoli, tocoferoli, acidi grassi mono- e poli-insaturi).

Nel caso degli oli extra vergini di oliva, non è scontato ritrovare tutte queste caratteristiche contemporaneamente all’interno della stessa bottiglia.

La normativa stabilisce con precisione i limiti chimici relativi alla degradazione idrolitica e ossidativa, prescrivendo l’assenza di difetti e la presenza del fruttato. Tuttavia, un profilo sensoriale disarmonico o un basso contenuto di polifenoli, vitamina E ed acido oleico non rendono l’olio extra vergine non conforme alla legge.

In un contesto comunicativo dominato da messaggi diffusi, generici e orientati alla semplificazione, rassicuranti per il consumatore medio perché di facile comprensione, si rischia però di compromettere l’accuratezza dell’informazione. Ciò genera spesso pregiudizi infondati che ostacolano un acquisto consapevole.

Uno dei bias più comuni è credere che, per sola origine botanica, tutti gli oli extra vergini di oliva possano essere considerati alimenti funzionali, cioè ricchi di molecole capaci di ridurre il rischio di malattie. Questa convinzione porta molti a sostenere che “l’olio extra vergine di oliva fa bene alla salute”, commettendo un errore di semplificazione eccessiva.

Quando il claim è (davvero) scientifico

Se volessimo affermare correttamente quanto dimostrato dalle evidenze scientifiche validate dall’Efsa, dovremmo invece dire: “l’olio extra vergine di oliva ricco di polifenoli (>250 mg/kg), tocoferoli (>300 mg/kg) e acido oleico (>70%) fa bene alla salute”.

In questo contesto si inserisce il valore del claim salutistico, una frase chiara e legalmente approvata che consente di distinguere sullo scaffale il prodotto con reali proprietà benefiche da tutti gli altri extra vergini che sono, comunque, ottimi condimenti.

Leggi anche:Claim salutistici per differenziare gli oli extravergini

Eppure, uno strumento semplice come il claim dei polifenoli è ancora poco adottato dalle imprese, che ne percepiscono vantaggi marginali a fronte di rischi elevati.

È importante ricordare, infatti, che tutto ciò che viene dichiarato in etichetta deve essere garantito fino alla data di scadenza: i composti fenolici, per loro natura, tendono a degradarsi nel tempo.

Qualora, prima che sia trascorso il Termine Minimo di Conservazione (TMC) indicato in etichetta, il contenuto risultasse inferiore alla soglia stabilita dall’Efsa, il prodotto potrebbe essere oggetto di sanzioni in caso di controllo.

Questo timore, tuttavia, è ingiustificato. Segmentare la produzione e introdurre una linea salutistica significa acquisire piena consapevolezza della qualità chimica dell’olio selezionato e rispondere alle aspettative di un consumatore disposto a pagare un prezzo più elevato per un prodotto che rispecchia un suo preciso requisito di qualità: un alimento nutraceutico, in grado di contribuire concretamente alla riduzione del rischio cardiovascolare.

Se la soglia biologicamente attiva fissata dall’Efsa è di 250 mg/kg (di idrossitirosolo e suoi derivati), non è corretto definire “salutistico” un olio che supera appena tale valore (~300 mg/kg).

Il claim in etichetta comunica al consumatore che due cucchiai al giorno di quell’olio apportano una quantità efficace di polifenoli bioattivi.

Perché ciò sia garantito, l’olio deve presentare all’imbottigliamento una concentrazione iniziale decisamente più alta della soglia biologicamente attiva fissata dall’EFSA (>500 mg/kg), in modo da resistere agli stress legati alla conservazione sugli scaffali e all’utilizzo domestico, come l’ossigeno introdotto con l’apertura o il calore dei fornelli.

Il valore nascosto dei polifenoli: dalla drupa alla bottiglia

Se è vero che il consumatore deve diventare più consapevole nelle sue scelte d’acquisto, è altrettanto vero che il produttore deve acquisire consapevolezza nelle proprie scelte produttive.

È proprio qui che risiede la rivoluzione: nella volontà di offrire un extra vergine ricco di polifenoli, realmente salutistico.

È ormai scientificamente dimostrato che il contenuto in polifenoli — molecole idrofile difficili da trattenere nella fase lipidica — dipende da molteplici fattori:

  • dalla selezione varietale,
  • a pratiche agronomiche che stimolino la sintesi fenolica nell’epicarpo della drupa,
  • fino alla scelta di un’epoca di raccolta precoce,
  • all’impiego di tecnologie avanzate nei frantoi,
  • al rispetto di rigorosi standard igienici
  • e all’adozione di condizioni di conservazione ottimali per preservare l’integrità ossidativa delle molecole.

Ma lo sforzo aziendale non si esaurisce con la produzione:

  • è necessario effettuare test di shelf-life,
  • valutare il formato di bottiglia più adatto per la vendita
  • e determinare la quantità iniziale di polifenoli all’imbottigliamento

in modo da garantire che, al raggiungimento del Termine Minimo di Conservazione (TMC), il prodotto mantenga un contenuto fenolico superiore alla soglia minima prevista dalla normativa condizione che tutela l’azienda dal rischio di sanzioni e soddisfa l’aspettativa del consumatore disposto a pagare di più per un prodotto che fa davvero bene!


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Tutti dicono “fa bene”, ma è davvero così? - Ultima modifica: 2025-05-27T15:51:58+02:00 da Barbara Gamberini

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