La storia che l’inula viscosa sia in grado di contribuire indirettamente al contenimento degli attacchi della mosca delle olive è una lunga storia, tornata di recente a essere sostenuta e proposta anche da istituzioni pubbliche di grande prestigio nell’ambito delle scienze agrarie. Ma la biodiversità funzionale e l’entomologia applicata sono un’altra storia.
L’inula viscosa, Dittrichia viscosa (L.) Greuter subsp. viscosa, nota anche come Inula viscosa (L.) Aiton subsp. viscosa, è una pianta cespugliosa e generalmente sempreverde della famiglia delle Asteraceae (foto in apertura). Piuttosto comune nelle regioni mediterranee, è una specie tipicamente eliofila e ruderale, diffusa negli incolti, lungo le strade e le capezzagne, nelle rupi e sulle scarpate. Le caratteristiche botaniche, fisiologiche, fenologiche ed ecologiche di D. viscosa sono l’oggetto di una recente e puntuale review di Parolin et al. (2014). Grazie alla sua rusticità e capacità di adattamento, la specie colonizza anche terreni poveri, siccitosi e pietrosi. Resiste bene allo sfalcio, ricacciando vigorosamente e per la vischiosità delle foglie e l’aroma resinoso è rifiutata dal bestiame. Può diventare invasiva comportandosi come infestante nei pascoli degradati e nei filari delle colture arboree (frutteti, oliveti, vigneti), mentre rifugge dai seminativi regolarmente lavorati su tutta la superficie.
Dal punto di vista botanico, è un frutice legnoso alla base, abbondantemente ramificato, alto in genere 50–80 cm, con foglie e germogli pubescenti, glandolosi e vischiosi, emananti un forte odore aromatico di resina. I fiori sono riuniti in vistosi capolini gialli di 1,0-1,5 cm di diametro, a loro volta riuniti in abbondanti e lunghe pannocchie terminali. I fiori periferici sono femminili e ligulati, quelli interni sono ermafroditi, con corolla tubulosa, giallo dorata terminante con cinque denti. Il frutto è un achenio lungo circa 2 mm, fornito di un pappo peloso con peli riuniti alla base. La fioritura è scalare e si protrae per un tempo piuttosto lungo, da agosto a ottobre.
L’abbondante produzione di polline e la lunga fioritura ne fanno una pianta mellifera abbondantemente bottinata dalle api. Il miele di inula è tuttavia poco apprezzato dal mercato, sia per il sapore sia per la cristallizzazione irregolare, ma anche per i problemi di conservazione dovuti al tasso di umidità relativamente elevato. Altro limite dell’inula viscosa, quale pianta mellifera, è che non di rado può sovrapporre la propria fioritura a quella del corbezzolo con la conseguenza di un possibile frequente inquinamento del miele di corbezzolo, molto più pregiato, con nettare e polline di inula.
Eupelmus urozonus Dalman, 1820 (Hymenoptera Chalcidoidea Eupelmidae) è un bel microimenottero parassitoide, che allo stadio adulto ha una femmina dal corpo slanciato, lungo 2,5-5,0 mm, di colore verdastro con riflessi rameici, provvisto all’estremità del gastro di un evidente ovopositore nero e giallo (foto 3). Diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo è stato segnalato su una trentina di ospiti distribuiti fra lepidotteri, ditteri, coleotteri e imenotteri, cui è associato come parassitoide primario o più spesso come iperparassitoide.
In area circummediterranea uno degli ospiti più conosciuti di E. urozonus, oltre alla mosca delle olive, Bactrocera oleae (Rossi, 1790), è Myopites stylatus (Fabricius, 1794) (Diptera Brachycera Tephritidae), la cui larva vive nelle galle floreali di D. viscosa (foto 1 e 2).
Questo dittero attacca i fiori dell’ospite in agosto per passare in diapausa il periodo invernale. E. urozonus parassitizza le larve di M. stylatus in autunno, passa poi l’inverno in diapausa larvale come il suo ospite, per poi tornare ad attaccare le larve di M. stylatus o i suoi parassitoidi primari nuovamente in primavera. Questo tefritide può dunque servire come ospite invernale per E. urozonus, ma l’importanza di questo ospite secondario è variabilissima e la sua influenza sul tasso di parassitismo da parte dello stesso nei confronti di B. oleae non è mai stato stabilito con precisione, nemmeno per contesti olivicoli ben conosciuti (Neuenschwander et al., 1986; Menichelli, 1999).
L’agroecosistema oliveto si caratterizza, almeno nelle sue forme tradizionali, per disporre di notevole biodiversità e “naturalità”, requisiti strettamente associati alla “resistenza intrinseca” della coltivazione alle avversità biotiche.
Risulta quindi di fondamentale importanza che nel processo di intensificazione della coltura non si perda di vista il ruolo strategico della biodiversità vegetale, ma anzi si valorizzi attraverso intelligenti scelte agronomico-colturali di gestione del territorio (infrastrutture di compensazione ecologica), in grado di rispondere alle sempre più pressanti esigenze di sostenibilità di filiera.
Ciò detto è quanto mai illusorio pensare che basti avere nell’oliveto questa o quella specie vegetale (eventualmente ospite di tefritidi contrastati da antagonisti associati anche a B. oleae) per difendersi efficacemente dagli attacchi della mosca delle olive.
È questo anche il caso di Dittrichia viscosa, sopra sinteticamente ricordato!
La bibliografia completa è disponibile su richiesta.
L’articolo è pubblicato nello speciale Difesa di Olivo e Olio n. 4/2021
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