Lunedì 18 settembre si è tenuto presso l’Accademia dei Georgofili un convegno che ha affrontato molteplici aspetti della difesa fitosanitaria in olivicoltura. A partire dalle principali problematiche come Xylella fastidiosa spp. e molti altri fitofagi chiave come Bactrocera Oleae e Prays Oleae, la discussione si è anche incentrata sulle difficoltà di gestione dovute anche all’influenza dei cambiamenti climatici, dall’abbandono degli oliveti e dalla diminuzione della presenza di fitofarmaci disponibili sul mercato.
Xylella Fastidiosa spp. stato dell’arte
Il primo intervento, a cura di Donato Boscia (CNR- Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante), ha dato uno scenario epidemiologico della Puglia a 10 anni dalla prima segnalazione di Xylella Fastisiosa spp. Ad oggi, il batterio è presente sul 40% del territorio pugliese interessando le province di Lecce e Brindisi. Fino al 2018 l’avanzamento delle infezioni è stato molto rapido compromettendo circa 15 milioni di olivi, in questi ultimi anni invece è stato registrato un attenuamento dell’espansione.
I due fenomeni principali sono
- un rallentamento della diffusione di nuovi focolai nella parte settentrionale della regione
- e una attenuazione dell’impatto del batterio nell’area a sud di Brindisi.
Le motivazioni di questi cambiamenti sono molteplici.
- I cambiamenti climatici hanno creato un ambiente meno favorevole alla diffusione del batterio.
- Altro fattore determinante è la gestione dell’oliveto, nella “piana dei monumentali”, ad esempio, i terreni sono lavorati così da ridurre la presenza di infestanti e di conseguenza anche quella del vettore.
- Le azioni di contenimento della diffusione sono state migliorate e rese più efficaci,
- ma l’altro fattore determinante è la presenza di una popolazione di vettori meno abbondante.
Riguardo all’attenuazione dei sintomi registrata nel basso Salento si può parlare invece di un cambiamento del quadro epidemiologico, non sono state infatti rilevate mutazioni genetiche del batterio. Ciò che è cambiato è stata la creazione di un serbatoio di inoculo ridotto, data dalla riduzione massiva della vegetazione, dalla rimozione di oliveti fortemente danneggiati, dal divieto di impianto di cultivar suscettibili e purtroppo anche dai frequenti incendi estivi, pratiche che si riflettono sull’efficienza di trasmissione del vettore.
Epidemiologia e difesa
L’epidemia di Xylella ha messo luce sulla necessità di imporre sforzi legislativi nazionali e internazionali al fine di ridurre il rischio di introduzione e diffusione di patogeni devastanti. Stefania Tegli, Università degli studi di Firenze, ha definito la situazione fitopatologica dell’olivo “poliedrica” descrivendo quali siano gli aspetti critici relativi alla protezione fitosanitaria dell’olivo. L’aumento dei rischi di diffusione di nuovi fitopatogeni è dovuto all’aumento a livello globale della movimentazione di materiale vegetale. La protezione dell’olivo dovrà essere dunque più inclusiva, cercando di stabilire le corrette misure di applicazione verso tutti i fitopatogeni di questa specie vegetale, siano questi invasivi e/o alieni che quelli endemici. La tutela della filiera olivicolo olearia è dunque da considerarsi fondamentale, specialmente per tutti quei paesi a vocazione produttiva del bacino del mediterraneo.
Entomologia olivicola e gestione colturale sostenibile
È stata affrontato anche l’argomento riguardo a due dei patogeni chiave dell’olivo: mosca dell’olivo (Bactrocera Oleae) e tignola dell’ulivo (Prays Olea). Gli interventi rispettivamente a cura di Angelo Canale (Università di Pisa) e Bruno Bagnoli (Università della Tuscia) hanno messo a confronto queste due avversità.
Una delle differenze principali tra i due patogeni sta nel fatto che la presenza della mosca olearia è fortemente influenzata dalla presenza di drupe e dalle condizioni climatiche, mentre la presenza di tignola negli oliveti è strettamente connessa alla presenza di antagonisti naturali.
Bactrocera Oleae o mosca dell’olivo
La difesa dalla mosca dell’olivo si è sempre svolta con due modalità principali:
- quella adulticida o attract & kill
- e quella contro uova e larve con insetticidi citotropici.
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Prays Olea o tignola dell’ulivo
Per quanto riguarda invece la lotta alla tignola, si è sempre ritenuto che la seconda generazione (carpofaga) fosse quella più critica in quanto causa della cascola delle drupe. Nonostante questo, è solo la prima generazione (antofaga) che può essere efficacemente combattuta perché in grado di ingerire formulati a base di Bacillus thuringiensis.
Si presenta dunque la necessità di rivedere le soglie di tolleranza anche per P.Oleae in relazione alle tipologie di olivete interessate. A questo scopo, nuovi dispositivi di monitoraggio automatizzato per la previsione dei voli, così come metodi di confusione sessuale tramite dispositivi areosol contribuiranno ad un migliore controllo della tignola.
Nuove problematiche dei sistemi olivicoli
Eric Conti (università di Perugia) insieme con Ruggero Petacchi e Alice Caselli (Scuola Superiore Sant’Anna) si sono invece dedicati a alcuni insetti che recentemente hanno destato attenzione per la loro dannosità. In particolare stimo parlando di Halyomorpha halys, Palpita vitrealis e Dasineura Oleae.
Halyomorpha halys o Cimice asiatica
H. halys o cimice asiatica è una specie invasiva altamente polifaga che danneggia erbacee e arboree causando molti danni soprattutto a colture frutticole in quanto a causa delle sue punture trofiche causa deformazione e abscissione dei frutti. Purtroppo, al momento monitoraggi e tecniche di cattura massale sono risultati poco efficaci.
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Palpita vitrealis o Margaronia
In Toscana si sono rilevati incrementi delle popolazioni di fitofagi considerati di minore importanza. Margaronia (P. vitrealis), ad esempio è causa di grossi danni a impianti intensivi e super intensivi, soprattutto nei primi 24 mesi dall’impianto.
Maggiori approfondimenti li trovi all’interno dello speciale difesa dell’olivo pubblicato su Olivo e Olio n. 4/2023
Dasineura Oleae o Cecidomia dell’olivo
Mentre per quanto riguarda D. oleae, cecidomia dell’olivo, l’aumento del fitofago potrebbe essere stato causato dai cambiamenti climatici che hanno influenzato le interazioni tra pianta, fitofagi e nemici naturali. Al fine di migliorare le tecniche di monitoraggio si stanno facendo studi su idrocarburi cuticolari con funzione di feromoni di contatto.
L’evoluzione dell’olivicoltura
Il convegno si è concluso con l’intervento di Osea Putignano (Collegio Naz. dei Periti Agrari) riguardo alle difficoltà che il settore olivicolo nazionale quali cambiamenti climatici, eventi meteorici e le nuove sfide in termini di lotta e prevenzione ad avversità di carattere fitopatologico.