La fotosintesi assicura alle piante la disponibilità di assimilati e l’accumulo di questi in organi di interesse commerciale. Fattori ambientali quali la luce, la temperatura e l’acqua influiscono moltissimo sull’attività fotosintetica, oltre allo stato nutrizionale e sanitario dell’albero e, quindi, sulla fioritura.
La luce è sorgente di energia per i processi di crescita, o come segnale per la morfogenesi; la risposta è influenzata dall’età delle foglie e dalla posizione che occupano nella chioma. Le foglie presenti in porzioni di chioma esterne e ben illuminate hanno un’attività fotosintetica superiore rispetto a quelle delle zone interne; i rami con le foglie ombreggiate non differenziano gemme a fiore; i frutti cresciuti in porzioni di chioma ombreggiate hanno un peso unitario e un contenuto in olio inferiore.
La temperatura ottimale per la fotosintesi è intorno a 25-26 °C:
- a temperature inferiori si ha una graduale attenuazione dell'assimilazione;
- a temperature superiori la diminuzione è rapida.
- Il limite superiore è vicino ai 40 °C, il più basso è intorno a 4-5 °C; le temperature inferiori a 0 °C determinano un arresto dell’attività.
L’acqua è indispensabile alle piante per assorbire, trasportare, organicare le sostanze nutritive del suolo e consentire lo svolgimento di tutti gli altri complessi processi metabolici. Tutto questo grazie a un flusso continuo di acqua che passa dal terreno alle radici, al fusto, alle foglie e, attraverso gli stomi e mediante la traspirazione, all’atmosfera.
L’olivo in condizioni di scarsa disponibilità idrica previene lo stato di stress diminuendo la traspirazione con la chiusura degli stomi. Di conseguenza si riducono gli scambi gassosi con l’atmosfera, l’attività fotosintetica e la respirazione diminuiscono, con ripercussioni negative su tutto il metabolismo della pianta.
Le foglie
Le foglie dell’olivo sono piccole ed opposte, dotate di una spessa cuticola nella pagina superiore, e di stomi nella pagina inferiore, oltre ai peli stellari che svolgono una funzione protettiva per ridurre la traspirazione e consentono l’utilizzo delle precipitazioni occulte (umidità della notte).
Sono l’organo fotosintetizzante per eccellenza. I livelli di attività fotosintetica si mantengono costanti durante la maturità, ma diminuiscono con la senescenza, quando la foglia passa da una fase anabolica (cioè di sintesi di sostanze) ad una catabolica (cioè di demolizione di sostanze). La vita delle foglie può raggiungere i tre anni, ma la maggior parte cade nel secondo anno ad iniziare da aprile-maggio, quando risulta ombreggiata dalla nuova vegetazione.
Considerando che la foglia di olivo è molto sensibile alla carenza di luce e che l’attraversamento della chioma riduce di molto l'intensità luminosa, è importante scegliere bene l’esposizione, la spaziatura, la forma di allevamento e la densità della chioma per ottimizzare l’illuminazione di tutte le sue parti.
Infatti, l’assimilazione fotosintetica delle foglie in porzioni interne della chioma è molto bassa e può anche assumere valori negativi in quanto la respirazione prevale sulla fotosintesi.
È quindi importante evitare che nella chioma vi siano foglie costantemente in ombra perché queste, prima che l’albero ne provochi l’abscissione, hanno un bilancio nutritivo passivo e quindi anziché produrre assimilati ne consumano.
Gemme e rami
Le gemme si formano contestualmente al germoglio, all’inserzione di ogni foglia. Il loro destino, a legno o a fiore sembra deciso già alla nascita, ma la conferma della differenziazione a fiore avviene a seguito dell’esposizione alle basse temperature invernali. Il fabbisogno in freddo varia sostanzialmente tra le diverse varietà (da 50-60 a oltre 1.200 ore al di sotto dei 7,2 °C).
Su tutto il tronco, branche e rami, si riscontrano gemme latenti pronte alla schiusura a seguito di modificazioni nella posizione del sistema di conduzione o di squilibri fisiologici indotti da severi interventi di potatura che rendono l’apparato radicale esuberante nei confronti della chioma.
I rami possono essere a legno, a frutto o misti. Quelli a legno sono verticali, molto vigorosi, provvisti di foglie piccole, di germogli a legno anticipati (originati da gemme che germogliano nella stessa stagione di formazione) e di gemme tendenti a produrre altri germogli nell’anno successivo.
Tra questi troviamo i polloni che originano da gemme avventizie presenti sulla ceppaia e i succhioni che, invece, si sviluppano sulla parte dorsale di grosse branche. Entrambi sono indicatori di uno squilibrio e sono di scarsa utilità nell’economia generale dell’albero.
I rami a frutto e quelli misti sono produzioni dell’anno precedente inserite su strutture poliennali (branche secondarie):
- i primi sono deboli e indirizzati esclusivamente verso la fruttificazione,
- gli altri sono di media vigoria e dotati in parte di gemme a legno e in parte di gemme a frutto.
I migliori rami per la fruttificazione sono quelli prodotti da piante in equilibrio tra attività vegetativa e produttiva, di media lunghezza, a portamento semi-assurgente, orizzontale o pendulo, posizionati in zone ben illuminate.
L’insieme di una branca di due o tre anni, con relativi rami a frutto e/o misti, costituisce la “branchetta fruttifera”, che rappresenta la base produttiva dell’albero.
Differenziazione
Rappresenta il primo passo del processo produttivo che comprende la fase di differenziazione dei primordi gemmari e le successive fasi di emissione e accrescimento delle infiorescenze. Nei primordi di sviluppo la forma delle gemme è indifferenziata e solo a fine inverno queste manifestano il loro destino.
Il processo di induzione a fiore inizia durante la formazione e la crescita del nuovo germoglio. In questa fase si determina il massimo potenziale produttivo, mentre le successive condizioni ambientali e le pratiche colturali possono soltanto limitarne la estrinsecazione. In centro Italia, la differenziazione a fiore diviene irreversibile verso la fine di febbraio, pur essendo rilevabile morfologicamente solo verso la metà di marzo.
Si può modificare il comportamento delle gemme definendo l’entità dei rami da asportare in rapporto allo stato vegetativo della pianta, anticipando o ritardando l’epoca di potatura, favorendo la penetrazione della luce diretta sulle foglie (soprattutto nel periodo invernale), ostacolando la caduta prematura delle foglie o la riduzione della loro funzionalità con appropriati trattamenti antiparassitari. Le tecniche di gestione del terreno inoltre contribuiscono a regolare il contenuto idrico del terreno e le concimazioni, specialmente quelle azotate, costituiscono mezzi efficaci per influire sulla vegetazione della pianta e quindi sull’attitudine alla fruttificazione.
I fiori
L’olivo fiorisce tendenzialmente sui rami prodotti nell’anno precedente. I fiori dell’olivo sono piccoli, bianchi e senza profumo, ermafroditi, composti da calice (4 sepali), corolla (4 petali uniti alla base), gineceo ed androceo.
Sono riuniti in infiorescenze a grappolo denominate mignole, di colore dapprima verdastro poi biancastro, prodotte dalle gemme ascellari dei rami di un anno di età. Ciascuna infiorescenza può portare da 10 a 40 fiori, in base alla varietà, allo stato vegetativo delle piante e alle condizioni ambientali.
L’inizio della fioritura dell’olivo va dall’ultima decade di aprile fino alla prima metà di giugno, a seconda delle condizioni climatiche e della varietà. La fioritura non è contemporanea nelle infiorescenze della stessa pianta o nei fiori della stessa mignola, e dura in genere 5-6 giorni, fino a 10-15 in caso di basse temperatura.
Quanto più è anticipata, tanto più si ritiene probabile una raccolta abbondante perché l’allegagione e l’accrescimento dei frutti sono ostacolati da eccessi climatici (siccità, calore). Per cui, quanto prima hanno inizio tali fasi, tanto più facilmente i processi possono sfuggire ad eventuali danni.
Se è molto abbondante, solo pochi fiori allegano e si trasformano in frutti (1-3%) a causa dei fenomeni “aborto dell’ovario”, “colatura dei fiori” e “cascola dei frutti”, sui quali influiscono lo stato nutritivo della pianta, l’andamento climatico del periodo che va dall’inizio della differenziazione delle gemme fino all’allegagione, la regolare esecuzione di tutte le pratiche colturali.
Impollinatori
La maggior parte delle varietà di olivo è autosterile, per cui il polline dello stesso fiore, pur essendo vitale e germinabile, non feconda il proprio gineceo né quello di piante appartenenti alla stessa cultivar (autoincompatibilità).
L’olivo necessita quindi di impollinatori che devono essere scelti nell’ambito di varietà interfertili che assicurino una fioritura contemporanea. L’impollinazione è anemofila (con il vento), sono pertanto necessarie grandi quantità di fiori e di polline per garantire un sufficiente numero di “incontri”.
I cosiddetti “maschi” sono in realtà varietà di olivo che producono abbondante polline, quali Pendolino, Maurino ed altre. In un oliveto monovarietale (es. solo Leccino) è necessaria l’aggiunta del 10% circa di impollinatori per garantire una buona produzione, così come si richiede la presenza dello specifico impollinatore nel caso di varietà con fioritura particolarmente precoce o tardiva. L’impollinatore non è invece necessario qualora nell’oliveto siano coltivate più varietà interfertili, con sovrapposizione dei fenogrammi di fioritura, che si impollinano reciprocamente.
Alcune varietà sono parzialmente autofertili, cioè in grado di fecondarsi da sole (es. Frantoio, Piantone di Mogliano), ma si avvantaggiano comunque della impollinazione incrociata, che ne aumenta l’allegagione e la produzione.
Quanto minore è la distanza tra le piante di diverse varietà, tanto più aumentano le probabilità di un’efficace fecondazione:
- nelle annate persistentemente piovose durante il periodo della fioritura la produzione è nulla o scarsa, in quanto la pioggia impedisce il trasporto del polline da parte del vento;
- l’allegagione è modesta pur in presenza di una notevole quantità di fiori, quando l’atto fecondativo è ostacolato dalla rapida perdita di recettività dell’ovario e/o di funzionalità del budello pollinico indotte da temperature particolarmente elevate durante la fioritura.
Si consiglia di non mescolare le diverse varietà nell’appezzamento al fine di favorire l’impollinazione incrociata, ma di disporre le varietà in filari separati, per una raccolta differenziata in base al genotipo e al relativo modello di maturazione. Questo consentirà in una prima fase la produzione di oli monovarietali, che potranno essere valorizzati in purezza, enfatizzando i loro caratteri peculiari e rendendoli riconoscibili dal consumatore, oppure in miscele dichiarate, con proposte di blend, capaci di definire diverse tipologie di olio, nonché alcune delle varie Dop.
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