Crescita del valore, ma diminuzione dei volumi. È l’inflazione a dominare e dirigere acquisti e consumi nella categoria commerciale “olio”, che comprende olio di semi, olio di oliva e olio extravergine di oliva (Evo), all’interno della distribuzione moderna. Sulla scorta di queste indicazioni di mercato, quali sono le strategie messe in campo da produzione, industria e distribuzione per accompagnare la crescita del business e dell’intera filiera dell’olio di oliva e dell’olio extravergine di oliva? A questa domanda ha voluto rispondere un talk organizzato da Food, con particolare attenzione alla sostenibilità economica, sociale e ambientale del comparto olivicolo-oleario.
Aumento del valore, contrazione dei volumi
Secondo dati relativi a fine agosto 2022, confermati a fine ottobre, la categoria “olio” vale 1,4 miliardi (Mrd) di euro, suddivisi fra
- olio extravergine di oliva (825,3 Mrd €),
- olio di oliva (95,7 Mrd €)
- e olio di semi (510,7 Mrd €),
con una crescita del 10,8% su fine agosto 2021, quando valeva 1293,40 Mrd €, ha introdotto Anita Rocco, Senior Insight Analyst NielsenIQ, analizzando trend e prospettive dei consumi.
«Nonostante l’Evo sia la categoria più importante a valore (57%), mentre a volume pesa il 39%, è l’olio di semi ad avere il maggiore impatto sul trend grazie alla variazione a doppia cifra (+25%) rispetto al 2021 (su 409,7 Mrd €), mentre l’olio Evo ha una crescita del 4% (su 794,0 Mrd €) e l’olio di oliva del 7% (su 89,7 Mrd €).
A questa crescita in valore, favorita dall’aumento generalizzato dei prezzi, si contrappone una flessione complessiva dei volumi (-9,8%), che passano da 455,4 milioni (Mio) di litri a fine agosto 2021 a 410,2 Mio litri a fine agosto 2022. È l’olio di semi che segna il maggiore calo (-12%), passando da 252,2 a 221,5 Mio litri, ma gli altri due comparti segnano entrambi un calo del 7% (l’Evo da 178,7 a 165,9 Mio litri, l’olio di oliva da 24,5 a 22,8 Mio litri)».
La contrapposizione fra crescita del fatturato e flessione dei volumi dipende dalla crescita del prezzo medio (€/litro), aumentato del 42% (+0,69 €/l) per l’olio di semi, del 15% per l’olio di oliva (+0,54 €/l) e del 12% per l’olio Evo (+0,53 €/l), che quindi mostra una crescita a doppia cifra, ma più contenuta.
«In questo periodo l’inflazione è un tema caldo, lo prova il fatto che in Italia la maggioranza delle categorie merceologiche è sensibile al prezzo. Ebbene, l’olio da cucina si caratterizza per la sua elevata elasticità. Per l’olio Evo questo significa che, se in ogni mese del 2022 la crescita del fatturato è stata trascinata dall’aumento del prezzo, la variazione delle vendite a volume è stata sempre in calo, a eccezione del mese di marzo, quando c’è stato un aumento dei volumi per effetto Ucraina (panic war e collette alimentari). In questa situazione difficile dei consumi, il canale commerciale che ne ha beneficiato è stato sicuramente quello dei discount».
Produzione olivicola in forte calo
Se questo è stato e rimane l’andamento dei consumi, qual è stata la realtà produttiva negli oliveti? Per Raffaele Amore, vicepresidente di Italia Olivicola, la campagna 2022-2023 ha evidenziato una produzione stimata fra 170mila e 200mila tonnellate di olio di oliva, con un calo, secondo dati Ismea, del 37% sul 2021.
«Le cause sono due: l’abbandono di molti terreni olivetati, soprattutto nelle aree interne, e i cambiamenti climatici che stanno caratterizzando in maniera negativa la produzione italiana. Al Centro-Nord si è avuto un incremento di produzione del 15-20%, ma in regioni poco olivetate. Invece al Centro-Sud, dove c’è il grosso della produzione olivicola, si sono verificati picchi in meno anche del 60%, come in Puglia. Un calo cui ha concorso l’annata generale di scarica, ma pesantemente favorito dai forti caldi di giugno che hanno compromesso la fase di fioritura.
Perciò occorre, in primo luogo, mettere in campo azioni che aiutino a convivere con i cambiamenti climatici, cioè rendere quanto più possibile irriguo il nostro patrimonio olivicolo. Non si può più produrre senza irrigazione.
In secondo luogo, bisogna puntare sull’agricoltura di precisione per monitorare i nostri olivi in maniera costante sotto ogni aspetto: ciò ovviamente comporta un adeguamento delle aziende olivicole in termini sia infrastrutturali sia di formazione. Su questo impegno, però, abbiamo bisogno dell’aiuto dello Stato perché le aziende olivicole da sole non ce la fanno a mettersi al passo della moderna tecnologia, decisiva per valorizzare le nostre produzioni olivicolo-olearie».
Fondamentale la sostenibilità economica degli olivicoltori
Finora, ha aggiunto Amore, l’anello debole della filiera è stato costituito dai produttori olivicoli. «In Italia non abbiamo avuto sempre un prezzo pienamente remunerativo delle nostre spese. Negli ultimi 20 anni da padri nobili della produzione di olio di oliva siamo andati indietro, forse ci ha superato anche il Portogallo! Questa situazione non aiuta nessun attore della filiera.
Perciò, a mio avviso, la filiera deve puntare a rafforzarsi attraverso la valorizzazione dell’olio italiano e garantire una equa ripartizione del valore al suo interno. La sostenibilità economica di noi olivicoltori è funzionale alla sostenibilità paesaggistica e ambientale che, curando i nostri oliveti, assicuriamo. Se, però, la Gdo utilizza l’olio italiano come prodotto civetta, non aiuta a valorizzarlo!».
Carapelli, tre i pilastri della sostenibilità
Per Carapelli la sostenibilità è al centro del piano strategico aziendale proiettato negli anni futuri, ha sottolineato Roberto Sassoni, General Manager Italia Carapelli. «Tre sono i pilastri su cui poggia il nostro concetto di sostenibilità:
- la sostenibilità della filiera agricola di produzione, sia aiutando a sviluppare pratiche e tecnologie che aumentino la produttività e a migliorare la formazione dei produttori, sia definendo accordi di fornitura di lungo periodo;
- la sostenibilità della nostra offerta, puntando moltissimo sulla qualità e definendo parametri qualitativi molto restrittivi;
- infine, il benessere dei nostri dipendenti e dei consumatori, creando condizioni di lavoro corrette per chi produce l’olio che vendiamo e promuovendo le informazioni per far conoscere ai consumatori i valori nutrizionali del prodotto che offriamo loro».
Penny, l’inflazione favorisce acquisti nei discount
L’inflazione galoppante sta favorendo, anche nella categoria olio, il mercato dei discount, ha convenuto Carlo Somaschini, Buyer & Category Manager Penny, riprendendo le osservazioni di Anita Rocco.
«L’aumento dei prezzi ha contribuito a incrementare i nostri fatturati. Ma con grosse differenze fra olio di semi e olio extravergine di oliva. Per l’olio di semi i volumi si sono molto contratti, a causa della guerra in Ucraina, anche se Penny lo ha cercato dovunque e reso comunque disponibile ai clienti: l’aumento del fatturato è stato determinato dai listini più che raddoppiati e dalla difficoltà di reperire la materia prima. Per l’olio extravergine di oliva siamo riusciti a contenere i prezzi, aumentando però di molto i volumi e quindi il fatturato».
Carrefour, creare nei consumatori più consapevolezza
In un contesto socioeconomico caratterizzato da contrazione dei volumi e inflazione galoppante Carrefour ha garantito un assortimento chiaro, meno sovraffollato, e capace di soddisfare le attese e le richieste dei clienti, ha sottolineato Luigi Riva, Category Buyer Condimenti, Salse, Riso Carrefour.
«Il consumatore si fa facilmente guidare dall’offerta del momento. Il tasso di fedeltà è facilmente sostituibile dal prezzo. Bisogna creare nei consumatori una maggiore consapevolezza e in questo percorso occorre non solo il lavoro del distributore ma anche il contributo concreto dell’industria per favorire l’acquisto di olio extravergine di oliva. In questi mesi e anche nei prossimi dovremo fare delle scelte radicali puntando su un prodotto particolare, legato al territorio, alla storia, alla cultura del nostro Paese, che spesso finora è stata guidata solo da logiche di prezzo».