Il numero di perossidi esprime il
grado di alterazione ossidativa primaria di un olio da olive senza tener conto
dell'eventuale presenza anche di composti di degradazione secondaria che si percepiscono
sensorialmente con odori e aromi sgradevoli identificabili con il difetto di
rancido.
Sono due i momenti in cui un olio
da olive può andare incontro a fenomeni ossidativi:
-
Nelle fasi di raccolta, conservazione delle
olive ed estrazione dell'olio;
- Durante la conservazione dell'olio;
Nel primo caso, quindi in un olio
appena prodotto, l'ossidazione, misurabile con il numero di perossidi, è dovuta
essenzialmente all'azione catalitica di enzimi della Lipossidasi (Lipoossigenasi
e Lipoperossidasi) in grado di legare l'ossigeno agli acidi grassi insaturi che
compongono i trigliceridi (Lipossigenasi) e in un'altro momento di decomporre i
perossidi formati (Lipoperossidasi). Questo tipo di ossidazione si definisce enzimatica e è favorita da una materia
prima degradata per la presenza nelle drupe di lesioni di vario tipo e origine che
favoriscono il contatto tra la frazione lipidica e gli enzimi sopra citati,
presenti nella fase acquosa. In pratica fino a quando c'è contatto tra la
frazione lipidica e l'acqua di vegetazione, si possono verificare fenomeni di ossidazione
a carico dell'olio. Entrano quindi in gioco oltre alle corrette pratiche
agronomiche, anche adeguate tecniche estrattive. In particolare la gramolatura
della pasta di olive che ha nella temperatura e nei tempi di gramolazione, due
punti critici che, se non adeguatamente monitorati, possono determinare nell'olio
un aumento del numero di perossidi.
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