Per la terza volta negli ultimi sei anni, la campagna produttiva olivicola italiana si chiude con numeri in negativo. Dalle ultime stime effettuate da Ismea sulla base delle quantità prodotte e dichiarate allo scorso dicembre, la produzione di olio italiano dell’annata 2018 si attesterebbe a 185.000 tonnellate, con un ribasso del 57% rispetto al 2017.
Una delle peggiori annate di sempre, con risultati del tutto assimilabili alla produzione del 2016, in cui si scese a 183.000 tonnellate.
La produzione di olio italiano cala soprattutto nel Mezzogiorno
Le regioni del sud, che trainano la produzione nazionale sono anche quelle in cui si sono verificate le flessioni più rilevanti. È il caso della Puglia, per la quale la gelata e le problematiche fitosanitarie che hanno colpito gli oliveti hanno determinato un calo del 65% rispetto alla produzione dello scorso anno.
La scarsità di prodotto ha spinto in alto i prezzi, ma il mercato dell’ olio italiano si trova a confrontarsi con quello iberico che, stando alle stime Coi elaborate da Ismea, non solo riafferma la leadership mondiale ma conta su un’annata particolarmente abbondante, con poco meno di 1,6 milioni di tonnellate stimate.
A fronte di queste annate particolarmente negative, anche per via di un elevato consumo interno (540.000 tonnellate/anno la media 2014-2017, dati Coi) che sempre eccede la produzione nazionale, l’Italia risulta il primo importatore mondiale (531.000 t nel 2017, Ismea su dati Ihs/Gt).
Record di giacenze per l’extravergine
In questo scenario Italia Olivicola, organizzazione della produzione olivicola italiana, commenta i recenti dati sulla produzione nazionale sollevando alcuni dubbi relativamente alle giacenze di olio extravergine italiano, evidenziate dal report di settembre 2018 a cura dell’Icqrf (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi).
Per l’organizzazione degli olivicoltori, quello delle giacenze è uno dei «misteri che rendono poco comprensibile il funzionamento del settore dell’olio di oliva in Italia e che andrebbero risolti, soprattutto in questa fase nella quale si stanno compiendo delle scelte per il nuovo piano olivicolo nazionale».
I numeri della bilancia commerciale, tra importazioni, consumi e olio nelle cisterne «sarebbero tali da giustificare una veloce commercializzazione dell’ olio italiano ed invece non è così ed a rimanere invenduto è proprio il nostro migliore prodotto, almeno stando ai dati ufficiali. I dati pubblicati dall’Icqrf, tratti dal sistema di tracciabilità telematica, informano che, a fine settembre 2018, il 25% della produzione di olio extra vergine di oliva ottenuta nel corso della campagna 2017-2018 era ancora detenuta invenduta ed allo stato sfuso dagli operatori. Si tratta di 100.000 tonnellate di ottimo olio extravergine d’oliva italiano che non è stato commercializzato, in un’annata dove, secondo le elaborazioni Ismea, si sarebbe raggiunto il picco dei consumi interni delle ultime quattro campagne di commercializzazione.»
Speculazioni in atto?
«È mai possibile che un quarto del prodotto made in Italy ottenuto rimanga in mano a olivicoltori e frantoiani, in un’annata durante la quale abbiamo importato 550.000 tonnellate di olio di oliva? - si chiede Gennaro Sicolo, presidente di Italia Olivicola, -. Se il prodotto italiano non viene venduto, come dimostrano i numeri, è ragionevole pensare che nelle bottiglie venga spacciato per italiano olio che in realtà non lo è. Siamo al centro di una grande speculazione che mira ad affossare l’olivicoltura italiana costringendo gli agricoltori a svendere il prodotto di qualità a prezzi bassissimi, così come succede in Spagna e Tunisia. Non si spiegano altrimenti, d’altronde, i primi riscontri sugli scaffali con prodotti definiti “100% italiani” venduti a 2,99 euro al litro».
«Occorrono maggiori controlli sempre più in profondità per evitare che simili storture si manifestino. Combatteremo questo sistema in maniera forte e netta, augurandoci un intervento concreto e deciso del governo – conclude Sicolo - per evitare che le frodi, le contraffazioni e le truffe nei confronti degli agricoltori e dei consumatori possano diventare la normalità»