Gli interventi di stagione per favorire la crescita vegetativa dell’olivo e assicurare un buona disponibilità idrica e di elementi minerali, guardando anche agli effetti a lungo termine sulla fertilità e sulla sostenibilità

Con l’inoltrarsi della primavera è tempo di dedicarsi alla gestione del suolo. In tutti i sistemi olivicoli, gestiti in agricoltura integrata o biologica, con impianti tradizionali, ad alta o ad altissima densità, la cura delle operazioni che vanno a influire sul suolo è cruciale. Il terreno è parte integrante del sistema oliveto e il suo ruolo si estende ben oltre la funzione di supporto fisico e nutrizionale per la pianta. Una gestione conservativa del suolo, ad esempio mediante inerbimento dell’oliveto, tenderà a migliorare lo stato di biodiversità dell’agroecosistema, con impatto positivo sulle carenze nutritive, sulla ritenzione idrica e anche sullo stato fitosanitario della coltura.

Lavorazioni nell’interfila

L’intervento sul suolo con una lavorazione superficiale offre diversi vantaggi. La rimozione del cotico erboso infestante spontaneo riduce fenomeni di competizione con l’albero per l’acqua e per gli elementi minerali, rende più efficace la distribuzione di ammendanti, residui di potatura trinciati e concimi che possono essere incorporati con il terreno. Le lavorazioni primaverili, inoltre, favoriscono l’immagazzinamento di acqua e interrompono fenomeni di risalita capillare; in effetti questa tipologia di gestione del suolo è da preferire in ambienti dove l’olivo è coltivato in asciutto e la disponibilità idrica, già dalla primavera, è limitata. Il ricorso occasionale ad un’erpicatura dei primi 10-15 cm di terreno risulta utile anche in quegli areali caratterizzati da scarse precipitazioni. Al proposito va rilevato che quest’anno ha piovuto abbondantemente al Sud e poco nel Centro Italia,  dove però, fortunatamente, qualche buona pioggia è arrivata a fine aprile, compensando, almeno in parte, quello che finora era stato un insufficiente accumulo di riserva idrica del terreno.

Nell’utilizzo della lavorazione come metodo di gestione continuo, alcuni dei suddetti vantaggi risultano limitati nel tempo: la rapida mineralizzazione della sostanza organica del terreno che avviene negli strati superficiali interessati dalla lavorazione, con il progredire del tempo, è destinata a un aumento della degradazione della componente organica del suolo. La sostanza organica è fondamentale per il mantenimento della fertilità chimica, fisica e biologica ed è un fattore positivo per la capacità di ritenzione idrica. Infine, soprattutto su terreno collinari, come quelli dove si sviluppa l’olivicoltura di molti areali del centro-Italia, la lavorazione peggiora i fenomeni di erosione provocando la progressiva perdita degli strati più superficiali e ricchi in materia organica del terreno.

Inerbimento dell’oliveto

Il mantenimento della copertura vegetale è pratica consigliabile per tutte le tipologie di oliveto, a bassa e alta o altissima densità, per la prevenzione dei fenomeni erosivi e per il mantenimento della fertilità biologica. La presenza del cotico erboso, permanente o limitato al periodo vernino-primaverile, migliora anche la capacità di infiltrazione di acqua negli strati più profondi del terreno. L’utilizzo di un inerbimento permanente, gestito con periodici sfalci ed esteso su tutta la superficie dell’olivo è, tuttavia, indicato solo in ambienti con una precipitazione annua elevata e distribuita lungo tutto l’anno, o dove si possa intervenire con l’irrigazione nelle fasi fenologiche più critiche per l’olivo, come fioritura e allegagione, e per sostenere lo sviluppo del frutto evitando la competizione con le essenze erbacee. Negli ambienti aridi e sub aridi, le limitazioni idriche consigliano di utilizzare l’inerbimento solo nell’interfila.

Gli sfalci primaverili devono essere stabiliti sia sulla base dello stadio di sviluppo delle essenze erbacee sia sullo stato idrico della coltura e della sua fase fenologica. Ad esempio, se il prato non è ancora stabilizzato, si possono calibrare gli sfalci per lasciare che si sviluppino le essenze erbacee di taglia piccola, e sfavorire l’accrescimento e la disseminazione di specie più vigorose.

Una volta stabilita la copertura vegetale del prato permanente, il taglio della copertura è il mezzo di controllo della competizione idrico-nutrizionale nei confronti degli alberi: sono sufficienti 2-4 sfalci annuali, a partire da aprile. I primi tagli sono mirati ad aumentare la disponibilità di acqua per l’olivo nella fase di accrescimento e di fioritura, anche grazie allo strato pacciamante naturale creato dal materiale vegetale lasciato nell’interfila. Si interviene con tagli successivi fino a giugno-luglio (se la copertura erbosa supera i 20-25 cm di altezza), ottenendo anche un effetto di protezione, nei mesi successivi, da possibili rischi di incendio nelle zone particolarmente siccitose. Si tornerà poi a gestire il prato a partire da settembre, eventualmente per agevolare le operazioni di raccolta.

La protezione dall’erosione e l’arricchimento di sostanza organica ottenute mantenendo copertura vegetale nell’interfila, rendono questo tipo di gestione sostenibile da un punto di vista ambientale. Come tale, l’inerbimento trova una corrispondenza anche nell’ecoschema 2 della nuova Pac come spiegato nell’articolo a pagina 38 di Olivo e Olio 3/2022.

Valutare lo stato nutrizionale

Per predisporre un piano di concimazione basato sulle asportazioni si dovrà, come minimo, stimare il quantitativo di elementi minerali che vengono rimossi dal sistema oliveto con la raccolta e con la potatura e il quantitativo di elementi che vengono resi disponibili dal processo di mineralizzazione della sostanza organica.

Per quest’ultima stima è necessario disporre di analisi del terreno recenti che riportino il contenuto di sostanza organica.

In caso si verificassero eventuali carenze, il metodo ottimale per verificare lo stato nutritivo della pianta, e di conseguenza stabilire eventuali aggiustamenti delle concimazioni per ripristinare la piena funzionalità e produttività della chioma, è l’analisi diretta della concentrazione degli elementi minerali nelle foglie. Il momento per eseguirla è il mese di luglio, dopo l’allegagione e prima dell’indurimento del nocciolo, prelevando foglie completamente espanse dalla parte mediana dei giovani rametti dell’anno, senza frutti. Il campionamento dovrà essere casuale qualora si voglia ottenere una valutazione dello stato nutrizionale medio dell’oliveto, come nel caso di appezzamenti omogenei, dove non si osservano particolari variabilità tra le piante. In questo caso, si selezionano una decina di piante che possano rappresentare l’interezza dell’oliveto, e da ciascuna pianta si prelevano in tutto 20-30 foglie, circa a metà altezza della chioma, avendo cura di prelevarle girando intorno alla pianta. Se si notano disomogeneità nella produzione o nel vigore delle piante, oppure in caso di difformità evidenti nella giacitura, potrebbe essere utile effettuare diversi campionamenti per indagare eventuali differenze anche a livello nutrizionale.

Gestione del sottofila

Soprattutto negli oliveti di recente impianto, l’importanza della riduzione della competizione per l’acqua e per gli elementi minerali diventa particolarmente importante nel volume di suolo esplorato dal giovane apparato radicale dell’albero in accrescimento. Per motivi ambientali è preferibile evitare il diserbo chimico e ricorrere ad una lavorazione localizzata o altri interventi più sostenibili. Ad esempio, si può ricorrere a sistemi di pacciamatura, artificiali o naturali. Le pacciamature artificiali potrebbero essere utili nei primi anni dell’impianto, soprattutto in oliveti in filare, siano esse realizzate con film sintetici o biodegrabili; sono molto efficaci ma costose, quelle plastiche hanno un considerevole impatto ambientale e pertanto sono raramente utilizzate.

La pacciamatura organica, con materiale cippato proveniente da tagli forestali può essere una idonea soluzione.

Un’altra opzione è l’utilizzo di materiale trinciato proveniente dall’oliveto stesso, cioè dei residui di potatura o degli sfalci delle infestanti o della copertura vegetale dell’interfila, o anche con residui della lavorazione delle olive. L’efficacia nel controllo delle infestanti sulla fila dipende dall’effettiva copertura della superficie sotto-chioma e dalla sua durata nel tempo, ma le esperienze condotte in diversi areali olivicoli italiani confermano l’effettivo vantaggio per gli alberi in accrescimento.


L’articolo è pubblicato su Olivo e Olio n. 3/2022

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Inerbimento dell’oliveto o lavorazione, quale gestione del suolo? - Ultima modifica: 2022-05-03T16:10:11+02:00 da Barbara Gamberini

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