L’olivicoltura, venti anni dopo

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Nel contesto di crisi del sistema produttivo, negli ultimi due decenni si sono evidenziate le debolezze strutturali dell'olivicoltura italiana ma anche sviluppate nuove conoscenze, tecnologie e innovazioni tecniche necessarie alla ripresa del settore

Nel 1998, anno di fondazione di Olivo e Olio, l’Italia aveva prodotto 699.200 t di olio di oliva, i contributi comunitari venivano erogati alle aziende in base alle quantità di olive molite (secondo i famigerati modelli F), la classificazione dell’olio era sancita dal Regolamento Ce 2568/91 con il limite di acidità libera per l’extravergine fissato ad 1%, le certificazioni di origine erano 14 (Dop) oltre ad una Igp, la mosca delle olive non era arrivata in California, né vi era lontanamente l’idea che l’ olivicoltura del Salento potesse essere devastata da un flagello come la batteriosi da Xylella.

Proprio tra la fine degli anni 1990 e l’inizio dei 2000 vi furono sostanziali cambiamenti normativi nella filiera. Ad esempio, il Regolamento Ce 1989/03 abbassò a 0,8% il limite di acidità libera per poter classificare l’olio come extravergine. Inoltre, il quadriennio 1999-2003 fu preso come riferimento per il calcolo del pagamento unico da liquidare ai produttori olivicoli. Secondo alcuni la scelta del disaccoppiamento completo degli aiuti comunitari dalla produzione di olive è stata una delle cause del declino produttivo italiano, ma di fatto sulla crisi produttiva della filiera hanno pesato maggiormente fattori di debolezza strutturale.

Il calo di produzione italiana negli ultimi venti anni è stato del 12% se si confrontano le medie decennali precedenti la campagna 1999/00 e quelle prima del 2016/17. In realtà, considerate le scarse produzioni dello scorso anno e dell’annata tuttora in corso, i risultati sono ancora più negativi e appaiono drammatici alla luce dell’aumento dei consumi (42%) e della produzione mondiale (38%) nello stesso arco di tempo. Questi dati evidenziano che il declino italiano non è dovuto ad una crisi di prodotto considerato poco attraente dai consumatori, quanto ad una incapacità del nostro sistema produttivo di rispondere alle esigenze di mercati internazionali dinamici che trovano soddisfatti i propri fabbisogni dall’offerta di altri paesi. In calo anche i consumi interni italiani, passati da 12,2 kg pro-capite nel 1999 a circa 9,5 nel 2015. Non migliore la situazione delle olive da mensa, delle quali siamo grandi importatori dato che la produzione è ampiamente deficitaria anche per il solo consumo interno.

Biodiversità, la ricerca ha fatto molto

Note positive vengono da nuove conoscenze e tecnologie. Meritano qui di essere segnalati i grandi progressi fatti sull’origine della qualità dell’olio e dalla ricerca genetica e molecolare dell’olivo. Grazie ad indagini con i marcatori molecolari si è riusciti a chiarire sinonimie e omonimie che per secoli hanno confuso il quadro varietale. A tal proposito è il caso di ricordare l’impulso dato dal progetto OLVIVA, finanziato dal ministero per le Politiche agricole alimentari forestali e del turismo (Mipaaf) nel triennio 2006-09, per il riordino del patrimonio varietale italiano e lo stimolo al miglioramento della produzione di materiale vivaistico. Il progetto, che coinvolse 25 istituzioni in 12 regioni, ha consentito di caratterizzare 200 varietà di olivo con metodi morfologici e molecolari e di rendere disponibili per il vivaismo olivicolo numerose fonti primarie da immettere nel sistema di certificazione fito-sanitaria e di rispondenza varietale. Nel 2010 il Mipaaf finanziò anche il progetto OLEA che aveva vari obiettivi tra cui il sequenziamento del genoma dell’olivo. Il progetto, conclusosi dopo appena un anno dei quattro previsti per mancanza di finanziamenti, ha comunque prodotto significativi risultati sia sul fronte della genomica e dell’espressione genica indotta da stress biotici (mosca delle olive) ed abiotici (carenza idrica) che sulla regolazione di geni responsabili della sintesi e degradazione dei secoiridoidi, la classe di composti fenolici più importante presente nell’olio extravergine per i suoi effetti antiossidanti.

L’articolo completo è pubblicato sullo Speciale 20 anni di Olivo e Olio

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L’olivicoltura, venti anni dopo - Ultima modifica: 2018-11-19T09:30:55+01:00 da Barbara Gamberini

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