Vivaismo olivicolo e nuovi impianti

vivaismo olivicolo
Per i nuovi oliveti sono fondamentali le scelte varietali e la tipologia di materiale propagato

La produzione vivaistica olivicola riveste oggi un ruolo strategico all’interno della filiera olivicola-olearia. Collocandosi a monte del processo di produzione, influenza le scelte e le prestazioni economiche di tutto il settore produttivo.

Lo sviluppo delle tecniche di propagazione, l’identificazione e l’idonea conservazione degli stock genetici e l’uso di nuove tecnologie sono la chiave per fornire produzioni di qualità per lo sviluppo di un’olivicoltura moderna, sostenibile e redditizia. La conoscenza degli aspetti fondamentali del comparto, dalla produzione alle superfici investite e al numero di aziende, sino alla programmazione della propagazione, è fortemente limitata dalla scarsità di informazioni riportate dalle fonti statistiche ufficiali.

La produzione mondiale annua è stimata pari a 43,5 milioni di piante: l’84% della produzione (36,54 milioni di piante) è prodotto nelle Regioni del Mediterraneo (Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Tunisia), mentre la rimanente parte (circa 7 milioni di piante) è prodotta in altri Paesi olivicoli (Cimato, 2008). Un’indagine condotta coinvolgendo i principali paesi olivicoli del Mediterraneo ha evidenziato la natura alquanto eterogenea del settore (Cimato, 2008). Nell’ambito del vivaismo olivicolo, infatti, sussistono strutture produttive molto difformi, sia per dimensione aziendale e numero di piante propagate, sia per le tecnologie impiegate e la gestione della programmazione della produzione. Accanto ad aziende di ridotte dimensioni e a conduzione famigliare, con produzioni medie annue di 10.000-20.000 piante, vi è anche un limitato numero di aziende vivaistiche che utilizzano efficienti sistemi produttivi, con una produzione annua di 100.000-500.000 piante di olivo (Godini, 2007; Cimato, 2008).

In Italia, il vivaismo olivicolo si è sviluppato nella seconda metà del 1800, diffondendosi prevalentemente in Toscana, nelle province di Lucca e Pistoia, dove a tutt’oggi riveste una grande importanza economica. Tra il 1960 e il 1980 il comparto vivaistico ha registrato un notevole incremento sia in termini di numero di aziende che di superfici investite, con il conseguente aumento della produzione. In quegli anni, infatti, si è avuta una grande espansione del vivaismo olivicolo in zone emergenti dell’Italia meridionale come la Puglia, la Calabria e la Sicilia. Le quattro Regioni citate (Toscana, Calabria, Sicilia e Puglia) rappresentano oggi i principali poli di propagazione dell’olivo (Godini, 2007) nei quali si produce circa il 90% della produzione nazionale che, in questi ultimi anni, si è mantenuta intorno ai 5 milioni/anno di piante prodotte (Cimato e Petruccelli, 2006): la Toscana assicura più del 50% della produzione totale nazionale, con il 48% delle aziende vivaistiche italiane, mentre in Puglia, Calabria e Sicilia è presente il 38% dei vivai nazionali (Cimato e Petruccelli, 2006; Catalano e Sonnoli, 2007).

Effetto Xylella

L’emergenza fitosanitaria Xylella (Decisione di esecuzione 2014/87/Ue - Blocco della movimentazione di materiale vegetale abrogata con Decisione di esecuzione 2014/497/Ue del 23 luglio 2014, recepita a livello nazionale con D.m. 2777/2014 del Mipaaf) molto probabilmente sta modificando, o ha già modificato, la distribuzione della produzione che si va concentrando prevalentemente nei vivai della Toscana. La produzione vivaistica nazionale è assorbita per la maggior parte dal consumo interno e in minor misura dai paesi del Mediterraneo, Medio Oriente, Africa Settentrionale, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, Argentina e Cile.

La produzione nazionale si basa principalmente su 5 cultivar (Leccino, Frantoio, Carolea, Coratina e Nocellara del Belice), a cui si affianca un gruppo di 13 cultivar, eterogeneo sia per l’incidenza numerica che per la destinazione del prodotto: Pendolino, Moraiolo, Nocellara Etnea, Bella di Cerignola, Maurino, Nocellara Messinese, Itrana, Picholine, Ottobratica, Dritta, Ascolana Tenera, Taggiasca e Bosana. Una parte della produzione assume una distribuzione prettamente regionale con la propagazione di germoplasma autoctono, come ad esempio Ogliarola di Lecce, Nociara e Cellina di Nardò in Puglia, Pizz’e Carroga in Sardegna, Aurina, Oliva Nera di Colletorto, Rosciola e Cerasa di Montenero in Molise (Cimato e Petruccelli, 2006).

La propagazione di piante di olivo utilizza principalmente le tecniche della talea e dell’innesto. La prevalenza dell’una o dell’altra tecnica dipende dalla zona di produzione e soprattutto dalle esigenze agronomiche, dalle tradizioni e dal mercato locale e nazionale (Catalano e Sonnoli, 2007). Toscana e Calabria producono, per il 70 % della loro produzione, piante autoradicate, la Sicilia produce piante ottenute dai 2 sistemi in proporzioni uguali, mentre la Puglia produce esclusivamente piante innestate.

Qualificazione delle piante

Nel mondo olivicolo si è assistito in questi ultimi anni, anche a causa delle preoccupanti diffusioni di patogeni da quarantena come la Xylella, alla crescente richiesta di materiale certificato. Testimonianza di ciò è l’incremento del numero delle piante certificate rilasciate dai vivai olivicoli che aderiscono alla certificazione volontaria. Il sistema è ben collaudato in Toscana e Puglia, mentre poco rappresentato in Calabria e Sicilia, solo per citare le principali regioni di interesse per il vivaismo. Infatti, è possibile stimare che la produzione di piante di olivo certificate sia pari a circa 500 mila piante (virus esenti), a cui si aggiungono circa 100.000 piante propagate in vitro e prodotte prevalentemente in Emilia-Romagna.

La certificazione ha due obiettivi: proteggere i diritti degli utenti finali (olivicoltori) nell’acquisto di un prodotto di qualità superiore e permettere ai vivaisti di proteggersi dalla concorrenza sleale accreditando la loro produzione. Il processo di certificazione prevede sia la rispondenza genetica sia lo stato fitosanitario del materiale propagato.

L’olivo, di per sé, è poco gravato da gravi problemi fitosanitari trasmissibili con il materiale di propagazione. Tuttavia, anche nell’olivo è stata riportata la presenza di agenti virali associati a infezioni latenti che, purtroppo, possono causare il prelievo di materiale di propagazione da piante madri infette, con conseguente produzione di materiale clonale anch’esso infetto. Inoltre, alcune delle specie virali segnalate su olivo, come ad es. il virus della maculatura anulare latente della fragola (SLRV) e il virus della necrosi del tabacco (TNV), sono polifagi e importanti per altre colture (per es. ortive, pesco, vite ecc.). L’olivo, quindi, diventa serbatoio e mezzo di diffusione di agenti patogeni pericolosi per altre specie, come ad esempio pesco e vite (Caruso e Savino, 2012). Allo stato attuale, per le malattie causate da patogeni sistemici non esistono efficaci mezzi di lotta diretti. Da qui, la necessità di partire per la propagazione da materiale sano e, quindi, controllato sotto il profilo sanitario.

La certificazione del materiale vivaistico è sia di processo che di prodotto, assicurando la tracciabilità e la rintracciabilità delle fasi di produzione e del prodotto finito. Infatti, il D.L. n. 214 del 19 agosto 2005 stabilisce che chiunque svolga attività di produzione e commercio dei vegetali deve essere in possesso di apposita Autorizzazione rilasciata dai Servizi Fitosanitari Regionali (Sfr), mentre una serie di normative europee recepite a livello legislativo in Italia regolamentano la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetale. Una esaustiva ed aggiornata letteratura, relativa al sistema di certificazione del materiale vivaistico, è attualmente disponibile.

Esistono oggi diversi livelli di qualità delle produzioni vivaistiche.

Categoria C.A.C.

Categoria C.A.C. (Conformitas Agricola Comunitatis), derivante dal recepimento di Direttive Europee (93/48, 93/64, 93/79, 2008/90) e l’emanazione del D.m. 14/04/1997 e del D.l. n.124 del 25/06/2010 (Caruso e Savino, 2012).

Questo è il primo livello di qualità e il materiale propagato è garantito dall’azienda vivaistica attraverso due documenti:

  • il Passaporto delle piante e
  • il Documento di commercializzazione.

La maggior parte del materiale vivaistico olivicolo è certificato C.A.C., prodotto dalle aziende accreditate dai Servizi Fitosanitari delle Regioni.

Categoria C.V.T. e C.V.F

Categoria Certificato Virus Controllato (Virus Tested, VT) e Virus Esente (Virus Free, VF).

Il materiale VT garantisce l’assenza di alcune specifiche malattie di particolare importanza economica di origine virale (ArMV, CLRV, SLRV, OLV-1, OLYaV), fungina (Verticillium dahliae Kleb) e fitoplasmica, nonché l’assenza di nematodi galligeni (Meloidogyne incognita (Kofoid and White) Chitwood, M. javanica Treub, Pratylenchus vulnus Allen and Jensen, Xiphinema di- versicaudatum Micol.) e di rogna.

Il materiale VF garantisce l’assenza di un maggior numero virus, includendo anche il CMV, l’OLV-2 e il TNV.

Certificazione volontaria

L’istituzione del Servizio di Certificazione Volontaria del Materiale di Propagazione Vegetale (Scvmp) si è avuta con una serie di decreti ministeriali (D.m. 23/10/1987, D.m. 6/3/1989 e D.m. 2/7/1991 n. 289) e successivamente ristrutturato con i decreti D.m. 24 luglio 2003 e D.m. 4 maggio 2006. Il D.m. 20 novembre 2006, relativo alle norme tecniche per la produzione di materiale certificato di olivo, ha riproposto quanto precedentemente riportato in un precedente decreto (D.m. 16/06/1993), ma ha anche definito precise metodiche di diagnosi per lo stato sanitario (VF e VT) e la possibilità di riconoscimento genetico delle varietà attraverso l’uso di marcatori molecolari (Caruso e Savino, 2012).

Il Scvmp si basa su un processo di filiazione diretta dal quale, a partire da piante capostipiti (Fonte primaria) e attraverso successive propagazioni, si ottiene il materiale di moltiplicazione certificato utilizzato dai vivaisti. Il materiale di moltiplicazione (semi, talee, marze, gemme, piante, compresi i portinnesti, nonché colture in vitro) è classificato come:

  • fonte primaria;
  • pre-base derivato dalla moltiplicazione della fonte primaria;
  • base derivato dalla moltiplicazione del materiale pre-base;
  • certificato ottenuto dalla moltiplicazione del materiale base.

I centri di riferimento

Questi materiali sono mantenuti in strutture ben identificate:

  • la fonte primaria è mantenuta dal costitutore;
  • il materiale pre-base (minimo 2 piante) è mantenuto presso il Centro di Conservazione per la Premoltiplicazione (Ccp).

Attualmente, i Ccp sono attivati presso il Centro Attività Vivaistiche (Cav) di Faenza, il Crea – Centro di Ricerca Difesa e Certificazione (Crea-Dc, ex Cra-Pav) di Roma e il Dipartimento di Biologia e Chimica Agroforestale ed Ambientale (Dibca) dell’Università di Bari.

Il materiale base è mantenuto presso i Centri di Pre-moltiplicazione (Cp), i quali hanno il compito di ampliare il numero di piante disponibili per ciascuna accessione certificata. In Italia sono presenti 4 Centri di Pre-moltiplicazione (Cav Faenza, Reg. Emilia-Romagna; Crea-Dc Roma, Reg. Lazio; Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura (Crsa) “B. Caramia” Locorotondo, Reg. Puglia; Cnr Santa Paolina, Follonica, Reg. Toscana).

Il materiale certificato è mantenuto presso i Centri di Moltiplicazione (Cm), generalmente gestiti da singoli vivaisti o da associazioni di vivaisti e riconosciuti dai Sfr competenti per il territorio. Presso i Cm si ottiene il materiale di moltiplicazione “certificabile” utilizzato dai vivaisti per la produzione di olivi certificati per gli olivicoltori (Petruccelli et al., 2012) e identificato da un cartellino azzurro autorizzato dai Sfr.

È importante ricordare, inoltre, il D.m. 4 marzo 2016 “Attuazione del Registro Nazionale delle Varietà di Piante da Frutto” (istituito ai sensi dell’articolo 7 del D.lgs. 124/2010). Il Registro è pubblicato sul sito del Ministero (Registro Nazionale aggiornato al D.d.g. numero 25781 del 6 ottobre 2017) e comprende 682 accessioni di olivo (Olea europaea L.).

Il sistema di certificazione ha subito ulteriori modifiche con il D.d.g. 6 dicembre 2016 (recepimento Dir. 2014/96- 97-98/Ue), entrato in vigore dal 1 gennaio 2017, ma con norme transitorie fino al 2022. Il sistema di certificazione è sempre su base volontaria ed è basato sulla tracciabilità di sistema in tutte le sue fasi. Nel nuovo processo sono previsti i seguenti materiali in certificazione: pre-base, base, certificato. Il processo prevede 2 livelli di certificazione:

  • il C.A.C., che è lo standard minimo obbligatorio comunitario;
  • il Certificato, che è il livello superiore volontario di qualificazione. I materiali certificati come VF o VT sono pertanto inseriti nella categoria “Certificato” (Catalano et al., 2016).

Riacquistare competitività

Il vivaismo olivicolo nazionale fornisce prodotti di alta qualità, in grado di soddisfare le esigenze degli olivicoltori e di valorizzare le produzioni olivicole richieste sui mercati nazionali ed internazionali. Tuttavia, vi è una serie di problematiche, di natura sia strutturale che economica, che spesso rendono il prodotto non competitivo sui mercati internazionali, in particolare rispetto al mercato spagnolo in cui, un’attenta azione di ammodernamento del sistema, ha reso il loro vivaismo olivicolo estremamente concorrenziale.

Il nostro vivaismo olivicolo è caratterizzato da aziende di ridotte dimensioni con accentuata frammentazione fondiaria e con limitate produzioni. La presenza di forme associative o cooperative è scarsamente presente, essendo l’attività vivaistica incentrata sull’impresa singola, con un livello tecnologico non sempre ottimale e non sempre in grado di soddisfare la domanda di peculiari “standard varietali”. È necessario inoltre mettere in evidenza la scarsa presenza di investimenti pubblici e privati nel settore.

In questo contesto è necessario incentivare mirati interventi strutturali, formativi e di ricerca allo scopo di dare nuovo impulso al settore. In particolare, sarebbe auspicabile:

  • favorire l’accorpamento fondiario e ottimizzare le dimensioni aziendali;
  • rimodulare la struttura produttiva, adeguando la programmazione delle produzioni e la scelta delle varietà da propagare;
  • favorire un’azione promozionale del prodotto, attraverso una efficiente organizzazione della certificazione genetico-sanitaria;
  • agevolare la riduzione dei costi e dei cicli produttivi attraverso il miglioramento dei sistemi di produzione delle piante.

Il vivaismo olivicolo nazionale, per poter riaffermare l’eccellenza del suo sistema, deve puntare all’avanzamento tecnologico e aprirsi alle nuove realtà, conservando nel contempo la tradizionale elevata cura verso la produzione e le caratteristiche del prodotto finito.

Si ringraziano i vivai Giannoccaro (Puglia), Pietro Pacini (Toscana), Attilio Sonnoli (Toscana), Squadrito (Calabria), Sottile (Sicilia) per le informazioni fornite.

La bibliografia completa è disponibile, su richiesta,
presso la redazione di Olivo e Olio.

Vivaismo olivicolo e nuovi impianti - Ultima modifica: 2021-01-19T13:32:27+01:00 da Barbara Gamberini

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