Il Monte Pisano è un comprensorio molto particolare tra le province di Pisa e di Lucca, contraddistinto da 19.048 ettari prevalentemente boschivi nei comuni di Buti, Calci, Capannori, Lucca, San Giuliano Terme, Vecchiano e Vicopisano (vedi articolo Di Iacovo et al. su Olivo e Olio n. 1/2024). In questa realtà gli oliveti sono su terrazzamenti, lunette, ciglioni o pendenze molto ripide, con tutti i problemi che ciò comporta. Eppure, nonostante le difficoltà orografiche, c’è chi vede delle opportunità nell’olivicoltura, nella produzione di olio e nella valorizzazione del territorio. Ne parliamo col titolare dell’azienda agricola “Podere del Pari”, Leonardo Paolino.
Olivicoltura sul Monte Pisano
Da dove nasce l’idea e la voglia di dedicarsi all’olivicoltura in un contesto bellissimo, ma sicuramente pieno di vincoli come il Monte Pisano?
Tutto inizia nel 1987 quando, insieme alla mia fidanzata, mi trasferisco dalla Puglia a Pisa per intraprendere il percorso universitario in informatica. Oggi Loredana è mia moglie, abitiamo a Calci in provincia di Pisa dal 1999, insieme a nostro figlio Emanuele e, vivendo in questa cittadina, ne apprezziamo gli spazi aperti, il contatto con la natura e con il bosco.
Non conoscevo il ‘Monte’, appellativo con cui solitamente gli abitanti chiamano il Monte Pisano. Lo avrei scoperto nel 2003, anno in cui aspettavamo nostro figlio Emanuele e decido di acquistare una mountain-bike (rinunciando ad una più comoda moto!) per esplorare i luoghi in collina a me sconosciuti.
Gli olivi fanno la loro comparsa nella mia vita e mi appassiono all’istante. Da ciclista amatore godo appieno degli scorci suggestivi, della bellezza dirompente della natura e di luoghi che non avrei mai pensato di poter raggiungere. Gli oliveti ed il bosco mi incantano e sento il desiderio poter andare, un giorno, a vivere sul ‘Monte’.
Questo sogno si realizza a metà del 2019: io e mia moglie maturiamo entrambi il desiderio di spostarci, sempre nel comune di Calci, in un casale circondato da un ettaro di olivi; qualche mese dopo, inizia la pandemia Covid-19. Credo sia stata per me una grande opportunità quella di poter lavorare alla cura dell’oliveto in quel periodo, una vera terapia antistress considerate le restrizioni imposte dal lockdown; d’altro canto, il nostro oliveto aveva un estremo bisogno di essere gestito, poiché era in condizioni di trascuratezza e di quasi totale abbandono, così comincio a studiare e a seguire corsi di potatura. Dalla nostra casa vivo l’esperienza dei tramonti, albe, piogge con una vista unica sul paese e sulla Certosa di Pisa. Le prime stagioni sono state fondamentali poiché ho seguito da solo le diverse fasi, dalla gestione del terreno alla raccolta, coinvolgendo in seguito un numero sempre maggiore di persone. Vedere per la prima volta il nostro olio, appena prodotto al frantoio, è stata una esperienza indimenticabile.
Vita di campagna, paesaggio splendido, un olio genuino, la possibilità di prendermi cura di un terreno e di un territorio, sono stati elementi di grande stimolo che mi hanno avvicinato sempre di più all’olivicoltura.
In questi anni ho messo anche a fuoco le difficoltà che vive il Monte Pisano, come tutti i territori caratterizzati da una agricoltura marginale con oliveti su terrazzamenti. Capivo di dover affrontare delle difficoltà importanti legate alla gestione dei terreni, ma con la convinzione che vi fossero delle enormi potenzialità per il territorio.
Nel frattempo, il mio cammino di imprenditore informatico si stava completando, avendo l’azienda raggiunto degli obiettivi importanti ed ottenuto riconoscimenti sul mercato. Era giunto il momento di orientare diversamente il mio percorso e, successivamente alla cessione dell’azienda, ho provato a concretizzare un nuovo sogno: da spettatore pienamente immerso nella natura ad attore della trasformazione, avviando una attività professionale basata sull’olivicoltura. Così è nata l’azienda agricola Podere del Pari.
In cosa consiste oggi l’azienda Podere dei Pari?
Il Podere del Pari è situato sulla collina litoranea nel comune di Calci, nella zona conosciuta come Par di Rota o Il Pari a circa 200 metri di altitudine, a metà strada fra Pisa e Lucca, a 60 km da Firenze e a circa 20 km dalle località di mare.
I terreni recentemente acquisiti coprono una superficie di circa 50 ettari, di cui più della metà olivetati, situati in alcuni comuni del lungomonte pisano:
- a Calci, nella zona Par di Rota i terreni si estendono su un appezzamento unico di 17 ha;
- 9 ha si trovano nel comune di Buti;
- nel comune di Asciano vi sono 4 ha, oltre ad una superficie di seminativo di 6 ha che a breve verrà destinata ad un nuovo oliveto con impianto di irrigazione.
I terreni olivetati sono caratterizzati da una densità media di 450 piante per ettaro, tipica degli oliveti specializzati del Monte Pisano. L’azienda si sviluppa anche su superfici boscate di 16 ha a Calci nella zona Par di Rota.
Parte del progetto interessa il settore turistico con un’offerta di ricettività che include 7 strutture immerse negli oliveti, compresa l’abitazione in cui viviamo io e la mia famiglia. Stiamo portando avanti il lavoro di recupero dei terreni e riforma delle piante grazie ad una squadra di 20 operai specializzati.
Quali sono i principali ostacoli che avete incontrato o che state ancora affrontando?
Sebbene quello del Monte Pisano sia un territorio che ha tanto da offrire, al momento molti terreni versano in uno stato di abbandono o di forte incuria.
Le motivazioni sono molteplici, tra le principali c’è un’oggettiva difficoltà nella coltivazione degli oliveti terrazzati e l’impossibilità di rendere economicamente sostenibile tale tipo di coltivazione. La conformazione del territorio - le balze terrazzate sono molto strette, irregolari e in forte pendenza - rende impraticabile l’utilizzo di mezzi agricoli. Altro elemento critico è la scarsità di personale specializzato ed una altissima frammentazione delle proprietà olivicole.
Bisogna prendere atto di un mancato passaggio generazionale che non garantisce continuità alle imprese agricole, per lo più a conduzione familiare; di fatto, vi è un’assenza di progettualità che possa coinvolgere nuovi attori, da un punto di vista gestionale ed operativo.
Recupero degli oliveti
In che stato di coltivazione o di abbandono erano gli appezzamenti al momento dell’inizio dei lavori?
La maggior parte dei terreni olivetati hanno richiesto e richiederanno importanti interventi di recupero delle piante, dei vallini di convogliamento delle acque e dei muretti a secco, molti dei quali crollati a causa della forte presenza di cinghiali sul territorio.
Nello specifico, a partire dalla fine della stagione di raccolta 2023 (fine ottobre) ad oggi, i circa 20 operai presenti in azienda sono stati impiegati in questo tipo di attività ed è previsto un periodo ancora lungo destinato al recupero degli appezzamenti.
In generale, sul Monte Pisano si stima che solo il 23,1% degli oliveti sia in buono stato di coltivazione (v. tabella qui di seguito).
Gli interventi sul territorio
Per quanto riguarda i terrazzamenti, fosse di convogliamento e raccolta delle acque, come riuscite ad effettuare gli interventi, visto che ci vogliono maestranze competenti per questo tipo di lavoro?
Considerato lo stato di partenza in cui abbiamo trovato gli appezzamenti, si è resa necessaria l’assunzione di personale specializzato con competenze specifiche nel ripristino e gestione di oliveti, a cui è stato affiancato un numero significativo di operai agricoli. Abbiamo coinvolto un noto artigiano nella costruzione e ripristino di muretti a secco - Maurizio Bertolini di Calci – che ha svolto delle sessioni di formazione del personale, direttamente sul campo.
Per la frangitura come vi siete organizzati?
Negli anni scorsi ci siamo affidati ad alcuni frantoi di zona che, pur erogando un buon servizio, non soddisfacevano appieno le nostre aspettative. Per la raccolta 2023 abbiamo scelto il Frantoio di Croci in provincia di Pistoia, che ci ha garantito una frangitura di alta qualità, sebbene con difficoltà logistiche richiedendo complessivamente due ore di viaggio.
Ho maturato, quindi, l’idea che fosse fondamentale investire su un frantoio vicino ai terreni del Podere, per puntare ad un olio evo che possa esprimere al meglio le sue potenzialità. In questi giorni abbiamo rilevato lo storico Oleificio Sociale dei Monti Pisani, situato a Caprona nel comune di Vicopisano che negli ultimi anni ha lavorato con grande difficoltà e con problemi di gestione.
È nato il Frantoio del Monte Pisano, con l’intento di ripartire con elevati standard di qualità nel processo produttivo, macchinari rinnovati per efficientare le fasi di produzione, personale qualificato e competente, auspicando che - in sinergia con istituzioni, altri imprenditori ed il contributo di tutta la comunità - possa tornare ad essere un riferimento per gli olivicoltori e produttori di olio evo del Monte Pisano.
Colle di Catanna, l’olio evo del Podere del Pari
Avete già iniziato la commercializzazione e a che tipo di mercato vi rivolgete?
L’olio extravergine prodotto nel 2023 si chiama Colle di Catananna, nome che abbiamo scelto come omaggio al luogo in cui sorge l’oliveto principale dell’azienda, da cui ha origine il progetto. Le olive sono state raccolte nei terreni del Podere e sono un mix di Frantoio, Moraiolo e Leccino, varietà tipiche della zona. Ci proponiamo di ottenere un olio di altissima qualità che possa affacciarsi anche al mercato estero, per bontà e quantità prodotte. Stiamo partecipando a diversi concorsi nazionali e fiere, e il riscontro di coloro che assaggiano il nostro prodotto è finora molto positivo.
Consapevoli di avere ancora molta strada da fare, stiamo incontrando olivicoltori e produttori riconosciuti a livello internazionale, con i quali poterci confrontare su problematiche, metodologie, tecniche di produzione e strategie di mercato.
Prospettive e piani per il futuro
Quali sono le prospettive di sviluppo di un’azienda che nasce da presupposti apparentemente in controtendenza rispetto alla intensificazione colturale attualmente in atto in olivicoltura?
Come noto, l’Italia ha da tempo perso la leadership nella produzione olivicola e rischia di perdere ulteriore terreno nel prossimo futuro. Oltre alla fondamentale attenzione verso la qualità del prodotto finale, è certamente necessario aumentare la capacità produttiva del comparto olivicolo.
Ben vengano le iniziative di realizzazione di nuovi impianti intensivi e super-intensivi, i quali richiedono ampi spazi pianeggianti e molta acqua. Tuttavia, il nostro Paese è caratterizzato anche da paesaggi collinari storicamente dedicati agli oliveti che identificano alcuni territori e, come tali, andrebbero preservati: basti pensare agli oliveti collinari del centro Italia e della Liguria.
Tale olivicoltura, ormai definita ‘marginale’, si è dimostrata economicamente non sostenibile se lasciata a se stessa, per via degli alti costi di gestione e della difficile meccanizzazione delle lavorazioni, fattori che hanno determinato un alto tasso di abbandono.
Innovazione, complementazione e aggregazione
Per una inversione di tendenza, a mio avviso, occorre puntare su innovazione, complementazione e aggregazione:
- innovazione in senso tecnologico (smart agricolture, sensorizzazione), a supporto dei processi produttivi, ma anche in senso normativo, per un diverso approccio legislativo utile a scongiurare l’abbandono di queste terre;
- complementazione della produzione olivicola, affiancando attività di valorizzazione del territorio, disponibilità di servizi per il recupero e gestione dei terreni ed un’adeguata offerta turistica, elementi che possono portare molto valore ad un comparto che racchiude un tesoro in ogni sua sfaccettatura;
- aggregazione dei produttori e dei diversi operatori, per fronteggiare le importanti sfide di mercato, condividere risorse, buone pratiche, opportunità commerciali e per sostenere investimenti onerosi, altrimenti non accessibili al singolo; aggregazione intesa anche come coinvolgimento della comunità per una maggiore consapevolezza delle vulnerabilità del territorio e sua della bellezza, che ci auspichiamo di poter preservare.
L’articolo è disponibile per i nostri abbonati anche su Olivo e Olio 2/2024
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