Olio di Puglia Igp, la qualità è l’arma per tornare competitivi

olio di puglia igp
La prossima campagna olearia vedrà l’avvio della produzione dell’Igp Olio di Puglia. Il marchio certifica l’origine e un elevato standard qualitativo e sarà uno strumento per riconquistare spazio e reddito sui mercati

Il Rapporto Ismea-Qualivita 2019, relativo alle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop, Igp, Stg, rivela che il valore economico delle produzioni a indicazione geografica in Italia supera i 16 miliardi di euro, con una crescita del 6% sull’anno precedente.

Il sistema agroalimentare italiano gode, dunque, di un grande vantaggio competitivo anche grazie a 824 riconoscimenti a Indicazione Geografica (su un totale mondiale di 3.071), di cui 300 nel comparto del food (Dop, Igp e Stg) e 524 in quello del vino (Dop e Igp), confermandosi il Paese con il maggior numero di prodotti certificati, prima della Francia (686) e della Spagna (336).

Secondo Raffaele Borriello, Direttore Generale Ismea, la reputazione che prodotti a Indicazione Geografica si conquistano sul mercato è dovuta agli elementi di identità distintiva declinati in autenticità, tradizione, gusto, tipicità, legame col territorio di origine, sicurezza, tracciabilità.

Oltre un prodotto su quattro registrati come Dop, Igp, Stg nel mondo è italiano, con un valore alla produzione che supera i 16 miliardi di euro e con l’export che va oltre la soglia dei 9 miliardi, grazie al lavoro di oltre 180.000 operatori e l’impegno dei 285 Consorzi di tutela riconosciuti.

Lo scenario incrementale e positivo dell’intero settore agro-alimentare non si riflette egualmente nella filiera olivicola olearia italiana, che nonostante la ricchezza varietale (più di 500 cultivar in tutta la penisola) e il più alto numero di riconoscimenti  d’Europa  (42 Dop e 5 Igp contro le  31 indicazioni geografiche di Spagna e Grecia) si traduce però in una produzione di olio certificato che non supera il 2%-3% del totale (tra 10.000 e 12.000 t/anno a fronte di una produzione media nazionale di 300-400.000 t/anno).

La ricchezza varietale e l’enorme gamma di profumi e sapori che l’Italia può esprimere nel settore oleario è confermata dalla nascita della una nuova Igp Olio di Puglia che arricchisce il panorama delle indicazioni geografiche (Ig) italiane approvate dalla Commissione Europea.

Indice
- Il Marchio Igp
- Indicazioni geografiche e competitività
- Puglia: una nuova Igp dopo 5 Dop
- Igp: missione cambiamento
- Quando origine è sinonimo di qualità
- Il valore del territorio
- Una denominazione resiliente
- I costi dell’adesione al sistema Dop e Igp
- Il neonato consorzio di tutela
- Il ruolo delle istituzioni
- Logo, una donna simboleggia e raffigura la qualità e l’unità delle Puglie
- Il marchio sintetizza il legame tra l’olio e il territorio
- Il valore salutistico comune denominatore della produzione pugliese

Il Marchio Igp

Gli acronimi Igp e Dop indicano prodotti a Indicazione Geografica Protetta e prodotti a Denominazione di Origine Protetta e rappresentano l’eccellenza della produzione agroalimentare europea. La loro regolamentazione avviene a livello comunitario: l’Ue ha infatti stabilito delle indicazioni precise per tutelare i prodotti dalle pratiche sleali (come l’italian sounding), offrire al consumatore le informazioni adeguate sulla qualità e garantire un giusto compenso ai produttori. Queste necessità sono state legiferate sin dal 1992, quando il Consiglio Europeo ha deciso di adottare un quadro giuridico per la protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari con uno specifico regolamento (attualmente quello in vigore è il n. 1151/2012, che ha aggiornato e reso più snelle alcune norme del precedente, n. 509/2006).

L’Indicazione Geografica Protetta è un marchio di tutela giuridica dell’indicazione geografica che viene attribuito a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica dipendono dall’origine geografica, ma la cui produzione, trasformazione e/o elaborazione, non deve necessariamente avvenire in una determinata area in tutte le sue fasi, al contrario della Denominazione di Origine Protetta, che prevede che la tutta produzione sia vincolata geograficamente. In entrambi i casi, Dop e Igp, le indicazioni sulle modalità produttive sono contenute nei disciplinari e il loro rispetto è controllato da organismi come i Consorzi di Tutela.

Indicazioni geografiche e competitività

Negli ultimi anni la leadership italiana nel mercato mondiale dell’olio di oliva è in declino. La posizione di rilievo storicamente attribuita al prodotto italiano, in termini quantitativi e qualitativi, è compromessa da una produzione decrescente, certamente condizionata dalla estrema polverizzazione aziendale associata alla frammentazione varietale, ai cambiamenti climatici ed agli attacchi parassitari.

Il declino del comparto si accompagna a effetti concatenati e drammatici. Lo scarso reddito dei produttori spinge gli stessi all’impiego di tecniche di conduzione approssimative e mirate al massimo risparmio, che, nella peggiore delle ipotesi, conducono alla scelta di non applicare alcun intervento di carattere agronomico, riportando la coltivazione dell’olivo ad una coltura di sussistenza con gravi ripercussioni anche sull’ambiente e sul paesaggio. In alcuni areali la mancanza di redditività ha già limitato anche i più essenziali interventi di concimazione e difesa, con il risultato di minare ulteriormente la produttività nazionale.

Con 60 milioni di piante distribuite su circa 400.000 ettari la Puglia è la prima regione d’Italia in termini di superficie dedicata agli uliveti, pari a circa il 32% del totale nazionale, che dà lavoro a 190mila imprese nel comparto olivicolo che producono mediamente 12 milioni di quintali ogni anno, pari a circa il 40% della produzione italiana.

In questo scenario bisogna comprendere che un modello di competizione basato sul prezzo basso può rivelarsi estremamente fallimentare. L’incremento di competitività, che il settore oleario reclama, potrà essere raggiunto solo investendo sugli elementi che distinguono l’olivicoltura italiana dalla concorrenza, costituiti principalmente dalla biodiversità e dalla capacità di produrre oli estremamente differenziati in grado di soddisfare una ampia gamma di consumatori.

I prodotti a Indicazione Geografica sono la leva tramite la quale la filiera olivicola olearia italiana potrà e dovrà competere sul mercato interno e su quello globale, se una effettiva e concreta convergenza giungerà sia da parte degli operatori della filiera, che delle istituzioni e della politica.

Puglia: una nuova Igp dopo 5 Dop

Come conferma il Rapporto Ismea-Qualivita 2019, relativo alle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop, Igp, Stg, la Puglia è prima regione Italiana produttrice di olio extravergine di oliva ad indicazione protetta, che con i suoi marchi Dop (Collina di Brindisi, Dauno, Terra di Bari, Terra d’Otranto e Terre Tarentine) immette sul mercato il 41% della produzione certificata italiana, in coerenza con i dati della produzione olearia totale nazionale che vedono la Puglia da sola produrre mediamente il 60% del prodotto nazionale.

Tabella 1 - Le Dop degli oli extravergine pugliesi
Denominazione Data di registrazione Superficie rivendicata
Collina Di Brindisi 25/11/97 2,287 ha
Dauno 25/11/97 1,565 ha
Terra di Bari 25/11/97 25,619 ha
Terra d’Otranto 21/03/98 7,104 ha
Terre Tarentine 30/10/04 1,848 ha

La procedura di riconoscimento della nuova Igp regionale è stato un processo lungo che non ha risparmiato confronti, talvolta anche animati, tra i diversi attori della filiera; nell’analisi dei punti di forza e di debolezza di un nuovo marchio d’origine regionale e delle minacce e opportunità che il prodotto avrebbe trovato nei mercati nazionali ed esteri, non è mancata, infatti, la domanda sulla opportunità di un nuovo marchio a fronte delle già esistenti Denominazioni d’Origine Protetta.

I dubbi sono presto fugati proprio dai dati che lo stesso Rapporto Ismea-Qualivita fa emergere in relazione ai prezzi delle Dop pugliesi, in particolare della “Terra di Bari”.

Meraviglia, come un olio extravergine tra i più pregiati nel panorama italiano sia venduto a prezzi sovrapponibili al prodotto convenzionale, valore che spesso non ripaga gli olivicoltori e i frantoiani degli sforzi produttivi legati all’applicazione del disciplinare di produzione e dei costi di certificazione.

Il prezzo dell’olio Dop Terra di Bari rilevato nei primi due mesi del 2020 (annata straordinaria per la qualità del prodotto) è mediamente pari a 3 euro/kg contro gli 8,3 euro/kg della Igp Toscana, un rapporto di prezzo quasi 3 volte superiore.

Igp: missione cambiamento

La constatazione che i prezzi degli oli Dop pugliesi, per numerose e complesse ragioni, si siano attestati su valori che non si discostano in modo significativo dal prodotto convenzionale ha effettivamente scoraggiato molti produttori, minando la loro fiducia in questo strumento di marketing e di competitività, poiché non hanno riscontrato una opportunità economica nella produzione certificata.

Una nuova indicazione d’origine deve nascere con l’idea di capovolgere questo paradigma, in modo da collocarsi adeguatamente sul mercato, trasformando il marchio in un reale elemento di differenziazione del prodotto, capace di determinare un effettivo vantaggio competitivo per gli operatori della filiera, valorizzando sia i contenuti immateriali che caratterizzano la regione Puglia, la sua storia, la cultura millenaria, il paesaggio olivicolo, sia gli elementi tangibili, materiali quali le peculiarità chimico-fisiche ed organolettiche che necessitano di essere ben differenziati e percepiti dal consumatore.

La nuova Igp Olio Di Puglia deve rappresentare la leva con cui le imprese, i loro organismi associativi e le istituzioni pubbliche pugliesi devono guardare, per favorire la penetrazione del migliore extravergine regionale su nuovi mercati e canali commerciali, nonché per mantenere quote di mercato nazionali strappando il premio di prezzo necessario a ripagare gli sforzi e a garantire un futuro alla filiera agro-alimentare emblema della dieta mediterranea e simbolo del “tacco” d’Italia.

La strategia per raggiungere questi obiettivi parte dalla presa di coscienza che l’ottenimento di un nuovo marchio Igp, pur rappresentando un passo importante, costituisce solo il punto di partenza e, soprattutto, non deve ancora una volta tradursi in un aggravio dei costi al quale non corrisponda una risposta positiva del mercato.

Quando origine è sinonimo di qualità

Un primo passo importante, concepito per tradurre l’indicatore di origine, il marchio Igp Olio di Puglia, in un indicatore di valore, sia culturale che economico, è stato compiuto in fase di definizione del disciplinare di produzione, che nella individuazione degli elementi di identità del prodotto tipico ha contemplato di inserire ulteriori specificazioni al di là dei requisiti richiesti dalla normativa per rafforzare i caratteri di differenziazione. In particolare, la specifica sul contenuto minimo in biofenoli a riconosciuta azione salutistica, riconoscibili anche al gusto, si traduce nello slogan che dovrà aiutare i consumatori a riconoscere il marchio Igp Olio di Puglia: “È buono perché è fresco e fa bene!”.

Secondo quanto si evince dal disciplinare di produzione, infatti, l’Igp Olio di Puglia è un prodotto che aspira a collocarsi nell’alta gamma degli oli extravergini di oliva, cioè in un segmento di qualità superiore, frutto di un percorso legislativo complesso che traduce in maniera scientifica le caratteristiche del migliore olio extravergine di oliva pugliese e tutela le sue radici che affondano nell’alimentazione tipica regionale, che nasce da un’unicità geo-climatica e da una complessa biodiversità ben interpretate dalla tradizione culinaria mediterranea regionale.

Dietro l’olio pugliese a Indicazione Geografica Protetta c’è però molto più di un elenco di pratiche agricole e di trasformazione. Leggendo tra le righe si ritrova la memoria storica millenaria di 60 milioni di piante che caratterizzano il paesaggio regionale pugliese, ricamato da chilometri di muretti a secco che delimitano la frammentata proprietà olivicola, fatta di centinaia di migliaia di agricoltori, custodi di un patrimonio materiale, gli alberi, e immateriale, le tradizioni e la cultura di un popolo e del suo territorio. Solo longeve creature come gli olivi, che hanno nutrito decine di generazioni, possono raccontare come sia stato possibile far giungere fino a noi, superando rivoluzioni industriali e sconvolgimenti geo-politici, un alimento identitario della tipicità regionale, da cui nascerà l’oro liquido di Puglia, buono e che fa bene, grazie alla ricchezza di antiossidanti che ne contraddistinguono composizione e gusto.

oliveto pugliese lecce
Oliveto nel leccese.

Il valore del territorio

Innanzitutto è necessario partire da una materia prima d’eccellenza:

  • olive delle cultivar Cellina di Nardò,
  • Cima di Bitonto (o Ogliarola Barese o Garganica),
  • Cima di Melfi,
  • Frantoio,
  • Ogliarola salentina (o Cima di Mola),
  • Coratina,
  • e Peranzana,
  • ma anche Favolosa (o FS-17) e Leccino, varietà presenti nel Salento già da qualche decina di anni e che consentiranno alla filiera, a cui è riconducibile il 12% del Pil agricolo, di sopravvivere all’epidemia di Xylella.

Ma la materia prima da sola non basta, occorre l’ausilio delle pratiche agricole e tecnologiche frutto dell’esperienza degli agricoltori e dei maestri oleari pugliesi (legge regionale pugliese 9/2014), artigiani e custodi delle tecniche tramandate, per dare vita, in un territorio circoscritto ai confini regionali, con condizioni ambientali uniche, ad un prodotto anch’esso unico come l’Igp Olio di Puglia.

La natura carsica di gran parte del territorio pugliese e la scarsità di precipitazioni influenzano le fasi di inolizione e maturazione dei frutti, inducendo, grazie agli stress termici e idrici, tipici di un ambiente arido mediterraneo lambito per oltre 800 chilometri dal mare, la sintesi di polifenoli, per contrastare, nei frutti stessi, la produzione di radicali liberi.

I biofenoli (> 250 mg/kg all’atto della certificazione), riconoscibili per il loro gusto amaro e piccante, determinano quel valore salutistico che rappresenta una caratteristica qualitativa tipizzante e distintiva dell’Igp Olio di Puglia rispetto allo standard qualitativo di prodotti della stessa tipologia ottenuti fuori dalla zona di produzione.

È dunque questo l’aspetto che accomuna e contraddistingue gli oli pugliesi Igp, che “sono buoni”, per la “freschezza” del prodotto sottolineata in etichetta dalla presenza della campagna di raccolta delle olive e dell’imbottigliamento e confezionamento che deve avvenire entro 31 ottobre successivo a molitura, e che «fanno bene», per il contenuto di bio-molecole ad azione salutistica, che solo in Puglia può superare, senza sforzo, il limite imposto dal claim dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare).

Una denominazione resiliente

Essere resilienti significa saper trasformare le difficoltà in risorse e gli ostacoli in opportunità. Un esempio di resilienza ormai consolidato è il salto di qualità che ha saputo compiere la Puglia enologica.

La Puglia per anni, infatti, è stata sottovalutata nel panorama viti-vinicolo per la sua fama negativa di regione dei “vini da taglio” usati per colmare le bottiglie delle cantine del nord. Il “Tacco” d’Italia oggi si è pienamente riscattato percorrendo la strada dei vini di altissima qualità riconosciuti in tutto il mondo. In analogia con quanto accaduto già per la filiera viti-vinicola, l’Igp è nata per trasformare la fama negativa di regione serbatoio d’olio d’Italia in simbolo di salute, benessere, ambiente ed edonismo.

Per anni il prodotto pugliese è stato etichettato con una connotazione dispregiativa, anche attraverso i mass-media nel proliferare di trasmissioni gastronomiche, con una parola che non trova riscontro nel vocabolario dell’analisi sensoriale degli oli di oliva, ma che è usata nel linguaggio comune: “pesante”. L’espressione, ormai largamente entrata nel gergo popolare, impiegava l’aggettivo “pesante” come idioma popolare per indicare un gusto intenso, vigoroso e dominante sugli altri ingredienti (se il condimento non è usato nelle quantità opportune) riconducibile appunto alla presenza di abbondanti molecole antiossidanti di natura fenolica, in opposizione a un gusto delicato, tipico degli oli poveri di biofenoli caratteristici di altri areali geografici. Il gusto amaro e piccante dovuto alle molecole polifenoliche, è oggi un elemento incluso nelle caratteristiche positive del prodotto, ed è un elemento utile ad identificarne la freschezza del prodotto.

Ecco allora che la difficoltà più grande di un marchio che ambisce a racchiudere nel suo disciplinale l’eterogeneità geografica delle Puglie (Gargano, Sub-appennino Dauno, Tavoliere, Terra di Bari, Arco Jonico, Valle d’Itria e Salento) e la ricchezza nella sua biodiversità olivicola si traduce in un elemento distintivo che non ha la connotazione di un colore, di un odore o di un sapore distinguibile ed omogeneo, ma una concentrazione di molecole benefiche che possono offrire a chi le assume una aspettativa di benessere.

I costi dell’adesione al sistema Dop e Igp

Per le imprese l’adesione al sistema dei marchi Dop e Igp comporta anche una serie di costi e oneri di difficile e univoca quantificazione, ai quali si aggiungono i numerosi vincoli tecnici, economici e organizzativi derivanti dal rispetto della normativa, che limitano fortemente le loro opzioni strategiche.

In particolare, oltre ai costi legati alle attività di controllo e di certificazione e a quelli richiesti per l’adesione ai Consorzi, le imprese devono sostenere una serie di costi “indiretti”, ovvero di adattamento strutturale e riorganizzazione degli impianti, di adattamento operativo (derivanti, ad esempio, dall’utilizzo di materie prime di qualità) e di non conformità, determinati dal mancato collocamento sul mercato o da un collocamento inferiore alle attese di prodotti non conformi alle regole del disciplinare.

Nel percorso di sviluppo e di valorizzazione dei prodotti con marchio Dop/Igp un ruolo nodale è svolto dal Consorzio, che, gestendo le relazioni verticali tra i diversi attori della filiera e rafforzando la collaborazione tra di essi, assicura assistenza tecnica, promozione e valorizzazione del prodotto, garantisce la conformità del prodotto finale ad alcune caratteristiche della tipicità, veicola gli elementi di distintività dell’indicazione d’origine  al consumatore anche sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione.

Il neonato consorzio di tutela

Il 29 maggio 2020 si è costituito a Bari, presso la CCIAA, dove ha pure sede l’Organismo di Controllo della denominazione, il Consorzio per la tutela e la valorizzazione dell’olio extravergine di oliva a Indicazione Geografica Protetta “Olio di Puglia”.

Il C.d.A. è formato da 11 membri:

  • 7 della categoria dei produttori,
  • 2 della categoria dei molitori
  • e 2 della categoria degli imbottigliatori.

L’Ing. Pantaleo Piccinno, olivicoltore di Caprarica di Lecce, è stato eletto neopresidente del Consorzio Igp “Olio di Puglia”, in continuità con il grande lavoro fatto nell’ambito dell’associazione promotrice. A supportarlo la vice-presidente Maria Di Martino.

Il Consiglio costituente si è dato il compito di implementare l’inizio dell’attività del Consorzio, dando avvio ad una campagna di iscrizioni da parte di tutti gli operatori attualmente iscritti presso O.d.C. (circa 400), chiedendo, quanto prima, il riconoscimento al Ministero.

A regime il consorzio avrà il compito di delineare le strategie necessarie ad assicurare agli iscritti il vantaggio competitivo stabile e duraturo che un così lungo e impegnativo percorso di riconoscimento deve assicurare,  attraverso costanti azioni di monitoraggio e  verifica di molteplici aspetti, quali il rapporto con il mercato, il posizionamento del prodotto, l’evoluzione della domanda e degli stili di consumo, l’appropriatezza dei canali distributivi utilizzati, la percezione della qualità e l’efficacia delle politiche di comunicazione.

Il marchio Igp costituirà un efficace strumento di differenziazione solo se operatori della filiera e i rappresentanti delle istituzioni sapranno cooperare per costruire e rafforzare la reputazione e, quindi, un apprezzamento stabile e forte per il prodotto Igp Olio di Puglia.

Il ruolo delle istituzioni

Le aziende olearie pugliesi, a causa della polverizzazione della produzione, sono imprese caratterizzate da una marcata debolezza strutturale e dimensionale e non dispongono di adeguate risorse economiche per attuare azioni di comunicazione e marketing efficaci.

Per ottenere risultati positivi sul piano economico e sociale occorre instaurare un approccio integrato di sviluppo locale capace di integrare attori economici, sociali e istituzionali favorendo forme di collaborazione e di integrazione:

  • orizzontale, fra aziende olivicole e i frantoi che operano soprattutto nelle prime fasi della filiera, della produzione e della prima trasformazione;
  • verticale, fra aziende che gestiscono fasi diverse ma consecutive della stessa filiera: intermediari, grossisti, imbottigliatori, retail, Ho.Re.Ca;
  • territoriale, costruendo relazioni virtuose tra gli attori della filiera e i rappresentanti politici delle istituzioni regionali e ministeriali.

L’Igp olio di Puglia è un brand che rappresenta l’intera Regione. Occorre dunque definire un progetto di valorizzazione del sistema locale che, ponendo al centro il prodotto olio extravergine Igp, sia in grado di mobilitare l’intero patrimonio di relazioni e di risorse collettive (umane, tecnologiche, culturali, istituzionali, ambientali e paesaggistiche), attraverso le quali l’immagine identitaria del territorio di origine di questo prodotto verrà comunicata, definendo e attuando una strategia di differenziazione che assicuri, allo stesso tempo, migliori profitti alle singole imprese e sostenibilità economica e sociale di tutto il sistema locale.

L’Igp olio di Puglia, grazie anche alla legge sull’oleoturismo (1/1/2020 - estensione delle disposizioni previste dalla legge 27 dicembre 2017 n. 205), deve diventare un vero e proprio collante nell’ambito dell’esperienza territoriale, capace di coinvolgere i diversi assessorati in termini di risorse e obiettivi di comunicazione: Agricoltura, Salute, Industria turistica e culturale e Gestione e valorizzazione dei beni culturali, Sviluppo economico, Competitività, Attività economiche e consumatori, Welfare e Pianificazione territoriale.


olio di puglia igp logo

In una filiera da anni in crisi e falcidiata da scandali e frodi, l’Igp Olio di Puglia, riconoscibile dal logo raffigurante un’antica moneta romana, la personificazione della strada Traiana, simbolo dell’unità regionale e del legame tra la Puglia e la coltivazione dell’olio, è un ulteriore strumento che potrà tutelare e garantire i consumatori che scelgono di premiare produttori e frantoiani che si sottopongono al rigore del disciplinare ed ai controlli previsti dal regolamento di Esecuzione (Ue) 2019/2202 della Commissione del 16 dicembre 2019.

La strada Traiana fu inaugurata nel 113 d.C. con tanto di celebrazione in quel di Benevento, dove il tracciato aveva origine, nonché di costruzione di un arco trionfale, che ancor oggi è visibile in città.

strada traiana dell'olio di puglia

Da Benevento la strada entrava i Puglia da Aecae (Troia) e attraversava il Tavoliere fino ad Herdonia (Ordona); di qui, superato l’Ofanto con un imponente ponte a cinque arcate, raggiungeva Canusium (Canosa di Puglia). Attraversato il centro canosino, la strada proseguiva poi verso Rubi (Ruvo di Puglia), e correndo ad est dell’abitato puntava in direzione di Modugno fino a Caeliae (Ceglie del Campo), poi per Norba (Conversano) e Monopoli. Da Rubi una variante litoranea raggiungeva Barium (Bari) non senza aver toccato Butuntum (Bitonto); in entrambi i casi il tracciato procedeva poi, vicinissimo alla costa, fino ad Egnathia, grande sito archeologico tuttora attivo. La strada toccava poi Ostuni e Carovigno, giungendo infine a Brundisium (Brindisi). Un prolungamento più tardo, denominato “Via Traiana Calabra” (Calabria era detta, in epoca romana, la parte meridionale della Puglia), collegò Brindisi alla città di Hydruntum (Otranto), passando per Valesium e per Lupiae (Lecce).

L’articolo è pubblicato su Olivo e Olio n. 4/2020

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Il marchio sintetizza il legame tra l’olio e il territorio

Michele Emiliano
Michele Emiliano

Per Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, «il settore olivicolo pugliese ha vissuto in profonda sofferenza per il crollo dei prezzi dell’olio d’oliva, la concorrenza nei mercati internazionali, e la minaccia della Xylella. Il marchio Igp “Olio di Puglia” è il simbolo del legame millenario tra la nostra regione e l’olivo, della resilienza degli olivicoltori e dei frantoiani pugliesi, del legame tra il territorio, il paesaggio, la salute dei consumatori, è il piacere legato all’impiego del migliore olio extravergine nelle preparazioni gastronomiche tipiche della dieta mediterranea. Il marchio Igp sintetizza l’essenza del brand Puglia nel mondo: una lunga vita felice e in benessere!»

Il valore salutistico comune denominatore della produzione pugliese

Leo Piccinno
Leo Piccinno

«La Strada Traiana, la cui iconografia corrisponde ad una donna distesa con un ramo d’olivo tra le braccia, simboleggia il filo rosso che collega la ricca varietà degli oli pugliesi, che si declinano in una molteplicità di caratteristiche organolettiche riconducibili alla vasta biodiversità e diverse condizioni pedoclimatiche, ma accomunati tutti dallo stesso denominatore: freschezza e salute» afferma Leo Piccinno, Presidente del Consorzio di tutela e valorizzazione del neonato marchio pugliese. «L’Igp Olio di Puglia intende capovolgere il paradigma storico che vede la Regione Puglia forte nella produzione, ma debole sul mercato. La freschezza del prodotto e l’elevato valore salutistico assicurato da una concentrazione di biofenoli all’imbottigliamento coerente con il claim salutistico approvato dall’Efsa saranno sinonimi per il consumatore di autenticità, benessere, gusto, tipicità, legame col territorio di origine, sicurezza e tracciabilità».


 

Olio di Puglia Igp, la qualità è l’arma per tornare competitivi - Ultima modifica: 2020-07-15T16:23:22+02:00 da Barbara Gamberini

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