L’olivicoltura biologica è molto presente sul territorio nazionale. Di seguito alcuni dati provvisori come anticipazioni di “Bio in Cifre 2016” (di prossima pubblicazione l’Edizione integrale). Nel 2015 l’estensione delle superfici olivicole nazionali, in conversione e biologiche, ha quasi raggiunto quota 180.000 ettari, il 6% in più sul 2014.
Superfici e rese dell’olio biologico
I dati Sinab mostrano che oltre il 70% delle superfici olivicole è concentrato in tre Regioni: Calabria, Puglia e Sicilia. Significative anche le superfici di Toscana, Lazio e Umbria, che aggiunte alle precedenti determinano circa il 90% della superficie olivicola biologica nazionale.
L’incremento di superfici nel 2015 si è avuto in Calabria, con un più 3.000 ettari, seguita da Puglia e Sicilia che in media hanno aumentato di 2.500 ettari la superficie olivicola biologica regionale, mentre l’Umbria tra superfici in conversione e bio ha registrato un +187 ettari.
Ma qual è l’incidenza della superficie bio rispetto alla superficie olivicola nazionale (Istat, Indagine SPA 2013)? Il 17% della superficie nazionale destinata all’olivicoltura è in conversione o già biologica. Toscana ed Umbria hanno la stessa percentuale del dato nazionale, mentre le prime Regioni in termini di estensione delle superfici biologiche: Calabria, Puglia e Sicilia, hanno un’incidenza del 32,6%; 14,4% e 19,4% sul totale delle superfici olivicole bio. Interessante sarà capire se e in che misura i Piani di sviluppo Rurale riusciranno a stimolare la conversione al Biologico. Le rese si confermano minori a quelle dell’olivicoltura “convenzionale” ma con prezzi delle olive bio tendenzialmente superiori del 20% rispetto a quelle non bio.
Anche sul prodotto finale le differenze sono tutte a favore delle produzioni biologiche. Analizzando i prezzi medi alla produzione degli ultimi cinque anni si evidenzia, infatti, una costante crescita dei listini unitari dell’olio extravergine biologico almeno fino al 2015, anno in cui sono stati toccati anche per gli oli non bio livelli record, con un successivo fisiologico calo nel 2016.
Sottolineando il fatto che il trend è sostanzialmente analogo a quello dell’olio convenzionale, si evidenzia tuttavia che sono i tassi di variazione a mostrare le maggiori differenze. In fase espansiva, infatti, gli oli non biologici crescono ad un ritmo maggiore così come scendono in modo più repentino in fase flessiva. Questo a dimostrazione del fatto che il prodotto bio risente meno delle oscillazioni di prezzo e, probabilmente, ha una minor pressione concorrenziale rispetto ai grandi volumi importati, per lo più di oli convenzionali.
Da evidenziare che non esiste un codice della nomenclatura combinata che ci permetta di differenziare l’import, o l’export, di olio extravergine bio. Per la verità, la distinzione non avviene neanche tra olio extra e olio vergine ad oggi sommate in una sola voce.
Leggi l’articolo completo su Olivo e Olio n. 1/2017 L’Edicola di Olivo e Olio