Il concetto di economia circolare risponde al desiderio di crescita sostenibile, nel contesto di crescenti pressioni a cui la produzione e il consumo sottopongono le risorse mondiali e l’ambiente. L’economia circolare si basa su un fondamentale cambio di paradigma. Sistema economico e sistema ecologico non sono, come nell’analisi economica tradizionale, sullo stesso livello, dove vengono scambiate risorse naturali, fattori di produzione, beni e servizi economici, rifiuti e sottoprodotti. A differenza del sistema lineare, che parte dalla materia e arriva ai rifiuti, l’economia circolare è un’economia in cui i prodotti di oggi sono le risorse di domani, in cui il valore dei materiali viene mantenuto o recuperato il più possibile, in cui c’è una minimizzazione di rifiuti e impatti sull’ambiente.
La transizione verso un’economia circolare richiede un cambiamento culturale, strutturale e organizzativo: una profonda revisione e innovazione dei modelli di produzione, distribuzione e consumo sono i cardini di questo cambiamento, con l’abbandono dell’economia lineare, il superamento dell’economia del riciclo e l’arrivo al concetto di circolarità, passaggio che richiede una innovazione nei modelli di business e la trasformazione dei sottoprodotti in risorse ad “alto valore aggiunto”.
Guardare i frantoi in un’ottica di economia circolare, in cui il valore aggiunto di materiali ed energia deve essere mantenuto il più a lungo possibile su molteplici cicli di produzione e utilizzo, può rappresentare anche una nuova opportunità per un settore “stagionale” come quello della produzione dell’olio extravergine d’oliva aprendo la possibilità di condurre attività produttive in tutto l’arco dell’anno (figura 1).
Questo valore aggiunto, rappresentato dalla possibilità che ogni frantoio possa aggiungere nuove lavorazioni a quelle preesistenti, farà sì che i conseguenti vantaggi economici possano rimanere all’interno del sistema produttivo, garantendo sia diversificazione di prodotti che equità di reddito per tutte le parti interessate, che sono, attualmente, minacciate dall’andamento negativo dei prezzi dell’olio e, in Puglia, dall’avanzamento del fronte della Xylella.
Sottoprodotti e chiusura del ciclo produttivo
Gli scarti di frantoio, la sansa di oliva (polpa esausta, nocciolo e semi) e l’acqua di vegetazione, sono sottoprodotti significativi dell’industria alimentare dei paesi produttori di olio d’oliva nel bacino del Mediterraneo, ad alto impatto ambientale, quando non adeguatamente trattati. Tuttavia, allo stesso tempo tali sottoprodotti sono anche ricchi di composti di alto valore, che possono essere utilizzati direttamente dopo l’estrazione, o valorizzati come ingredienti per altri settori industriali: industria alimentare, industria dei mangimi, i settori dei nutraceutici e cosmeceutici, ed il comparto dell’energia (figura 2).
La distanza che separa queste opportunità dal mercato dipende dal livello di maturità tecnologica delle innovazioni già sviluppate. È necessario riconfigurare l’intero ciclo produttivo del frantoio oleario in tutte le sue fasi, in modo da conseguire la sua chiusura, attuando profondi e diffusi interventi di innovazione, sia tecnologica, sia organizzativo-gestionali. Oggi, gli stakeholder del settore oleario chiedono ai ricercatori soluzioni concrete e implementabili a breve termine per attuare una reale economia circolare in ambito oleario e modificare i paradigmi produttivi e commerciali della filiera. Tuttavia, nonostante la disponibilità di tecnologie potenzialmente disponibili per estendere la catena produttiva, sia alla valorizzazione degli scarti che nell’arco dell’anno, per la loro integrazione e coordinamento, saranno necessari adeguate azioni di tipo culturale e organizzativo che coinvolgano sinergicamente università e imprese.
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L’articolo è pubblicato su Olivo e Olio n. 1/2021.
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