Il recente convegno “Il problema steroli per l’olio extravergine di oliva: la realtà e le prospettive”, tenutosi presso Veronafiere durante SOL2EXPO 2025, ha acceso i riflettori su una problematica normativa che potrebbe compromettere il futuro di molte produzioni olivicole italiane.
Attualmente, il limite legale per gli steroli totali negli oli extravergini di oliva è fissato a 1.000 mg/kg, una soglia stabilita oltre trent’anni fa e che oggi appare superata. Nuove evidenze scientifiche dimostrano come il contenuto di steroli dipenda dal genotipo della pianta, penalizzando in particolare alcune varietà, tra cui Coratina, Nocellara del Belice e la greca Koroneiki.
Secondo il Regolamento Europeo 2568/91, un olio che non rientra nei limiti previsti per gli steroli non può essere classificato né come extravergine né come vergine, finendo inevitabilmente destinato alla raffinazione. Il prof. Enzo Perri (CREA) ha spiegato che la variazione dei livelli di steroli è fortemente legata al patrimonio genetico della pianta, ma anche a fattori ambientali come cambiamenti climatici, tecniche di concimazione e irrigazione. È quindi necessario approfondire queste correlazioni per evitare che la normativa penalizzi ingiustamente oli di alta qualità.
Un parametro superato dalle nuove tecnologie
L’intervento di Angelo Faberi (ICQRF) ha chiarito come il limite sugli steroli sia stato introdotto nel 1991 con l’obiettivo di contrastare la miscelazione fraudolenta tra oli extravergini di oliva e oli di semi. Tuttavia, negli ultimi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante: oggi esistono strumenti molto più avanzati e affidabili, come l’analisi degli stigmastadieni, in grado di individuare sofisticazioni in modo molto più preciso del semplice parametro degli steroli.
Elia Pellegrino, presidente di Aifo, ha ribadito la necessità di un intervento normativo urgente:
«Il parametro degli steroli totali non è più una soluzione antifrode, ma solo un problema. Noi frantoiani siamo i primi a subirne le conseguenze, perché l’analisi può essere effettuata solo dopo la molitura delle olive. Questo significa che potremmo trovarci nella paradossale situazione di aver acquistato e lavorato le olive per poi scoprire di avere un olio non commercializzabile. Serve un intervento immediato a livello europeo e poi al COI per eliminare questo parametro, ormai superato da strumenti di analisi più precisi. In alternativa, si potrebbe prevedere una deroga per i monocultivar suscettibili, per tutelare una parte fondamentale della nostra produzione nazionale».
Il Ministero dell’Agricoltura promette un intervento in Europa
A dare una speranza al settore è stato il sottosegretario del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, senatore Patrizio La Pietra, che ha preso l’impegno ufficiale di portare la questione sui tavoli europei per aggiornare una normativa che rischia di penalizzare ingiustamente la filiera olearia italiana.
Anche Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, ha chiesto un’azione concreta per tutelare gli olivicoltori italiani, sottolineando l’urgenza di modificare un parametro ormai obsoleto.
Il futuro dell’olio extravergine passa dall’Europa
Il dibattito ha rappresentato un passo avanti importante per il settore, ma la strada verso una revisione della normativa è ancora lunga. Il mondo della produzione chiede risposte rapide per evitare ripercussioni economiche e produttive su una delle eccellenze del Made in Italy.
L’olio extravergine di oliva italiano non può permettersi di essere penalizzato da limiti normativi non più adeguati alla realtà scientifica e produttiva di oggi. Il settore spera che le istituzioni europee agiscano in tempi brevi per preservare e valorizzare un prodotto simbolo della dieta mediterranea e della tradizione agricola italiana.
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