Problemi fitosanitari in oliveti superintensivi

oliveti superintensivi
Grave attacco di rogna dell’olivo a seguito di mancata protezione dopo la raccolta meccanica.
Con l’intensificazione colturale, le problematiche da parassiti e patogeni possono risultare particolarmente gravi. L’analisi di recenti segnalazioni e i consigli per una difesa sostenibile scaturiti dal 29° Forum Arptra di Bari

In Puglia gli oliveti superintensivi iniziano a essere parte integrante degli scenari olivicoli regionali. Questi impianti portano indubbi vantaggi, come messa a frutto precoce, alte rese produttive, riduzione dei costi colturali e ammortamento abbastanza rapido dell’impianto, ma presentano anche alcuni punti critici:

  • alti costi iniziali di investimento,
  • necessità di una tecnica colturale molto accurata e del mantenimento dell’efficienza della pianta nel tempo,
  • elevata professionalità di olivicoltori e tecnici.

Ebbene, per non incorrere in cocenti delusioni, occorre tenere a mente i principi tecnico-impiantistici e agronomici finalizzati alla gestione corretta ed efficiente degli impianti. Tali principi gestionali sono molto chiari, perciò non c’è spazio per la loro errata interpretazione o per improvvisazioni.

Così Luigi Catalano, agronomo di Agrimeca Grape & Fruit Consulting, ha introdotto la sessione del 29° Forum di Medicina vegetale dell’Associazione regionale pugliese dei tecnici e ricercatori in agricoltura (Arptra) dedicata ai casi patologici rilevanti nell’olivicoltura dell’Italia meridionale, con osservazioni derivanti dall’esperienza in campo condotta con i colleghi Lorenzo Laghezza e Concetta Gentile.

«Fra i principali obiettivi dei sistemi ad alta densità vi sono, rispetto agli impianti tradizionali, la precoce entrata in produzione e il dimezzamento dei tempi di ammortamento del capitale investito. Qualsiasi ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi si ripercuote pesantemente sulla redditività dell’investimento. Ebbene, numerosi organismi nocivi possono causare l’insuccesso o il drastico rallentamento dei piani colturali e di ammortamento economico, creando problemi “ad elevata intensità”!».

Parassiti nei superintensivi pugliesi

Tra questi organismi, uno è sicuramente l’oziorrinco (Otiorrynchus cribrycollis), che negli ultimi anni è risultato attivo durante tutta la stagione vegetativa. «In assenza di prodotti fitosanitari realmente efficaci, la strategia di controllo e protezione prevede il monitoraggio continuo, specialmente nei primi due anni di età, e l’adozione della Rincotrap®, una fascia di materiale sintetico che viene applicata al fusto delle piante e intrappola gli insetti o comunque ne ostacola la risalita verso gli apici vegetativi. In impianti ad alta densità messi a dimora in tarda primavera-estate sono stati registrati danni elevati anche per la difficoltà, nelle prime settimane, di posa in opera della fascia di materiale sintetico».

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Larva di sfinge testa di morto.

La margaronia (Palpita unionalis) causa sui giovani olivi una sorta di “cimatura biologica”. Il 2016 ha visto in Puglia una presenza continua durante tutta la stagione vegetativa, molto lunga. Nel 2017 è comparsa a luglio, ma in alcune aree del Foggiano è persistita fino ai primi di dicembre. «La strategia di controllo e protezione prevede il monitoraggio continuo, specialmente nei primi due anni di età. Le linee guida regionali ammettono l’utilizzo solo del Bacillus thuringiensis, che però deve essere ripetuto anche 5-6 volte: se si interviene con tempestività, assicura una valida protezione. Anche l’insetticida dimetoato è utilizzabile con buoni risultati». Nella stagione 2017 sono stati segnalati danni localizzati causati dalla sfinge testa di morto (Acherontia atropos): in tal caso sono necessari un monitoraggio continuo ed eventualmente interventi localizzati nelle aree infestate con B. thuringiensis o dimetoato, che hanno dato risultati risolutivi.

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Sintomi di attacco di oziorrinco.

Infine sono stati notati anche danni causati da cicala (Cicada orni) e da eriofide dell’olivo (Aceria oleae). «Oziorrinco, margaronia, sfinge testa di morto, cicala ed eriofide – ha sottolineato Catalano – difficilmente potranno causare danni in impianti adulti, ma su giovani piante in fase di allevamento sono insetti da controllare in quanto rallentano fortemente la costituzione dell’architettura della pianta, ritardando la formazione della parete produttiva».

Un monitoraggio continuo viene richiesto anche dalla strategia di controllo e prevenzione per la tignola dell’olivo (Prays oleae) e la mosca delle olive (Bactrocera oleae). «In generale le varietà idonee ai sistemi ad alta densità, cioè Arbequina, Arbosana, Oliana e Lecciana, hanno mostrato minore suscettibilità alla tignola. Il motivo risiede forse nel controllo indiretto che si ottiene per la generazione carpofaga a seguito della protezione più attenta e specifica verso la margaronia. Anche per la mosca delle olive le varietà impiegate nei sistemi ad alta densità hanno mostrato minore suscettibilità. In diversi impianti superintensivi è stata utilizzata contro la mosca un’esca proteica specifica pronta all’uso a base di spinosad, diluita in acqua e applicata su piante dei bordi, a file alterne ogni cinque piante, con un intervallo di applicazione da 7 a 12 giorni: nelle stagioni 2014 e 2015 si è avuta l’assenza di infestazione con quattro interventi da metà agosto a fine ottobre, in quella del 2016 solo in alcune zone l’infestazione non è stata più controllabile».

Batteri e nematodi: segnalazioni di danni

Sono stati riscontrati danni, anche gravi, in oliveti superintensivi a seguito di infestazioni operate da nematodi, batteri e funghi, ha aggiunto Catalano. «Pratylenchus vulnus è un nematode endoparassita migratore che causa estese necrosi radicali con perdita della funzionalità della radice stessa ed evidenti sintomi di crescita stentata a carico della parte epigea della pianta. Meloidogyne spp. forma sulle radici, con la sua azione trofica, vistose deformazioni, le tipiche galle. I nematodi derivano da coltivazioni precedenti e dalla mancanza di una rotazione sufficiente e si diffondono con il materiale di propagazione, la movimentazione del terreno a seguito di lavorazioni e acque d’irrigazione infestate. Perciò la strategia di controllo consiste nella prevenzione attraverso l’utilizzo di materiale di propagazione sano e la piantumazione in terreni non infestati».

La rogna dell’olivo (Pseudomonas syringae pv. savastanoi) si insedia sulle lesioni causate da eventi climatici avversi (vento, gelo, grandine) o dalla raccolta meccanica. «Delle varietà utilizzate nei sistemi ad altissima densità d’impianto, l’Arbosana mostra particolare suscettibilità: in alcuni casi i forti danni hanno causato la morte delle piante. Per questo motivo è stato adottato un protocollo che prevede un trattamento rameico prima e dopo le potature e la raccolta meccanica».

La verticilliosi (Verticillum dahliae) e il marciume radicale lanoso (Rosellinia necatrix) sono problemi fitosanitari «evitabili solo con la prevenzione, cioè con la dovuta attenzione alla sanità del terreno e delle piante e alla corretta gestione del suolo. Di altri danni causati da malattie come occhio di pavone, cercosporiosi, fumaggine e lebbra e da insetti come cocciniglia mezzo grano di pepe, rodilegno giallo, rinchite dell’olivo e ilesino non ci sono al momento segnalazioni degne di nota».

Prevenzione sin dall’impianto

Catalano non ha mancato tuttavia di consigliare altri utili accorgimenti. «Ad esempio evitare di interrare lo shelter di plastica, di cui ogni piantina è provvista per la protezione del fusto durante le operazioni di gestione del suolo, con le lavorazioni: altrimenti sia l’apparato radicale sia il piccolo fusto possono subire gravi danni da asfissia. Oppure curare l’orientamento nord-sud, tenendo conto dei venti prevalenti, e l’allineamento delle piante sul filare per favorire una corretta meccanizzazione che non causi, alla raccolta, danni alle branche».

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Scortecciamento di branca da raccolta meccanica.

Inoltre, nella frenesia di realizzare, investire, accorciare i tempi improduttivi, molto spesso vengono disattese le buone pratiche agricole e il riposo del terreno che in passato veniva adottato fra una coltura e un’altra. L’intervento del tecnico deve essere dunque preventivo, prima della rimozione dei vecchi impianti e delle lavorazioni del terreno, perché dopo potrebbe essere molto tardi. «In tale prospettiva aspetti da valutare sono: l’ampliamento degli areali di coltivazione anche in aree non propriamente vocate, la scarsa conoscenza degli organismi nocivi che possono causare danni all’olivo, la mancanza o l’eccessiva brevità delle rotazioni prima dell’impianto/ reimpianto, la scarsa attenzione alla sanità del terreno e alla sanità del materiale di propagazione, la mancata verifica della qualità/sanità delle acque d’irrigazione».

La pianificazione degli oliveti ad altissima densità è il primo passo per la realizzazione di impianti redditizi, «nella consapevolezza – ha raccomandato Catalano – di dover rispettare la vocazione ambientale, scegliere materiale di propagazione garantito, scegliere la varietà non solo su base emozionale o del “sentito dire”, ma in relazione alle capacità gestionali dell’azienda e del prodotto che si intende ottenere, realizzare impianti che agevolino le operazioni meccaniche per la massima efficienza e sostenibilità, eseguire una corretta messa a dimora garantendo tutte le cure agronomiche necessarie alle giovani piante, assicurare una buona difesa degli impianti contro gli agenti nocivi e garantire una elevata professionalità dei tecnici e degli operatori».

 Vecchie e nuove malattie fungine di origine tellurica

Verticilliosi (Verticillium dahliae), marciume radicale lanoso (Rosellinia necatrix), marciume fibroso (Armillariella mellea), marciumi radicali da Phytophthora spp., più nuovi agenti di deperimento e di marciumi radicali. Sono queste le principali malattie fungine di origine tellurica dell’olivo, che, ha informato Franco Nigro, docente di patologia vegetale presso il Disspa dell’Università di Bari, si stanno riscontrando in Puglia anche su oliveti intensivi e superintensivi.

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L’incremento di oliveti superintensivi ha favorito la diffusione della verticilliosi, per la presenza di patotipi defoglianti di origine spagnola.

«V. dahliae, agente della verticilliosi, presenta elevata variabilità della virulenza, cioè patotipi non defoglianti, abbastanza miti, e patotipi defoglianti, più aggressivi dei primi. La verticilliosi “classica” è indotta da ceppi fungini non defoglianti. Ma in Puglia negli ultimi anni, con l’incremento di oliveti intensivi e superintensivi, si è registrata una crescente diffusione della malattia, proprio grazie alla presenza di patotipi defoglianti di origine spagnola». Questi patotipi defoglianti sono stati identificati e caratterizzati per la prima volta nel 2014 da Nigro. «Numerose piante della cultivar Arbequina, in impianti superintensivi fra Barletta e Andria, hanno mostrato gravi disseccamenti e defogliazione quasi totale. Successivi accertamenti diagnostici hanno rivelato la presenza di patotipi defoglianti di V. dahliae. Il ricorso a piantine sane certificate è importante per impedire l’ulteriore diffusione di questi patotipi. Piantine sane certificate sono essenziali, insieme con la sanità del terreno, per evitare attacchi di marciume lanoso, che si manifesta, in aree in cui si sostituiscono vigneti con oliveti, con la tipica espressione a macchia d’olio. La scorretta gestione dell’irrigazione favorisce lo sviluppo di marciumi radicali da Phytophthora nicotianae o P. cinnamoni, il cui sviluppo viene favorito dall’aumento delle temperature conseguenza dei cambiamenti climatici». Negli ultimi 3-4 anni, in diversi areali pugliesi, a Ischitella (Fg), Andria e Trani (Bt), Avetrana e Manduria (Ta), è stata osservata la presenza di Dactylonectria torresensis, nuovo agente di marciume radicale e pedale dell’olivo, particolarmente dannoso per la cultivar Picholine.

Considerate le caratteristiche di virulenza del patotipo defogliante e non essendo disponibili validi metodi di lotta, la prevenzione e la diagnosi tempestiva diventano indispensabili impedirne la diffusione, ha suggerito Nigro. «Attualmente nessun fungicida di sintesi è disponibile contro i patogeni tellurici dell’olivo, mentre è possibile utilizzare, come prodotti biologici, Trichoderma asperellum + T. gamsii contro Armillariella mellea. Risultano perciò fondamentali sia l’impiego di materiale di propagazione sano sia un approccio integrato alla protezione. In vivaio occorre rispettare scrupolosamente le norme di profilassi e le prescrizioni, così come definite negli specifici protocolli di produzione, ed eseguire periodicamente i previsti accertamenti diagnostici sulle fonti di approvvigionamento, sul terreno e sui substrati preparati in vivaio. In campo occorre utilizzare piantine certificate CAC. Sono infine necessari un’attenta gestione della irrigazione e un buon drenaggio dei terreni».


L’articolo è disponibile, su richiesta, presso la redazione di Olivo e Olio.

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Problemi fitosanitari in oliveti superintensivi - Ultima modifica: 2018-01-19T09:30:37+01:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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